Potremmo mettere un altro titolo: “Il Papa secondo il cardinale Gerhard Ludwig Muller”, ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (ex S. Ufficio). Da qualche mese è uscito il suo ultimo libro, “Il Papa. Ministero e Missione”, pubblicato dalla casa editrice Cantagalli di Siena. (372 pp. 26 e)
La faticosa lettura del documentato testo del cardinale tedesco certamente ha irrobustito la mia cultura sulla figura fondamentale del Pontefice. Il libro rafforza l’idea che noi cattolici siamo dei privilegiati rispetto ad altre religioni, abbiamo una guida e un punto di riferimento sicuro per la nostra Fede. Arcivescovo-vescovo emerito di Ratisbona, Incaricato personalmente da Benedetto XVI di pubblicare le sue Gesammelte Scriften, gli scritti di carattere teologico e quindi di curare la pubblicazione dell’Opera Omnia. Un progetto di 16 volumi. Muller ha all’attivo oltre cinquecento pubblicazioni scientifiche. In questo libro, racchiude e ci consegna, in un unico quadro, note, riflessioni e osservazioni di tutta una vita, sull’origine, l’essenza e la missione del successore di Pietro. Così “Il Papa” diventa un’opera imponente che, proprio in questi tempi di enorme confusione sulla figura del Papa, offre un contributo determinante per una corretta comprensione del ministero petrino. Un ministero unico al mondo, che nel corso dei secoli fino ai nostri giorni ha sempre provocato grande devozione, ma anche forti critiche, sia dentro che fuori della Chiesa. Il cardinale Muller ha tracciato le linee fondamentali del suo libro in una affollata conferenza del 7 maggio presso Palazzo Madama a Torino, organizzata dall’associazione “Logos e Persona” di don Salvatore Vitiello.
Per qualcuno Muller passa come un reazionario “nemico” di Papa Francesco. Invece il cardinale ha risposto a queste dicerie con un libro che trasuda amore e fedeltà al magistero pontificio. Tuttavia, l’ex prefetto, intervistato da Il Giornale, non rinuncia a parlare chiaramente di tutto ciò che non va nel governo della Chiesa e non risparmia critiche dure alle autorità ecclesiastiche e a quelle politiche. Rispondendo alle domande di Nico Spuntoni (“Anche se malato, il Papa non deve dimettersi”, 3.4.23, Il Giornale) Muller afferma di essere stato sempre difensore del Papa e dei papi. “Ciò che è cambiato oggi è che gli anti-papisti sono diventati super-papisti. Non per rispetto del papato come istituzione divina, ma piuttosto perché vogliono strumentalizzare Francesco per l’introduzione della loro ideologia modernista nella Chiesa. A questo scopo distinguono tra ‘amici’ e ‘nemici’ del papa.“. Comunque Muller rifiuta qualsiasi etichetta o categoria. Risponde citando S. Tommaso che difendeva il ruolo del Papato nella Chiesa e che il Papa come persona umana può avere i suoi limiti e talvolta le critiche nei suoi confronti non solo sono un diritto, ma addirittura un dovere. Secondo Muller il Papa anche se malato non deve dimettersi, In
passato c’erano la vecchiaia e le malattie per papi e vescovi, ma Gesù è morto sulla croce. “Non si può pensare ad un apostolo che va in pensione! Ho accettato la decisione di Benedetto XVI, ma resto convinto che la missione del Papa sia per sempre, ad vitam.”
Ritornando al Libro “Il Papa”, è suddiviso in sette capitoli. Nel I (I papi della mia vita), il cardinale racconta la sua vita in rapporto ai sette papi che si sono susseguiti negli anni. A cominciare dal venerabile Pio XII, durante la sua infanzia e poi giovinezza. Nato e cresciuto in una famiglia cattolica praticante, sotto il pontificato del venerabile Pio XII (1939-1958), egli ha dunque conosciuto la cosiddetta cattolicità “preconciliare” che gli ha insegnato a venerare la “figura” del Papa, e a difenderlo dai connaz
ionali tedeschi seguaci del protestantesimo luterano e da quell’anti-romanità senza più freni.
