La storica sentenza della Corte Suprema è certamente la notizia della settimana. Ne parlano e ne scrivono tutti i media, spesso con una carica ideologica che fa paura. La sentenza in questione è il frutto non solo del coraggio personale dei giudici che l’hanno emessa, ma anche del lungo lavoro culturale dei vari movimento pro-life americani.
Ora come ha scritto Assuntina Morresi su Avvenire, siamo di fronte ad una grande opportunità di riportare il tema aborto al centro del dibattito pubblico. “Adesso quindi negli Usa di aborto si dovrà parlare per decidere, necessariamente, e poiché era stata quella sentenza a far scattare l’effetto domino che lo ha legalizzato in gran parte del mondo, il suo capovolgimento non può lasciare nessuno indifferente, comunque la si pensi in merito. Ed è bene che si riapra un confronto pubblico sul tema, purché il più lontano possibile da ideologismi e radicalizzazioni che purtroppo già si leggono, si ascoltano e si vedono (anche in piazze ribollenti), ma sono dannosi per tutti: il rovesciamento della Roe vs Wade non può essere letto come un incidente di percorso a cui rimediare con una futura diversa maggioranza alla Corte Suprema. Sarebbe miope fermarsi a questa lettura: il rovesciamento è avvenuto, sì, per spinta politico-giudiziaria, ma anche perché il mondo sta cambiando e può cambiare di più e meglio”. (Assuntina Morresi, Il caso serio di aborto e generatività. Non sprecare la scossa Usa, 26.6.22 Avvenire)
Ma per sostenere questa nuova campagna per la vita, le forze pro-life dovranno agire con intelligenza e coraggio. Coraggio che sembra essere mancato in queste ore alle forze politiche, in particolare, a quelle che sembravano, sembrano, più sensibili al diritto alla vita. Mi riferisco chiaramente alla Lega e a Fratelli d’Italia.
Queste forze si sono subito preoccupate, dopo la sentenza, chi di ricordare che l’ultima parola spetta alle donne, come ha fatto Salvini, il segretario della Lega. E chi invece si affretta a dire che nessuno vuole abolire la Legge 194, come la Meloni di Fratelli d’Italia, interessata all’applicazione della Prima parte della Legge. Questa per Marco Invernizzi, reggente nazionale di Alleanza Cattolica, è un atteggiamento di timidezza funzionale al politicamente corretto, pertanto ci fa capire, ci dimostra quanto sia grande e fin dove arrivi la pressione del pensiero unico e del politicamente corretto nel nostro Paese. Dunque niente risposte impulsive a testa bassa, a questo punto è necessario una prudente risposta nella battaglia della vita, che è un compito lungo e difficile. Anche perchè, scrive Morresi: “sia i sostenitori sia i detrattori delle leggi in vigore, riconoscono l’aborto come un fatto estremamente negativo nella vita di una donna, da evitare. E ormai a parlare del concepito come di un “grumo di cellule” sono soltanto alcuni irriducibili, questi sì, residuali: non serve scomodare le frontiere del progresso scientifico, è sufficiente guardare un’ecografia, anche nelle prime settimane di gravidanza, perché chiunque possa riconoscere una vita umana nel grembo materno […]”. (Ibidem)
Pertanto ben venga, lo scossone dato dalla Corte Suprema americana, che secondo la Morresi, può diventare “un’occasione importante perché costringe tutti noi, società e politica, a confrontarci anche pubblicamente sulla vita che sboccia nel corpo di un’altra, sulla sua essenza, sul significato personale e sociale e culturale e valoriale del diventare madri, e quindi anche padri. Che cosa significa essere donne, uomini, genitori nell’era post Roe vs Wade? Questo è il cuore del caso riaperto e serio”.
Sulla Nuovabussola di oggi, monsignor Antonio Suetta, vescovo di Sanremo ha rilasciato un’interessante intervista. (“Abrogare la 194 si può. Ma servono formazione e preghiera”, intervista di Ermes Dovico, 28.6.22, lanuovabq.it)
Il vescovo ha accolta la sentenza della Corte Suprema statunitense con molta soddisfazione. Per quanto riguarda una possibile proposta di abrogare la Legge 194, presule non ritiene un percorso facile, anche se l’importante decisione della Corte americana può dare ulteriore coraggio a coloro che da sempre ritengono che la 194 non sia buona. Può essere un’opportunità per mettere in discussione una legge ingiusta.
Per quanto riguarda gli esponenti del Centrodestra che mostrano di non avere il coraggio dei loro colleghi repubblicani americani, monsignor Suetta non si meraviglia, c’è un forte bisogno di un grande lavoro di formazione sull’argomento. “Farne una questione da tifoseria non serve. L’impegno più grande che compete a tutti i cultori della vita, credenti e non, è quello di portare il discorso sui fondamenti della questione”.
A questo punto monsignor Suetta, analizza la Legge 194, che si apre con la dicitura, “tutela sociale della maternità”: questo è un aspetto positivo, che però rimane troppo spesso sulla carta. “Il fatto più grave, in ogni caso, è che questa legge consente un atto delittuoso quale l’aborto. Questo fa sì che la legge nel suo complesso non può essere considerata buona”. Pertanto, “Il discorso da fare è un altro: la legislazione, se si vuole ispirare a corretti principi antropologici sia sul piano della fede che su quello laico, deve affermare che l’aborto è illecito. E, allo stesso tempo, prevedere forme di tutela della maternità e di promozione della natalità. Il traguardo oggi può apparire difficile e lontano, ma il nostro scopo è quello di affermare con forza i principi e di dire la verità. Questo è il servizio che possiamo rendere alla buona causa dell’eliminazione dell’aborto”.
La Nuova Bussola insiste sulla questione dell’abrogazione della 194, che per i cattolici dovrebbe essere un elemento fondamentale. Monsignore risponde che l’atteggiamento dei cattolici “deve essere quello di guardare al nucleo della questione, che non è la libertà di scelta, bensì la dignità e la sacralità della persona umana. Quando si parla di aborto, il valore che viene messo maggiormente in gioco è il valore della vita nascente, che va tutelata, a maggior ragione, perché più indifesa. Se poi ci sono delle fragilità e situazioni di disagio per le donne e le famiglie, è compito della società – sia dello Stato che della comunità cristiana – dare il proprio aiuto ad accogliere la vita nascente. Ma in ogni caso nessuna ragione, per quanto importante, può essere prevalente rispetto al principio superiore della sacralità della vita umana. Purtroppo, spesso, vengono usati casi estremi per arrivare a un’affermazione esasperata di una “libertà” umana, che però così va oltre i suoi confini”. Interessanti le riflessioni del vescovo di Sanremo sui movimenti pro-vita americani. Sulla loro profonda convinzione della buona battaglia per la vita, che non significa “promuovere contrapposizioni conflittuali, ma si tratta di ciò che nel linguaggio cristiano si chiama parresìa, cioè di non avere paura di dire la verità. E bisogna dirla anche con forme esteriori, penso alle marce e ad altre forme di informazione e sensibilizzazione. Credo che questa dimensione popolare, che coinvolge in gran parte il mondo giovanile americano, possa insegnare molto anche a noi”.
Inoltre per monsignor Suetta, un ruolo fondamentale ce l’ha la preghiera. Le buone battaglie si vincono non solo con le risorse umane, ma soprattutto con la forza di Dio. Con la preghiera imploriamo Dio perché ci apra delle strade. E l’impegno concreto non è la presunzione di farcela da soli, ma è il nostro modo di partecipare al disegno di Dio e alla Sua opera nella storia.
DOMENICO BONVEGNA
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