A cosa serve oggi occuparsi di Monarchia e in particolare di un Re in carica solo per un mese, peraltro costretto ad abbandonare il proprio Paese perché gli italiani lo hanno bocciato in un Referendum piuttosto discusso. A questo interrogativo ha cercato di rispondere l’altra sera a Palermo il professore Tommaso Romano in una conversazione tra amici (lui stesso non l’ha chiamata presentazione del suo libro) presso la “Sala del Novecento” dell’Hotel Joli in via Michele Amari.
Il testo discusso è “Umberto II e il Referendum del 1946 nella Sicilia che votò Monarchia” , (Fondazione Thule Cultura) Per la verità per essere una conversazione tra amici, dal filmato su Fb, in sala c’erano oltre 80 persone, si può vedere e ascoltare su Fb. Comunque sia il professore stimolato da Nino Sala e da Alfonso Lo Cascio, in premessa ha ribadito che non si stava parlando di un argomento anacronistico, lontano dalla realtà e soprattutto non è un testo revanscista. Discutere di un Re e dell’istituzione monarchica è attualissimo. Se ci fate caso, ha evidenziato Romano, nel mondo ancora oggi l’istituzione monarchica magari come simbolo è presente in molti Paesi, vedi il Regno Unito, tutti ricordano il clamore per la morte della regina Elisabetta II e poi in Giappone, Spagna, Olanda, Belgio, gli Emirati Arabi, la Thailandia, il Dalai Lama del Tibet, e perché no il Vaticano, con il Papa, sovrano assoluto.
Ritornando al libro di Romano è un dato di fatto che la figura di Umberto II è stata congedata dagli storici sbrigativamente come una macchietta da dimenticare al più presto. Hanno fatto di tutto per cancellarlo dalla Storia italiana, un Re che si porta dietro molti pregiudizi dovuti alla sua Casa Reale non sempre con comportamenti irreprensibili. I libri dell’ultimo sovrano italiano sono pochissimi, invece meriterebbe più attenzione. Bene ha fatto il professore Romano ad approfondire questa figura per certi versi straordinaria. Il suo testo nasce da un’accurata ricerca storica di documenti, di consultazione di testi più o meno conosciuti, uno studio durato quasi un decennio. Il lavoro di Tommaso Romano è ricco di materiali inediti, ma anche di recuperi di informazioni più o meno volutamente dimenticati. Il saggio di Romano, scrive lo storico Francesco Perfetti nella prefazione, “è una pagina di Storia siciliana che, avvalendosi di documenti inediti nonchè di un’ampia bibliografia consultata può dare un contributo ulteriore di conoscenza, anzitutto dei fatti”. Romano è stato da sempre impegnato nello studio e nella ricerca storica, è un caso unico nel mondo culturale politico italiano, secondo Perfetti, da sempre fin da giovane è stato cultore della Tradizione, docente, animatore culturale, editore e autore eclettico.
Il testo è composto da quattro capitoli, corredato di numerose fotografie, di documenti, di spezzoni di giornali, di interviste. Naturalmente il saggio non parla solo di Umberto II ma del Referendum istituzionale del 1946, delle forze politiche in campo. Romano inizia a descrivere la visita del nuovo Re in Sicilia, in particolare Palermo, cogliendo particolari interessanti, a cominciare dai “bagni” di folla, di entusiasmo e affetto dei siciliani, dei palermitani e non solo intorno al giovane Re. Ovunque ci sono manifestazioni di giubilo popolare, a Trapani, a Catania, Taormina, Messina. E Umberto che ha avuto un forte legame con la terra siciliana, ha sempre ringraziato i siciliani, per il loro “vibrante entusiasmo patrio”. Il saggio di Romano è una puntigliosa ricostruzione della Luogotenenza e del breve Regno di Umberto II, il testo rileva chiaramente come i siciliani in massa hanno votato per la Monarchia. Perfetti ha evidenziato che il libro di Romano non riguarda solo la “storia locale”, ma si intreccia con la storia nazionale.
Negli anni che vede protagonista Umberto II con la sua Luogotenenza, nello stesso periodo in Sicilia si registra la breve esperienza del Movimento per l’Indipendenza della Sicilia (MIS) di Andrea Finocchiaro Aprile, Lucio Tasca, Franz di Carcaci e Antonino Varvaro. La ricerca di Romano si occupa del triennio 1943-46, sotto il “Protettorato” anglo-statunitense. L’attenzione viene rivolta alla Consulta Siciliana che si riuniva a Palazzo Comitini a Palermo, sotto la guida politica-ideativa del giurista Giovanni Salemi. Organismo che getta le basi alla nuova autonomia dell’isola, non separatista. Poi si occupa dello Statuto Speciale per la Sicilia, promulgato prima del Referendum istituzionale Monarchia-Repubblica del 2 e il 3 giugno, firmato da Umberto II.