Il clima di confronto — scontro — continuo con i luterani hanno fatto nascere in lui un profondo desiderio di ecumenismo, di cambiamento di rapporti fra cattolici e protestanti. Per questo aderì, fin da giovane seminarista e teologo, alle richieste di rinnovamento della Chiesa che il “vento” franco-tedesco esigeva da Roma. La Chiesa non doveva più rifiutare in toto le “riforme” — come fece ai tempi di Lutero, verso il quale il Cardinale è molto comprensivo —, ma mettersi a capo di esse, come ha fatto col Vaticano II. Il Concilio Vaticano II, afferma il card. Muller, è stato una svolta per la Chiesa, ma non è stato una rottura col suo passato.
I “maestri” del Cardinale sono stati Henri de Lubac, SJ (1896-1991) e Joseph Ratzinger-Benedetto XVI (1927-2022), quindi egli non può che essere un convinto sostenitore dell’ermeneutica della riforma nella continuità. La Chiesa ha cambiato atteggiamento, teologia, ma non la sua missione e la sua morale. E il Papa dev’essere il “garante” di tutto questo.
Nell’introduzione il cardinale precisa: “ho voluto di proposito evitare il titolo di ‘Papato’, per sottolineare il primato della persona sull’istituzione. Per la fede cattolica, Cristo ha trasformato un semplice pescatore del lago di Tiberiade, Simone, il figlio di Giona, primo di una lunga serie di successori, nella roccia su cui avrebbe costruito la propria Chiesa”. Scrive Muller: “le persone cambiano, ma il compito rimane lo stesso. Il compito particolare del papa è servire l’unità e la comunione della Chiesa con Dio e di testimoniare la verità della fede in ‘Cristo, il figlio del Dio vivente’ (Mt 16,16)”.
Nelle sue riflessioni teologiche sul Papa e la Chiesa Muller al famoso teologo di Tubinga Johan Adam Mohler (1796-1838). Alla “Storia dei Papi” di Ludwig von Pastor (1854-1928). E poi al professor Cardinale Karl Lehmann. Per la libertà della Chiesa dallo Stato durante la Kulturkampf (1871-1878) ricorda le battaglie del grande vescovo di Magonza, Wilhelm Emmanuel Barone von Ketteler (1811-1877). Naturalmente sono frequenti i passaggi in riferimento ai vari Papi, come Giovanni XXIII che “aiuta a superare il giudizio superficiale di una Chiesa polarizzata fin da questa epoca in un’ala conservatrice e una progressista”. In questo tempo il cardinale comprese come all’interno della Chiesa c’era tensione tra chi intendeva trasmettere fedelmente l’oggetto della fede e chi invece voleva illustrarla al passo con i tempi. Fu evidente l’ostilità e la reazione all’enciclica Humanae vitae da parte di certi ambienti ecclesiastici. A questo proposito, Muller accenna all’incomprensione e il disprezzo sia da parte dei conservatori che dei progressisti, di cui fu oggetto l’enciclica di san Paolo VI. Enciclica oggi riconosciuta come profetica. Sul tema, “c’era chi, da una parte, puntava il dito contro il Concilio per l’ormai diffusa crisi della fede, dall’altra chi riteneva che le riforme conciliari non fossero state attuate in modo abbastanza radicale. In realtà – scrive Muller – è stato proprio un’interpretazione ideologica del Concilio, a dividere la Chiesa in scettici ed entusiasti. Così al posto dell’auspicato rinnovamento nella vita e nella missione della Chiesa è arrivata la confusione babilonica”. Per Muller un magistero, soprattutto un concilio ecumenico, non può fondare una nuova Chiesa o abolirne una vecchia.
