“Il rischio, se non si inverte la situazione, è quello di avere un Paese infarcito di innovazione digitale, ma che è un colabrodo a livello di security“. E’ l’allarme lanciato dall’avvocato ed esperto di diritto dell’innovazione Andrea Lisi, presidente di Anorc Professioni, all’indomani dell’ennesimo attacco hacker che ha creato importanti disagi in Europa e in Italia.
“A quanto si legge- spiega parlando con l’agenzia Dire- gli attacchi dipendono da un ‘ransomware già in circolazione’ e che ha già ‘compromesso’ diversi sistemi nazionali. L’attacco ha preso di mira i server VMware ESXi, sfruttando una vulnerabilità che era stata già individuata e risolta nel febbraio 2021 da Vmware, ma molti non hanno applicato la correzione indicata dall’azienda attraverso i necessari aggiornamenti, lasciando i propri sistemi facilmente hackerabili. Si stanno cercando di contenere i continui attacchi attraverso un’azione corretta di comunicazione degli esperti di Acn, i quali hanno cercato di allertare in queste ore diversi soggetti – istituzioni, aziende pubbliche e private – i cui sistemi risultano ancora oggi esposti e, quindi, vulnerabili”.
“La situazione è particolarmente grave- sottolinea ancora l’avvocato Lisi- perché ancora una volta ha scoperchiato un vaso di pandora sull’insicurezza digitale in cui versa il nostro Paese. E da ciò che appare anche in questo caso, non si tratta (solo) di arretratezza tecnologica, ma di una gravissima carenza culturale. Se aziende e Pa risultano scoperte nei loro sistemi informativi perché non eseguono semplici aggiornamenti su vulnerabilità scoperte due anni fa vuol dire che qualcosa non sta funzionando a livello di formazione e informazione diffusa sulle materie legate alla (necessaria) digitalizzazione del Paese. Ma non c’è digitalizzazione senza sicurezza informatica e protezione dei dati personali, altrimenti si rischia di innamorarsi di slogan, magari investendo enormi fondi Pnrr sulle tecnologie più di moda, senza rendersi conto che si tratta sempre di strumenti da conoscere e sviluppare con attenzione e con i necessari presupposti. Un’autovettura Formula 1 o uno strike fighter non possono essere guidati da chiunque non sia adeguatamente addestrato. E nessuno sembra rendersene conto” conclude amaramente l’esperto.