L’economia frena e nelle transazioni commerciali tra privati tornano ad allungarsi i tempi di pagamento delle medie e grandi imprese nei confronti dei propri fornitori. Storicamente è sempre stato così e il fenomeno si è puntualmente ripresentato nei primi tre mesi del 2023: con la frenata del Pil i ritardi sono tornati ad aumentare.
Oggi nel nostro Paese il saldo avviene dopo 69 giorni dall’emissione della fattura. Questa è una cattiva abitudine tipicamente italiana che consolida l’abuso di posizione dominante delle aziende imprenditoriali più grandi a danno di quelle più piccole. Non solo. L’aspetto più subdolo, comunque, sta nel fatto che lo slittamento spesso intenzionale del saldo fattura consente ai committenti di finanziarsi a costo zero, facendo scivolare i creditori verso l’insolvenza.
Il differimento dei pagamenti, oltre a rappresentare una modalità molto diffusa in Italia, rischia di pesare negativamente sulla liquidità delle imprese, fino a compromettere la competitività e la reddittività, quando per esempio il creditore deve ricorrere a un finanziamento esterno. E con il probabile nuovo aumento dei tassi di interesse che la BCE ha annunciato nei giorni scorsi, molto probabilmente la situazione è destinata a peggiorare. La denuncia è sollevata dall’Ufficio studi della CGIA.
- Con le crisi i ritardi si allungano
Analizzando la serie storica che va dal 2007 al primo trimestre del 2023, notiamo che la percentuale di imprese che nelle transazioni commerciali tra privati hanno pagato con ritardi superiori ai 30 giorni ha toccato i picchi più elevati negli anni dove la caduta del Pil nel nostro Paese è stata più evidente. Nel 2009 (crisi subprime) la percentuale si è attestata al 17,1 per cento, nel 2013 (dopo la crisi dei debiti sovrani) al 15,7 per cento e nel 2020 (crisi da Covid) al 12,8 per cento. Con la ripresa economica post pandemica, nel 2021 e nel 2022 i ritardi hanno subito una decisa contrazione. L’anno scorso, infatti, hanno toccato il minimo storico del 9,1 per cento. Nei primi tre mesi di quest’anno, invece, a seguito della frenata subita dalla nostra economia, la media nazionale è tornata a salire, fermandosi nel marzo scorso al 9,5 per cento (vedi Graf. 1).
- In Ue siamo poco virtuosi
In Italia, secondo i dati raccolti da Cribis Itrade, nel quarto trimestre 2022 la percentuale di pagamenti avvenuta entro i tempi previsti dal contratto commerciale tra committenti e fornitori si è attestata al 40,9 per cento. In altre parole, ciò vuol dire che solo in 4 transazioni su 10 la scadenza di pagamento è stata rispettata. Tra i 26 Paesi dell’area europea monitorati, nella classifica dei più virtuosi l’Italia si è “piazzata” al 20° posto. Peggio di noi solo Serbia, Irlanda, Grecia, Portogallo, Bulgaria e Romania. Sebbene la performance dell’Italia rispetto al 2019 (anno pre Covid) sia migliorata, il gap nei confronti dei nostri principali partner commerciali resta elevato. L’anno scorso, infatti, la percentuale di pagamenti nei tempi previsti era pari a 46 in Spagna, a 48 in Francia, a 63 in Germania e addirittura a 75 in Olanda.