Interessante poi le riflessioni di Henri de Lubac (1896-1991) insieme a Hans Urs von Balthasar (1905-1988) che hanno aiutato Muller a trovare la sua strada al di fuori dell’opposizione distruttiva tra conservatorismo (integralismo) e progressismo (modernismo). A questo proposito il cardinale precisa che queste due posizioni, infruttuose e distruttive, “enfatizzano un elemento importante dell’insieme, ma che lo separano da esso, si fonda sulla confusione tra la fede, che deriva dall’ascolto della parola divina, e una ideologia pensata dai suoi sostenitori, che non è altro se non auto-redenzione gnostica”. Muller ricorda la canonizzazione del grande papa San Giovanni Paolo II. Uno dei papi più importanti degli ultimi secoli. Muller ricorda i punti essenziali della vita di Karol Wojtyla a combattere prima l’ideologia razzista del nazismo e poi quella comunista. “Giovanni Paolo II ha sperimentato sulla propria pelle, e in quella del popolo polacco, l’applicazione del darwinismo sociale nei Paesi sotto il dominio nazionalsocialista e comunista e ne ha riconosciuto le conseguenze omicide”. Muller, ricorda che il “darwinismo sociale non è un errore spirituale, ma un crimine contro lo spirito”. L’alternativa per san Giovanni Paolo II è la civiltà dell’amore, l’unica via d’uscita dall’autodistruzione dell’umanità. Interessanti le riflessioni del teologo Muller sugli anni della cosiddetta “Guerra fredda”, del sistema economico capitalista e di quell’umanesimo senza Dio che era destinato a fallire come progetto filosofico e sociale, destinato a sfociare “nella più grande barbarie della storia umana, nell’umanesimo senza esseri umani, nella disumanità assoluta e nella follia di un trans e post-umanesimo”. Sempre in questo primo capitolo Muller racconta il suo incontro a Lima con Gustavo Gutierrez, il padre della Teologia della Liberazione. Vado oltre se no diventa una mega recensione del libro. L’ultima parte è dedicata al suo rapporto con Papa Benedetto XVI da Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede. Le brevi analisi delle encicliche del Papa tedesco, la lezione tenuta all’Università di Ratisbona il 12 settembre 2006. E poi quella sui tre volumi di “Gesù di Nazareth”, che raggiunge il culmine della vita di Ratzinger teologo e studioso. Infine Papa Francesco, “differente per temperamento ed esperienza dai suoi predecessori fortemente radicati in Europa, il primo papa latino-americano ha posto i poveri, i sofferenti e gli scartati delle periferie al centro del suo pontificato”. Muller accenna ai documenti pubblicati da papa Francesco, Evangelii gaudium, Laudato si, Amoris Letitia, che cercano di costruire ponti anche verso coloro che si sentono esclusi o lontani. “Occorre superare gli scontri ideologici tra conservatori e progressisti, che paralizzano la vita e la missione della Chiesa”. Papa Francesco ci mette in guardia, “da uno stile di vita mondano e dall’adeguamento della Chiesa al mondo, come se la Chiesa di Cristo fosse soltanto una delle tante organizzazioni di carattere umanitario-spirituale”. Al centro della Chiesa il Papa ha messo i poveri, è necessario che ci facciamo evangelizzare da loro. Il povero è considerato un grande valore, la nuova evangelizzazione deve partire da loro.
Il II capitolo tratta de “Il Papato come realtà della Storia e della Rivelazione”. Una istituzione divina, a partire da San Pietro, si sono succeduti 266 uomini in veste di detentori del ministero. Il Papato con le sue luci ed ombre, è un fenomeno unico, di cui la Storia non può ignorare. In questa parte il cardinale esamina il profilo teologico e spirituale del supremo servizio per la Chiesa e per il mondo, che il suo Capo ha affidato a San Pietro e ai suoi successori. Neanche la storiografia liberale, scrive Muller, che nel primato della Chiesa di Roma ha visto una semplice creazione umana o il prodotto casuale di congiunture storiche […] può sottrarsi al fascino di una tradizione lunga duemila anni. Non mi soffermo sui vari passaggi storici del Papato esaminati dall’autore del poderoso testo, non mancano i riferimenti alla cosiddetta Riforma di Martin Lutero, la Libertà religiosa di fronte agli Stati assoluti dell’epoca Moderna.
