La recente polemica sul fatto che la premier Giorgia Meloni si sia portata al vertice dei G20 a Bali anche la piccola figliola, è sintomatico di come funziona il confronto e la proposta politica nel nostro Paese.
Confronto. Non sappiamo chi abbia contestato il viaggio della piccola con la mamma, ma abbiamo solo letto dichiarazioni e dichiarazioni di persone indignate. Ci domandiamo: esisteva il problema, a parte la probabile e limitatissima stupidità di chi l’avrebbe sollevato e che se fosse stato ignorato nessuno se ne sarebbe accorto? Non è che è stata occasione per parlare del nulla e, soprattutto, perché le vittime (fan del governo Meloni e le persone – soprattutto donne – non maschiliste), hanno colto al balzo l’occasione per ergersi a paladini dei deboli?
Questo tipo di riflessione non è marginale perché, se la scorporiamo dallo specifico – applicata a qualunque argomento, anche economico ed istituzionale – ci si rende conto che spesso si parla per parlarsi addosso, creandosi mostri che non esistono e alimentandoli solo per valorizzare le proprie opinioni e, sostanzialmente, mettersi in mostra per il proprio presunto benaltrismo.
Proposta politica. Impeccabile il disappunto della premier quando ha fatto sapere * che lei decide per conto proprio il rapporto con la propria famiglia.
Non impeccabile se scorporato dal contesto.
Pensiamo alle persone Lgbtq a cui sono vietati matrimoni e figli nel contesto legale dello stesso matrimonio. Il diritto di queste persone a decidere il “rapporto con la propria famiglia” è inferiore a quello della mamma Meloni, visto che il nostro premier ha più volte reiterato la propria contrarietà all’equiparazione della famiglia lgbtq con quella cosiddetta tradizionale?
Pensiamo a chi assume droghe ancora illegali e al fatto che queste sostanze riguardano solo chi le assume, il rapporto col proprio corpo e il proprio contesto, persone che invece per acquisirle devono rivolgersi a delinquenti trafficanti e spacciatori. Anche questa, questione su cui la nostra premier “non transige” dal suo proibizionismo.
Il nostro è un messaggio, oltre che di costume/cultura, al legislatore, ché ne faccia tesoro quando si troverà a decidere su specifiche proposte di legge presentate in materia di parità ed uguaglianza di diritti individuali.
* che se non lo avesse fatto, crediamo che il fuoco di paglia che si è acceso si sarebbe spento anche prima… ma anche lei, probabilmente, soggiace all’interventismo vittimista.
Vincenzo Donvito Maxia