L’attività sportiva in tutte le sue forme sta per diventare un diritto costituzionale. Risale a inizio aprile l’approvazione con voto unanime alla Camera, in prima lettura, del disegno di legge che andrà appositamente a integrare l‘articolo 33 della Costituzione. L’iter non è concluso, la direzione tracciata appare tuttavia irreversibile.
Eppure per quanto rappresenti un passo importante, le istituzioni sono chiamate a uno sforzo ben maggiore a tutela dello sport. Lo si capisce parlando con Giampaolo Di Marco, segretario generale dell’Associazione nazionale forense, che a margine del convegno organizzato a palazzo Vecchio su ‘Sport, diritti fondamentali e fatti sociali: il potere degli atleti‘, spiega che la tutela costituzionale in procinto di diventare legge “è sicuramente l’espressione di una lunga, lunghissima storia di sport del nostro Paese. Ovviamente- precisa tuttavia- inserire lo sport in Costituzione non deve essere solo un manifesto, ma un punto di partenza per poter declinare tutta una serie di interventi normativi e non, in particolare di carattere strutturale, a cominciare dalle scuole”.
In effetti, segnala Di Marco, “la pratica dello sport non è solo rimessa alla volontà del singolo, della famiglia, ma può essere anche un’iniziativa che parte dai primi momenti comunitari del giovane“.
Lo sport inoltre “non è solo sinonimo di giovinezza- prosegue il segretario generale di Anf- ai giorni nostri accompagna la vita delle persone sempre e per sempre in varie forme, in vari metodi e con varia intensità. Quindi è un momento proprio della persona” incardinato “nei principi storici della nostra Costituzione, l’articolo 2 e l’articolo 3, ed è come è stato dimostrato più volte nella storia la prima forma di possibile coesione sociale fra tantissime diversità sia in ambito locale, nazionale e soprattutto internazionale”.
Talvolta, ricorda ancora Di Marco, “è stata la voce di tanti disagi, di tante fragilità. Oggi siamo qui sempre per portare avanti queste tematiche anche nell’ambito dell’avvocatura, perché non ci dimentichiamo che lo sport ha un suo ordinamento, che non è propriamente coincidente o immune da quello che siamo abituati a conoscere”. Il fatto che abbia un proprio ordinamento, conclude, è la dimostrazione d’altro canto che “lo sport ha avuto il coraggio di darsi delle regole proprie e di rispettarle non solo dentro, ma anche e soprattutto fuori dal campo”.