Il III° capitolo (“Il Creatore della Chiesa è anche il fondatore del papato”) Qui Muller dopo aver rievocato i sette Papi della sua vita, risale all’origine del papato: il rapporto di Gesù con quel pescatore del lago di Tiberiade, da lui definito la pietra su cui avrebbe edificato la Chiesa. “Solo in relazione a Gesù Cristo può avere senso qualsiasi discorso sull’origine divina della Chiesa, sui suoi inizi nella storia, sulla sua missione universale e sul suo mandato apostolico”. La lettura di questa parte del testo rinforza la nostra fede che talvolta vacilla di fronte agli attacchi della Modernità ma nello stesso tempo arricchisce la nostra debole cultura teologica sulla nascita della Chiesa, il ministero e il primato di Pietro.
Il IV° capitolo (“La Chiesa Cattolica nella Tradizione Apostolica”) IL Papa riceve il suo mandato direttamente e personalmente da Cristo, non da una comunità, né da una Chiesa locale né dalla Chiesa universale. Qui il cardinale Muller spiega perché come sede del Papato è stata scelta Roma e non un altro luogo. Ci sono tutte le risposte ai possibili interrogativi. Perché è stato scelto solo uno degli apostoli, che poi sarà il vescovo di Roma, a governare la Chiesa. Nel capitolo viene affrontato il dualismo tra Pietro e Paolo. Anche qui il rapporto tra il papa e il concilio dei vescovi. Poi le tensioni tra Oriente e Occidente nella Chiesa.
Il V° capitolo (“Il dogma del primato di dottrina e giurisdizione del Pontefice romano”) Nel testo Muller chiarisce quanto sia importante e attuale mostrare con urgenza il primato romano del Pontefice per preservare la verità della rivelazione. E qui fa riferimento a Pio XI nell’enciclica Mit brennender Sorge contro il nazionalsocialismo evidenziò come di fronte alla brutale minaccia nei confronti dell’uomo, la fede nella Chiesa non si manterrà pura e incontaminata se non si appoggerà nella fede al primato del vescovo di Roma. E oggi anche se non c’è più il totalitarismo nazista, ci sono altri pericoli totalitari di “stampo mediatico, pseudoreligioso e laicista-statalista”. Pertanto per Muller, “Il vecchio agnosticismo e il relativismo contemporaneo dominante, opposti alla verità naturale e rivelata, non hanno portato affatto libertà di coscienza e tolleranza. Al contrario, non sono mai al riparo dal trasformarsi in pretese ideologiche e politiche totalitarie”. Muller insiste scrivendo che proprio nell’era della scristianizzazione o “secolarizzazione” in Europa e nel mondo, si giunge alla maggiore persecuzione dei cristiani mai vista in passato. VI° capitolo affronta il tema dell’Integrazione del Papato nella Chiesa e nel Collegio dei vescovi. Sulla presunta mancata continuità tra il Concilio Vaticano I e II, il cardinale Muller fa riferimento alla Lumen Gentium 18, dove si dice un chiaro no a tutte le teorie e ipotesi di una rottura nella tradizione della fede cattolica. “Una banalizzazione populista – scrive Muller – vede nella differenza tra i due concili un cambiamento dell’immagine della Chiesa da una piramide a un cerchio”. Sembrerebbe che all’improvviso i laici dal “basso” della Chiesa costruiscono il vertice dandogli un mandato di rappresentanza. Ne deriva una specie di democratizzazione, come se l’origine del potere risiederebbe nel popolo. “Si dimentica però che la gerarchia non rappresenta una struttura di potere perché i ministeri ecclesiastici possiedono un fondamento apostolico”. Peraltro qualsiasi autorità nella Chiesa deriva da Cristo. Il cardinale accenna a quel spirito del concilio interpretato da certe forze progressiste nella Chiesa che avrebbero il compito di schiacciare l’interpretazione conservatrice ed emarginare i suoi esponenti. Non esiste contrapposizione tra l’episcopato e il Papa, nessuna contrapposizione tra il Concilio e il Papa. Il teologo Johan Adam Mohler ha esposto chiaramente con la massima chiarezza la dottrina della Chiesa sul primato e sull’episcopato. Tuttavia il Papa ha bisogno dei vescovi, il Papa non può fare tutto, non si può farsi carico delle molteplici situazioni di ciascun Paese del mondo. “Un’eccessiva centralizzazione non aiuta la Chiesa, ma ne ostacola il dinamismo missionario”. La Chiesa non può permettersi lotte di potere tra forze centraliste e particolariste. Così avremmo una Chiesa secolarizzata e politicizzata, simile alle Ong. Per Papa Francesco occorre “superare la passività e la rassegnazione di fronte all’estrema secolarizzazione e di porre fine ai paralizzanti conflitti interni tra ideologie tradizionaliste e moderniste”.
