Catania – Su disposizione della Procura Distrettuale della Repubblica, la Polizia di Stato di Catania ha dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura coercitiva, emessa l’8 maggio dal G.I.P. del Tribunale di Catania, nei confronti di nove persone gravemente indiziate dei delitti di usura ed estorsione, aggravata e continuata.
Le indagini, coordinate dalla Procura Distrettuale ed eseguite dalla Squadra Mobile e dalla Sezione di P.G. della Polizia di Stato della Procura, hanno permesso di acquisire, allo stato degli atti e in relazione ad una fase processuale che non ha ancora consentito l’intervento delle Difese, elementi che dimostrerebbero la loro partecipazione, talvolta a titolo individuale e talvolta in concorso, alla commissione dei reati costituenti i capi d’accusa.
Il provvedimento restrittivo compendia gli esiti di attività di indagine, scaturita dalle dichiarazioni di una parte offesa, costretta, per far fronte a debiti di gioco, a rivolgersi a soggetti che le avrebbero prestato danaro a strozzo, ovvero con un elevato tasso usurario , determinando il depauperamento del suo patrimonio economico e immobiliare e così inducendola a denunciare il tutto agli organi di polizia.
Le investigazioni, supportate da operazioni di intercettazione, hanno consentito di riscontrare la fondatezza delle rivelazioni della persona offesa nonché di portare alla luce un sommerso e parassitario sistema di prestiti illeciti che coinvolgeva soggetti ulteriori rispetto a quelli indicati dalla vittima e tradizionalmente dediti a questo genere di attività delittuosa.
In tal modo, nel prosieguo delle indagini, venivano raccolte le dichiarazioni delle altre persone offese, via via identificate, le quali, in alcuni casi, confermavano quanto emerso dalle indagini, fornendo indicazioni precise in ordine all’ammontare del prestito richiesto e accordato, delle rate, settimanalmente o mensilmente, versate e del termine entro il quale la restituzione sarebbe dovuta avvenire. Mediamente, i piccoli prestiti si aggiravano su importi variabili tra i 1.000 ed i 2.000 euro e i tassi usurari applicati potevano arrivare a sfiorare anche il 490% annuo.
Le dichiarazioni delle persone offese che si sono determinate a collaborare con gli inquirenti, denunciando le condotte criminose di cui erano vittime, hanno rappresentato una delle principali fonti di prova a supporto dell’intero impianto accusatorio posto a fondamento della misura cautelare.
In altri casi, nonostante l’evidenza della prova, subendo il timore di possibili ritorsioni o credendo che coloro che avevano erogato il credito fossero benefattori, hanno preferito tacere o dire il falso, limitandosi ad ammettere prestiti di denaro senza la corresponsione di alcun interesse. L’anzidetto atteggiamento ha confermato la natura del reato di usura quale “fenomeno sommerso” in cui le vittime, trovandosi in uno stato di dipendenza, non solo economica ma anche psicologica, manifestano reticenza nell’affermare la verità dei fatti.
A riscontro delle risultanze d’indagine, son state eseguite perquisizioni nei confronti di alcuni degli indagati che hanno permesso di rafforzare il compendio investigativo e così di porre sotto sequestro materiale probatorio costituito da denaro liquido, libri contabili e da vari titoli di credito idonei a delineare l’entità dell’attività di usura. Il Giudice per le indagini preliminari, su richiesta del Pubblico Ministero ha disposto per tutti, a eccezione di un’indagata destinataria della misura degli arresti domiciliari , l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere.