Michela Trada, Io sono Notizia. Riflettere sull’importanza delle parole che utilizziamo quotidianamente online

È uscito il 18 maggio, in occasione del Salone del Libro di Torino dove è stato presentato domenica 21 alle 16.30 al Padiglione 3 p13, il nuovo libro della Giornalista, Consulente di comunicazione, Brand journalist specialist Michela Trada Io sono Notizia – Comunicare nell’Era del Digitale per generare valore, edizioni Effetto collana Effetto Entourage…

Noi siamo il brand di noi stessi o, ancora meglio, noi siamo i media di noi stessi ed in quanto tali, facciamo notizia, diventiamo ogni giorno notizia. In un’epoca in cui il digitale e la disintermediazione la fan da padrone saper padroneggiare al meglio la comunicazione via Web è fondamentale per ottenere risultati sia sul piano relazionale che su quello lavorativo. Ogni volta che ci approcciamo a scrivere un contenuto sui Social Media, rispondiamo a un commento, interagiamo in una community ci trasformiamo nel nostro media personale veicolando qualcosa di noi all’esterno. Per cosa vogliamo essere trovati online? La nostra identità digitale è coerente con quella reale? I nostri contenuti ci rispecchiano? Le parole sono un potente strumento valoriale da utilizzare con cura per generare benessere verso noi stessi e verso l’ecosistema che ci circonda.

Io sono Notizia – Comunicare nell’Era del Digitale per generare valore vuole essere, quindi, un prontuario pratico e applicabile nella nostra trasformazione in media autentici.

Michela Trada torni in libreria con “Io sono Notizia – Comunicare nell’Era del Digitale per generare valore”: insomma, quello che facciamo e diciamo è la nostra carta d’identità?

Assolutamente sì; troppo spesso crediamo che un “post” sui social sia un semplice “post” e non diamo peso a ciò che scriviamo. Invece, anche un contenuto online a nostra avviso “banale” si rivela fondamentale per il nostro personal branding. Ecco perché dobbiamo fare attenzione a come utilizziamo le parole, sempre.

Tu sostieni che noi siamo il brand di noi stessi o, ancora meglio, noi siamo i media di noi stessi e in quanto tali, facciamo notizia, diventiamo ogni giorno notizia. Tutto viene alla luce o qualcosa scompare?

È una riflessione che sto approfondendo con ancor più cura proprio in questi giorni; credo che di questi tempi noi si sia portati al voler eccellere a tutti i costi e quindi al mostrare solo gli aspetti positivi di noi e del nostro lavoro talvolta enfatizzandoli o estremizzandoli. Dobbiamo essere coerenti con noi stessi e chiederci sul serio “chi siamo” e se questo “io” traspare dalla nostra comunicazione.

Tanto per farmi i fatti tuoi: che quotidiani leggi?

Per anni sono stata una “Corrierista”, ora ammetto che la stampa nazionale tradizionale mi ha un po’ delusa. Sento la mancanza delle inchieste di una volta… Il Post mi piace parecchio.

Programmi televisivi?

Voyager su tutti; in tv guardo specialmente serie adatte ad adolescenti e film dello stesso calibro dal momento che il palinsesto lo detta la mia bimba di dieci anni.

Sei più vicina ai libri di Fabio Volo o a quelli di Alessandro Piperno?

Posso rispondere a nessuno dei due? Stimo molto Riccardo Scandellari e qualora ti debba fare altri nomi rimango sugli “italiani” e ti cito Scurati.

Fare quello che si desidera fare è la cosa più anticonformista?

Ritenere di essere proprietari del proprio tempo lo è. In Italia siamo ancora troppo ancorati all’idea delle otto ore lavorative e al fatto che se non stai in ufficio almeno fino a tardi vuol dire che non hai concluso nulla durante la tua giornata. Ho visto stakanovisti concludere meno di stagisti concentrati e che amavano seriamente quello che stavano facendo. Scegliere di lavorare per vivere e non vivere per il lavoro è la sfida di oggi.

 

Siamo davvero in grado di comunicare ciò che siamo o siamo soliti nasconderci dietro agli alias della rete? Che risposta ti sei data?

Di pancia la seconda. Come affermavo in precedenza non siamo disposti a mettere in mostra fallimenti ed errori; in questo modo la narrazione è distorta e poco costruttiva.

È l’ora di rompere quale tabù?

Assolutamente sì, sto cercando io stessa in primis di togliere un po’ di egocentrismo dalla mia narrazione perché inevitabilmente rischiamo di cadere in questa trappola quando siamo online.

Ci sono parole che ti attraggono più di altre?

Grazie, prego, dal mio punto di vista. Non supporto la tuttologia né tantomeno la scarsa riconoscenza verso il prossimo.

Si parla tanto di privacy ma se si naviga in rete ti rendi conto che l’intimità non esiste più: le nuove generazioni sono più aperte e trasparenti. Forse un po’ troppo. Rischi?

Anche in questo caso si parla sempre dei “pro” della rete e poco dei contro. Le relazioni online vanno bene, ma quelle offline devono rimanere il nostro fulcro; dobbiamo avere il coraggio di disconnetterci e renderci conto che la vita e l’amicizia non si basano sui like ad un post.

Quanto e come la nostra soggettività può essere trasformata in dato oggettivo? Anche questo modo di comunicare può generare valore?

Con l’esempio; non c’è niente di meglio che partire dalla propria esperienza per affrontare un concetto più “grande” ed astratto. Questo permette di renderlo comprensibile e replicabile a chi ci è affine. E sì, in questo modo si genera davvero valore.

Perché noi siamo e facciamo notizia anche stando in silenzio?

Perché quando non comunichiamo deleghiamo la responsabilità agli altri; in rete non si trovano i nostri contenuti, ma quelli scritti su di noi da altre penne. Invece occorre avere il pieno controllo della nostra identità.

Che effetto speri faccia agli altri una persona che legge Io sono Notizia – Comunicare nell’Era del Digitale per generare valore?

Riflettere sull’importanza delle parole che utilizziamo quotidianamente online; che non si può dire tutto quello che passa per la testa; che il nostro messaggio provoca effetti e reazioni. Cosa vogliamo che gli altri pensino di noi quando leggono i nostri contenuti?