Tuttavia secondo il cardinale nella Chiesa serve una riforma della curia romana. Del resto, “ogni volta che la Chiesa si è liberata dai modelli terreni di esercizio del potere e ha eliminato il veleno del pensiero mondano dal suo spirito e dal suo corpo, ha aperto la via a un profondo rinnovamento spirituale in Gesù Cristo, suo capo e fonte di vita”. La Chiesa storicamente ha sempre avviato riforme come quella del grande movimento gregoriano dell’XI secolo, oppure quella tridentina, o la grande apertura del Concilio Vaticano II. Attenzione ai vescovi cortigiani, gli esempi del passato sono tanti, “i criteri d’azione del vescovo non stanno nel cercare il favore del popolo, o nel tacere per non ferire la sensibilità, ma nell’amore per Gesù, il Buon Pastore che ha dato la sua vita”. Paolo scrivendo a Timoteo delinea l’ideale biblico del vescovo: “Combatti la buona battaglia della fede”. Muller insiste sul comportamento degli uomini di Chiesa, “a dar senso alla Chiesa non è il consenso della società, né servirsi del cristianesimo come religione civile, o il contatto con i più importanti politici, ma l’annuncio della salvezza per i poveri nelle periferie esistenziali”. A questo proposito il cardinale fa l’esempio di pastore universale che ha favorito la riforma ecclesiastica san Pio X con il suo motto: “Omnia in Christo instaurare”. Occorre evitare da un lato di secolarizzare la Chiesa, ma anche di spiritualizzarla e di respingerla nel regno dell’ideale e dei sogni. La Chiesa è santa, ma è sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento (Lumen Gentium 8) L’invito di Papa Francesco a fare un esame di coscienza, non significa “confermare chissà quali leggende nere ‘dietro le mura del Vaticano’”. Muller chiarisce che cosa intende per riforma: “la bussola del rinnovamento non consiste nel patrimonio ecclesiastico, nella vastità delle nostre istituzioni e nel personale alle dipendenze di diocesi e ordini (o scuole e ospedali), ma nello spirito d’amore con cui la Chiesa serve gli uomini mediante l’annuncio, i sacramenti e la carità”.
La Chiesa è per sua natura missionaria, guidata e governata universalmente dal successore di Pietro, è il contrario dell’europeizzazione della Chiesa. L’ultimo capitolo è dedicato alla “Missione del Papa nel disegno divino di salvezza universale”. Tutti i programmi di autoredenzione umana erano e sono condannati al fallimento, nessun uomo può essere salvato né con la gnosi mitologica, né con le utopie di una “new age”, né per le utopie sociali marxiste, né del capitalismo liberale. Occorre superare “i burroni ideologici”. La Chiesa, i suoi pastori, devono ritornare ad essere “pescatori di uomini per Cristo”, “predicatori della misericordia divina”, per andare contro il vortice del secolarismo e del mondo senza Dio.
Concludo con parole significative rivolte al Papa, che trovano posto nella IV di copertina: “la critica priva di amore finisce per disgregare. L’amore senza critica non è altro che una stucchevole lusinga. Il supremo ministero che Gesù ha conferito a Pietro e ai suoi successori si contraddistingue proprio perché il suo titolare non si gloria della sua dignità, ma rimane all’ombra del Signore e lo segue”.
DOMENICO BONVEGNA
dbonvegna1@gmail.com