CATANIA – Una convergenza d’idee e d’intenti, quella emersa durante la Festa dell’Architetto 2023, celebrata ieri pomeriggio (25 giugno) alle Ciminiere di Catania, in occasione del centenario dalla nascita dell’Albo professionale.
Vicinanza, affinità, confluenza di vedute – tra professionisti e Amministrazione comunale, rappresentata dal vicesindaco e assessore Urbanistica e Mobilità di Catania Paolo La Greca, alla sua prima uscita pubblica – per trasformare «i sogni in segni tangibili, cercando di risollevare questa città dall’immobilismo in cui spesso affondano anche entusiasmo e speranze», ha commentato in apertura il presidente dell’Ordine APPC di Catania Sebastian Carlo Greco.
Dal PUG – «che entro il 2024 sarà realtà» – alla creazione dell’Urban Center (promosso e spinto dall’Ordine in più occasioni); dalla valorizzazione dei “margini urbani” ai Concorsi di progettazione, passando per lo sforzo diretto a ridurre quello scollamento tra politica e cittadini, attraverso il coinvolgimento dell’associazionismo attivo, ieri rappresentato da Daniele Cavallaro di Gammazita e Alice Palazzo di Trame di Quartiere.
Le premesse ci sono tutte per avviare un percorso virtuoso di rinascita. «E le promesse stanno a zero: adesso tutti vogliono i fatti – ha continuato Greco – questo evento è occasione per manifestare ancora una volta la volontà di essere parte identitaria della città: un confronto per ragionare su quale sia la il nostro ruolo e quali rapporti si possono sviluppare con le istituzioni, analizzando le rispettive competenze, con una particolare attenzione ai temi della ricerca e della cultura».
Con la firma della legge 1395 del 1923 la professione di architetto fu regolamentata, riconoscendone la pubblica utilità e il valore sociale. L’iniziale realtà ordinistica, che interpretava gli antichi principi dei movimenti corporativi artigiani, monastici e cavallereschi, è arrivata oggi a essere una struttura complessa, sia nel suo pubblico riconoscimento, sia di supporto e tutela della società.
«Un’evoluzione – ha commentato la presidente della Fondazione Architetti Eleonora Bonanno – che deve interpretare i veloci cambiamenti del contesto di riferimento. Un percorso articolato, che deve farci misurare costantemente con le criticità, con i vuoti da colmare. È per questo che abbiamo scelto come tema fondante quello delle “periferie”, quello delle città invisibili, “fatte delle relazioni tra la misura del loro spazio e gli avvenimenti del loro passato; città che assumono la forma dai deserti a cui si oppongono; assumono i margini come dato esistenziale più che come limite, e giocano a produrne e riprodurne”, per riprendere le parole di Italo Calvino. Un tema che ci sta a cuore, su cui ruotiamo con molteplici iniziative. In questo momento Librino è alla Biennale di Venezia con ”La Casa Tappeto” – grazie al progetto del collettivo Fosbury Architecture – l’obiettivo è ampliare i confini di queste zone che spesso implodono nella loro ridondanza».
Dalla testimonianza di Sabina Zappalà, introdotta dal segretario Giuseppe Messina – che ha percorso in lungo e in largo Librino, dalle sue origini a oggi – all’intervento di Rossella D’Angelo sui concorsi di progettazione delle periferie, a una vera e propria “Agorà” – moderata dal giornalista Leandro Perrotta – che ha messo al centro quei quartieri che danno forma ai desideri, sospesi sull’orlo di un precipizio, che vanno vissuti, attraversati, scoperti attraverso occhi, nomi, cuori di chi li abita e li vive. Un momento di confronto a cui hanno partecipato anche il direttore Urbanistica di Catania Biagio Bisignani, la presidente di Inarch Sicilia Mariagrazia Leonardi, il prof. del Dicar Maurizio Spina, il presidente dei Geometri Agatino Spoto.
L’evento si è concluso con il concerto di Mario Venuti, offerto alla città nel segno della condivisione.