Messina al voto – Come stanno i nostri rapporti con il Il Burundi? E cosa può fare il sindaco di Messina, Federico Basile per migliorarli? Può fare molto, sta già facendo moltissimo: come si vedrà. Attualmente i nostri rapporti con la regione dei Grandi Laghi stanno male assai. Siamo ormai sul punto della rottura diplomatica…
Un giorno o l’altro l’intero Continente africano, unito nell’indignazione, ci dichiarerà guerra. Ci chiederà conto delle offese che quotidianamente gli infliggiamo. Ogni giorno difatti c’è qualcuno che dice: qui va a finire come in Burundi; stiamo scivolando precipitosamente verso il Burundi, ecc. Poi, bastano le votazioni a Messina, per le Amministrative del 12 giugno, e tutto viene ribaltato: a 12 giorni di distanza, nell’era della comunicazione globale, della tanto decantata trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, siamo ancora in attesa di conoscere il risultato del voto… non in Burundi, ma nella modernissima e civilissima Messina, città popolata da super politologhi (Studioso, esperto di problemi politici, anche con riferimento a situazioni politiche attuali) e professori della democrazia.
A quanti hanno inutilmente protestato per la brutta figura che mortifica la tredicesima città d’Italia, qualcuno dei soliti moralizzatori a gettone ha risposto: “Beh! E prima come andava? Prima perché non protestavate?“.
La solita risposta, meno convincente del solito. Perché un cambiamento di gestione del potere, di Sistema politico – economico – amministrativo, non dovrebbe consistere nella sostituzione di tutti gli uomini del nuovo capo a tutti gli uomini del politico precedente. Invece da noi, civilissimi esperti del diritto, della democrazia, non funziona così. Si lascia (sempre) una porta aperta per il nemico in disgrazia perché nel caso sfortunato che un giorno tocchi a noi, c’è abbastanza materiale su cui negoziare. Dopodiché, arrivederci. Chi s’è visto s’è visto.
Per fortuna questa nostra pratica messinese/siciliana, può risultare paradossalmente utile: a rasserenare i nostri rapporti con il Burundi e le sue tre etnie, Batwa, Hutu e Tutsi. Essi possono d’ora in poi risponderci. Ah sì, temete di diventare come noi? Temete di scivolare nel continente africano? Ma se vi comportate proprio come noi, al nostro peggio!
Ecco perché è necessario sospendere per qualche settimana le discussioni sui presunti errori dei Presidenti e scrutatori di qualche seggio elettorale, non per insabbiare, ma per permettere riflessioni finalmente serene e produttive sulla democrazia con la D maiuscola di cui ormai abbiamo perso il controllo. Per conferma chiedete agli amici che vivono in Burundi. Da parte mia, vorrei prendere le distanze dagli eccessi e dire che tutto ha un prezzo, anche e soprattutto i cambiamenti (non tiriamo in ballo le rivoluzioni).