di ANDREA FILLORAMO
Rispondo ad alcune richieste di chiarimento sul mio articolo molto conciso, che aveva come tema l’intervista a Papa Francesco sul celibato ecclesiastico. Ringrazio quanti mi danno la possibilità di tornare a parlare di un argomento che sta a cuore non solo a me ma anche a molti.
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La questione del Celibato ecclesiastico è certamente molto delicata per la Chiesa, e il Papa, nella sua intervista, ha evidentemente voluto calibrare bene il tiro.
È, del resto, tipico della comunicazione di Bergoglio, lanciare dei sassi e poi precisare: è un metodo molto efficace, utile a lanciare messaggi e sondare gli effetti e il Papa lo fa con grande intelligenza strategico-comunicativa.
Papa Francesco pratica questo metodo da quando è stato eletto, ed è servito, per esempio, come battistrada per aprire un varco alla riammissione ai sacramenti dei divorziati risposati, una decisione – se bene ricordiamo – che ha scatenato delle reazioni molto dure da parte dell’ala più conservatrice di destra della Chiesa.
Si ricordi la lettera dei 13 cardinali e i “dubia” di altri quattro porporati – tanto che per un po’ si è parlarlo addirittura di scisma, anche se nessuno ci ha mai creduto.
È certo che la questione del celibato è, quindi, una materia di per sé semplice ma fatta diventare complessa al pari di molte tesi teologiche, destinata probabilmente a rimanere ancora oggetto di dichiarazioni, dibattiti, approfondimenti vari.
Se osserviamo bene, il tema proposto dal Papa è stato sempre molto dibattuto, sul quale nel corso dei secoli si sono innestate varie interpretazioni.
Alcuni papi anche nel secolo scorso si sono espressi chiaramente a favore della legge del celibato, pur sapendo che come tutte le leggi ecclesiastiche, è senz’altro riformabile.
Il Diritto Canonico attribuisce al celibato una funzione importante, ma non irrinunciabile, una scelta volontaria apprezzabile, perché sposarsi è una scelta equivalente a quella di non sposarsi.
Ognuno, perciò, dovrebbe scegliere liberamente se e quanto essere continente. Tuttavia, obbligare a non contrarre matrimonio per la Chiesa Cattolica Occidentale è una ricchezza di cui – volendo – ci si può anche spogliare.
Su queste basi, nel 2009 Benedetto XVI con la Costituzione apostolica “Anglicanorum coetibus” non solo accolse nella Chiesa cattolica preti anglicani sposati, che adesso svolgono regolarmente il ministero ma – pur ribadendo per i futuri candidati a ricevere l’ordine la regola generale del celibato – esplicitamente ha richiamato la possibilità «di ammettere caso per caso all’Ordine Sacro del presbiterato anche uomini coniugati.
Quando sarà eliminata la legge del celibato? Neppure il Papa lo sa.
Ciò probabilmente avverrà quando, fatto salvo il celibato come carisma, ci si convincerà che il celibato del clero è stato imposto per ragioni solo pratiche: evitare, cioè, che i problemi ereditari interferissero nell’amministrazione del patrimonio ecclesiastico.
Il celibato ecclesiastico è stato, quindi uno strumento di potere usato per rinsaldare i vincoli della disciplina ma divenne anche un principio d’identità, il segno distintivo di una diversità del prete dal laico.
È probabilmente questa la ragione per cui, nonostante alcune aperture del Concilio Vaticano Secondo e dello stesso Papa Francesco, non si riesce ad affrontare spregiudicatamente il problema.