di ANDREA FILLORAMO
I cristiani, che dicono di ispirarsi a Cristo non sono riusciti in venti secoli di evitare le guerre, anzi sicuramente le hanno molto spesso promosso o fomentato, tradendo così il messaggio di Gesù che invita alla carità e all’amore anche nei confronti dei nemici.
Oggi, ancora, un fiume di sangue, continua a scorrere in più parti del mondo, causato da ben 54 guerre, ma di molte di loro poco o nulla si dice, facendo pensare ad un fallimento del Cristianesimo.
Volendo riferirci alla guerra Russo- Ucraina, che ci tocca molto da vicino, alla quale non si capisce se direttamente o indirettamente prendiamo parte, constatiamo l’indifferenza dei contendenti a quello che è un accorato appello del Pontefice, che non si stanca mai di implorare la pace e di rendersi anche disponibile ad andare a Kiev o a Mosca per far cessare il fuoco.
Di ciò non dobbiamo però stupirci. È stato così in tutto il secolo scorso.
Benedetto XV (1914-1922), eletto papa poche settimane dopo l’inizio del primo conflitto mondiale, nella sua prima enciclica, Ad Beatissimi Apostolorum principis, del novembre 1914, supplicò vanamente i governanti delle nazioni (tra cui la cattolicissima Austria) che facessero tacere le armi.
Nella successiva «Nota di pace», indirizzata il primo agosto 1917 ai belligeranti, definì la guerra allora in corso una «inutile strage». La guerra durò ancora fino al novembre dell’anno dopo.
Così è stato anche con Pio XII (1939-1958) – che cercò disperatamente di fermare lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale in un Radiomessaggio contenente il famoso appello: «Nulla è perduto con la pace. Tutto può essere perduto con la guerra”.
La stessa cosa con Giovanni Paolo II (1978-2005), che nel 1990, alla vigilia dell’inizio dell’operazione «Desert storm», ha inviato un messaggio sia a Saddam Hussein che a George Bush sr, supplicandoli di avviare negoziati.
Anche nel caso del conflitto dell’ex Jugoslavia Giovanni Paolo II cercò di fare quanto poteva per fermarlo. Altri esempi si potrebbero portare degli interventi fatti dal Papa polacco per altre guerre.
Eppure, rimanendo ancora nell’ambito cristiano, c’è chi è certo che la guerra sia l’unico modo di fare la volontà di Dio.
Il riferimento è all’ortodosso patriarca di Mosca Kirill, che ha giustificato l’invasione russa dell’Ucraina ritenendola e dicendo che essa sia una battaglia di civiltà contro la corruzione dei valori da parte dell’Occidente e successivamente ha definito il conflitto scatenato da Putin un esempio di legittima difesa: «Siamo un Paese che ama la pace e non abbiamo alcun desiderio di guerra; amiamo la nostra Patria e saremo pronti a difenderla nel modo in cui solo i russi possono difendere il loro Paese».
In realtà anche i due grandi protagonisti del confronto militare – sia pure a distanza – sembrano sicuri di non rinnegare la propria dichiarata fede cristiana.
Non sembra avere dubbi Putin, che si professa esplicitamente credente, che frequenta i riti ortodossi, che si segna con il segno della croce, mentre le sue truppe distruggono città intere, e indiscriminatamente, uccidono vecchi, donne e bambini.
Né sembra averne il cattolico Biden, che non perde occasione per alimentare il conflitto con le sue dichiarazioni estreme e con una escalation nella fornitura di armi sempre più aggressive agli ucraini.
Papa Francesco è, così, rimasto pateticamente solo, inascoltato con il suo grido, non contro questo o quello, ma contro la guerra, come, del resto è rimasto solo Gesù, quando proclamato «re dei Giudei», nella burla crudele dei suoi aguzzini, nelle ipocrite parole di Pilato e che “si lava le mani” e nella scritta da questi fatta appendere sulla croce: “Gesù Nazareno re dei giudei”.
Concludendo: se il cristianesimo è fallito, il suo fallimento non è di oggi ma ha avuto inizio in un giorno lontano di circa duemila anni fa, quando proprio nella sua sconfitta, il Messia veniva deriso, umiliato, coronato di spine, ma ha potuto costituire nei secoli una testimonianza, per credenti e non credenti, che non solo Dio, ma anche l’umanità che è in noi, può e deve sopravvivere alle peggiori violenze e ad essa occorre dare spazio e voce.
È l’inerme forza dell’amore, che alla fine può continuare a dare senso alla nostra travagliata storia, anche quando sembra che il non-senso prevalga.