Nel capitolo “I Savoia e la Sicilia”, Tommaso Romano si occupa del complesso rapporto dei Savoia con la Sicilia. Una storia che viene da lontano, ebbe inizio il 13 luglio 1713 col Trattato di Utrech e poi quando il 24 dicembre vide Vittorio Amedeo II incoronato re di Sicilia. Romano ricorda di essere autore di uno studio di questo periodo regio.Tuttavia non si possono dimenticare le controversie, anche feroci e sanguinose, rivolte locali contro il nuovo Regno guidato dai Savoia, a partire dal 1860 fino al 1870. La rivolta più significativa fu quella del “Sette e mezzo” a Palermo, animata dal marchese Vincenzo Mortillaro. Ma poi Romano ricorda anche i particolari positivi, quando i reali di Torino in occasione del terremoto di Messina nel 1908 intervennero in aiuto della popolazione dello Stretto. In particolare la regina Elena, instancabile nell’assistenza dei messinesi con la costruzione di un villaggio di legno affidato poi alle cure del santo sacerdote Luigi Orione.
Nel 2° capitolo (“Umberto di Savoia principe, Luogotenente, Re per un mese in esilio volontario”) Qui l’autore sottolinea l’amore di Umberto II per l’Italia e per gli italiani e per i tanti siciliani. E’ nota anche “la sua grande religiosità – donerà alla Chiesa e a san Giovanni Paolo II la Sacra Sindone, da centinaia di anni proprietà di Casa Savoia – che nella tragedia personale, famigliare e dinastica, lo accompagnerà fino alla morte”. A proposito sarebbe interessante approfondire questo aspetto di Re Umberto, magari con un altro studio.
Umberto sposa Maria Josè di Saxe Coburgo Gotha, principessa reale del Belgio, l’8 gennaio 1930 a Roma. La nascita dei quattro figli e poi tutti i vari passaggi del suo breve servizio per la Patria.
Il 3 giugno 1946, pur contestando apertamente i risultati del Referendum, scrivendo chiaramente che la “vittoria” assegnata alla Repubblica, è stato un vero e proprio “colpo di Stato”, il Re Umberto partirà da Ciampino in volontario e molto sofferto esilio, per il Portogallo. Romano evidenzia che Umberto “non si sentirà mai detronizzato, né abdicatario, facendo dei suoi 37 anni di dura lontananza dalla Patria, una pagina di autentica regalità religiosa, al di sopra delle fazioni, aperta alle centinaia di migliaia di italiani che lì e in altre località gli renderanno dovuto omaggio”. Umberto muore a Ginevra il 18 marzo 1983 e viene sepolto per sua espressa volontà ad Altacomba in Alta Savoia.
Romano nel testo fa parlare il marchese Falcone Lucifero che ricorda come il Re incontrasse diverse personalità importanti, ma anche gente umile e semplice e aveva per tutte parole di incoraggiamento. Allontanarsi da Roma, sia di Vittorio Emanuele III che di Umberto, per Romano, non è stato un gesto di tradimento o di viltà, come tanti hanno scritto, ma è stato concepito per salvare la Capitale, per impedirne le distruzioni indiscriminate dei bombardamenti aerei e anche per accettare le “continue insistenze del Pontefice Pio XII”. Del resto Umberto spesso amava ripetere il motto: “La Patria innanzitutto”.
Per quanto riguarda Umberto è probabile che la sua partenza è stata per evitare scontri di piazza, come era successo a Napoli. Evitare una possibile guerra civile, anche se lui non ha mai riconosciuto la Repubblica, che in realtà non fu mai ufficialmente proclamata dalla Suprema Corte. Il saggio di Romano pubblica locandine, manifesti, volantini, spezzoni di giornali, pro-monarchia o pro-repubblica. A questo proposito è interessante la lettera pubblicata di Alcide De Gasperi che scrisse a Falcone Lucifero il 4 giugno del 1946, quando ancora non c’erano i risultati definitivi…De Gasperi non pensava che avesse vinto la Repubblica. Naturalmente il testo pubblica i risultati del voto degli italiani (24.912.545 elettori) Elenca tutte le categorie che non hanno potuto partecipare al Referendum, come molti italiani all’estero, nelle Colonie, in Albania, in Etiopia, militari prigionieri. Pare che gli esclusi dal voto siano stati ben 3.500.000, pari al 12,5%. Oltre a questo c’è da registrare una campagna massiccia di aspre critiche e ostilità dei prefetti nei confronti di Umberto. Il Re che era convinto che la Repubblica poteva reggersi con il 51%, mentre la Monarchia No, che non è un partito; il Re non può mai essere il capo di una fazione,
Il 3° capitolo (“Umberto II e la Sicilia”) descrive le visite di Umberto in Sicilia prima di quelle già ricordate. Inoltre si dà ampio spazio al formarsi del Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, mettendo in risalto la linea politica conservatrice di Finocchiaro Aprile e dell’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia). Alla storia ambigua del separatismo, dei vari esponenti, compreso il bandito “guerrigliero” Salvatore Giuliano di Montelepre. Con gli aspri scontri e decine di morti tra l’EVIS e i carabinieri.
