Con ricorso basato sull’articolo 263 TFUE, Francesca Corneli chiede l’annullamento della decisione della BCE del 1 gennaio 2019, che pone Banca Carige SpA in amministrazione straordinaria, nonché della successiva decisione della BCE del 29 marzo 2019, che ne proroga la durata fino al 30 settembre 2019.
La ricorrente è azionista di minoranza della banca. Al momento della presentazione del ricorso, ella deteneva 200.000 azioni ordinarie corrispondenti allo 0,000361 % del capitale sociale.
Poiché la banca ha accumulato perdite per oltre 1,6 miliardi di euro tra dicembre 2014 e il 1º gennaio 2019, la BCE ha adottato una misura d’intervento che fissava degli obiettivi da raggiungere tra il 2017 e il 2019 per i prestiti deteriorati e la relativa copertura. Le attività poste in essere dalla banca per il conseguimento degli obiettivi sono state infruttuose. Nel corso dell’assemblea generale del 22 dicembre 2018 la proposta di aumentare il capitale è stata oggetto di opposizione da parte degli azionisti che detenevano il 70% del capitale. A seguito di questi avvenimenti, hanno rassegnato le dimissioni il presidente, il vicepresidente, il direttore generale e la maggioranza dei consiglieri d’amministrazione, così comportando la decadenza del consiglio di amministrazione.
Il 1 gennaio 2019 la BCE ha deciso di porre la banca in amministrazione straordinaria con i seguenti effetti:
– scioglimento del consiglio di amministrazione della banca e sostituzione dei vecchi membri con tre amministratori temporanei, tra cui i Sigg. Modiano e Innocenzi, che erano stati rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione e direttore generale di tale istituto;
– scioglimento del comitato di vigilanza della banca e sostituzione degli ex membri con altre tre persone;
– attribuzione ai nuovi organi del compito di «adottare le misure necessarie per garantire che la banca si conformi nuovamente ai requisiti patrimoniali in modo duraturo».
Con successive decisioni della BCE, l’amministrazione straordinaria è stata prorogata fino al 31 gennaio 2020.
Con la sentenza odierna, il Tribunale dell’Unione accoglie il ricorso della ricorrente e annulla le decisioni della BCE del 1 gennaio 2019 e del 29 marzo 2019. Quanto alle altre successive decisioni della BCE di proroga della misura, esse non costituiscono oggetto del ricorso in quanto sono state adottate in seguito al deposito della domanda di annullamento.
Il Tribunale ritiene che la BCE sia incorsa in un errore di diritto nella determinazione della base giuridica utilizzata per adottare le decisioni impugnate.
Dette decisioni si fondano sugli articoli 69 octiesdecies e 70, paragrafo 1, del testo unico bancario e impongono il vincolo di amministrazione straordinaria in ragione del «deterioramento significativo» della situazione della banca.
Secondo l’interpretazione del Tribunale, le norme poste a base delle decisioni non prevedono lo scioglimento degli organi di amministrazione o di controllo delle banche e l’istituzione di un’amministrazione straordinaria, nel caso in cui il «deterioramento della situazione della banca o del gruppo bancario [sarebbe] particolarmente significativo».
La BCE e la Commissione hanno sostenuto che la BCE è tenuta ad applicare, oltre al diritto nazionale, anche il diritto dell’Unione, cosa che avrebbe fatto nel caso concreto applicando la disposizione della direttiva 2059/14, la quale prevede l’amministrazione straordinaria in caso di deterioramento significativo della situazione dell’ente considerato.
Il Tribunale respinge l’argomentazione della BCE e della Commissione. Afferma che, quando il diritto nazionale recepisce una direttiva – così come è avvenuto per l’art. 70 del testo unico bancario, è il diritto nazionale a dover essere applicato. Pertanto, ritiene il Tribunale che non si possa rimediare all’errore commesso dalla BCE nell’applicazione dell’articolo 70 del testo unico bancario mediante un’interpretazione libera dei testi.