Bisogna fare piano quando si sta bene. Non è una questione di prudenza, è un fatto di rispetto. Perché a volte capita di appoggiare la nostra parte più bassa sulla parte più alta di qualcun altro. Sulla vita di qualcun altro. Così, prima di raccontare questa storia metto una mano in quello che è stata per molto tempo la mia casa: una panchina. Di marmo o di ferro, non importa, perché le panchine hanno la memoria lunga e si tengono addosso le stagioni passate. E i segni che qualcuno a volte dimentica.
Chi sono io?
Il mondo di Giacomo Sereni, il mio mondo, si regge su pochi assiomi basilari: c’è il bene e c’è il male, il crimine e l’onestà, il sacrificio e la lotta alle sopraffazioni. Carabiniere per vocazione, il suo idealismo si infrange contro l’esito del processo al Capitano Ultimo in seguito alla cattura del boss dei boss, Totò Riina. Uomo in crisi, tradito dallo Stato e distrutto dopo la morte della moglie, Giacomo decide di lasciare l’Arma.
Rimango con lo sguardo alla superficie, di segni ce ne sono molti. Sono solchi e graffi, scritte e buchi. E allora ripenso alla storia vera che ho vissuto: Ultimo di trentamila. Un viaggio che mi ha portato sin qui, una storia fatta di buchi e graffi, ma anche di qualcosa che leviga e in un certo senso dà forma. Racconta un pezzo di esistenza di Giacomo e di come quel giorno, un giorno qualunque, Giacomo si è fermato su questa panchina per rimanerci degli anni. E ha chiuso la sua prima vita, diventando un barbone, un fantasma, un invisibile. Nella sua anima rimane ciò che è successo da quel momento, anzi da quello che accadeva poco prima, quando Giacomo era una maresciallo dell’Arma dei carabinieri, investigatore a caccia di criminali e fedele uomo dello Stato.
Un uomo che esisteva, un uomo che non si sedeva. Per la fretta dell’esserci, per prima cosa, e perché non sapeva aspettare. Così un giorno ha deciso di aspettare, guardare, osservare: come fanno i barboni, con calma e senza sentenze. Milano è una città frenetica, caotica, nervosa dove esiste una stazione dove passano tante vite che prendono i treni come Giacomo Sereni. stranieri prima di diventare solo Giacomo. Qui rimangono gli altri, i barboni, i fantasmi, gli invisibili. Sono un popolo di sguardi attenti ma nascosti. Che osservano come invisibili. Perché loro sono invisibili. La vita se n’era andata via e avevo fatto finta di non accorgermene.
Da questo momento avrà inizio per lui una discesa vertiginosa verso l’annullamento di sé, fino a sparire letteralmente, diventare invisibile tra gli invisibili, sperso nell’esercito dei trentamila senza tetto che popolano come fantasmi le vie delle nostre città.
La strada mi ha aiutato a vedere la vita com’è davvero, a rallentare, prima di tutto. Poi a rivedermi come uomo. Quando vivi per strada o su una panchina, non hai niente, perdi tutto. Ma ti puoi ritrovare, sei nessuno per gli altri, ma molto per te stesso. E lì senti il coraggio. Di vedere la vita come è davvero. Ho imparato a dare spazio a tutte le sfumature che ci sono: al pianto, al sorriso, al fallimento, al riscatto. Ho imparato che dalla libertà totale può nascere la sofferenza vera, che si può piangere e poi subito ridere. Che prima cadi e poi ti rialzi, più forte di prima. Certo, non è mai stato facile. Si provano tante di quelle cose lungo la strada o su una panchina. Ma nella vita, nella nostra esistenza non si saltano le fermate: bisogna avere il coraggio di accettare ogni debolezza. Compresa la voglia di abbandonarsi su una panchina qualunque, un giorno qualunque. Perché chi vive per strada si abitua a diventare spettatore. Ci vuole qualcuno che ti riaccenda il pensiero, l’anima, Solo così puoi rialzarti dalla panchina.
Tra cronaca e noir, romanzo di formazione e duro affresco sociale, “Ultimo di trentamila” è la storia di un rifiuto, di una fuga disperata che è come un grido di protesta, l’unica arma a disposizione di chi ha perso tutto, anche sé stesso, e deve toccare il fondo prima di tentare la risalita.
Ultimo di trentamila
Autore: Roberto Gugliotta
Editore: EllediLibro by Arpod
Anno edizione: 2023