Comunque sia per un approfondimento sull’ultimo Re d’Italia, Romano consiglia di leggere il volume di Falcone Lucifero, “L’Ultimo Re. I diari del ministro della Real Casa. 1944-1946”, a cura di Francesco Perfetti e Alfredo Lucifero (Mondadori, Milano)
In merito al consenso o al dissenso nei confronti della Monarchia, Romano si sofferma e pubblica integralmente l’interessante intervista ad Alfredo Misuri, legittimista, antifascista e deputato del Regno, dove Misuri affronta i maggiori problemi socio-politici del momento. Per quanto riguarda il dissenso nei confronti della Monarchia e quindi di Umberto, Romano rivela alcuni interessanti particolari che riguardano l’assenza di due sindaci alla visita del Re: l’avvocato Rocco Gullo, sindaco di Palermo, e quello di Trapani con del notaio Manzo. l’assenza di quest’ultimo non sfuggì al Re che pregò il vicesindaco Corrado De Rosa di salutargli il sindaco assente. Mentre a Messina, il sindaco Ignazio Di Salvo ha presenziato alla visita di Umberto e per questo è stato fortemente criticato dal fronte repubblicano.
Per quanto riguarda l’esito del voto del referendum in Sicilia, il libro riporta puntigliosamente tutti i dati: in tutti i capoluoghi di provincia ha prevalso la Monarchia, mentre si evidenzia la vittoria della Repubblica in alcuni paesi come Montelepre di Giuliano, Corleone, Erice e Marsala. Io aggiungo anche il piccolo centro di Mandanici, nel messinese. A Palermo vince la Monarchia con 160.186 contro 30.092 voti. Comunque in tutto il Mezzogiorno ha vinto la Monarchia con una percentuale del 66,3% dei voti.
Il testo racconta come si è svolto il referendum, con le intimidazioni e le minacce subite dagli esponenti monarchici, del resto, Pietro Nenni andava ripetendo: “La Repubblica o il caos”. Poi da mettere in conto le 34.112 sezioni elettorali che Romita non divulgava; l’elevato numero delle schede nulle (1.509.735) distrutte arbitrariamente e non ammesse ai verbali. Solo cinque su ventidue Corti d’Appello inviarono alla Corte Suprema di Cassazione i plichi con le schede annullate. Romano a questo proposito ci tiene a precisare che la Corte Suprema non dichiarò mai il numero ufficiale dei voti e poi non terzietà del governo in carica, chiaramente quasi tutto schierato per la Repubblica anche in campagna elettorale. In un’intervista a Il Tempo, il presidente della Corte di Cassazione Pagano nel 1960 parlò esplicitamente di Colpo di Stato, come aveva fatto anche Umberto II.
Umberto aspetta il verdetto della Corte di Cassazione che non si pronunciò definitivamente. Alla fine il sovrano decise, senza rinunciare alla corona e senza abdicare, di lasciare l’Italia verso il Portogallo, dove andò a risiedere a Villa Italia a Cascais di fronte all’Oceano Atlantico. Il testo del professore Romano pubblica il proclama di Umberto II mentre lascia la Patria. Interessante la perorazione di Nino Sala di riportare la salma di Umberto II in Italia, “sarebbe un momento di riconciliazione patriottica riportarlo qui a casa in Italia, magari proprio tra i padri della Patria al Pantheon […] il suo ritorno non sarebbe solo un gesto di pietà cristiana ma un momento in cui veramente anche la destra farebbe i conti definitivamente con la propria storia ed anche del riconoscimento definitivo della lotta di liberazione dall’invasore tedesco e dal nazifascismo”.
Il testo si conclude con la “Cronaca tramite la stampa dell’epoca delle giornate siciliane di Umberto II”.
DOMENICO BONVEGNA
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