Il 2 luglio sarà trascorso un anno dalla scomparsa di Daouda Diane, ma nonostante le denunce dei suoi compagni e l’apertura, in ritardo, di un’inchiesta della magistratura non ci sono colpevoli. Daouda sembra sparito nel nulla, ma il contesto in cui è maturato questo ennesimo crimine sul lavoro è ben visibile e largamente conosciuto. Daouda, infatti, è stato fagocitato da un vero e proprio Sistema di sfruttamento che in provincia di Ragusa cammina, come un mostro tentacolare, su tre gambe.
La prima, è l’ipersfruttamento ai limiti della schiavitù di migliaia di lavoratori e lavoratrici che quotidianamente portano avanti le attività più faticose e meno retribuite, da quelle agricole, ai lavori edili a quelli di cura alla persona che spesso, a causa di leggi emanate appositamente, sono costretti a vivere nella clandestinità e senza casa o diritti.
La seconda gamba è il contesto di omertà mafiosa, passività e connivenza (senza questo sfruttamento i profitti sarebbero molto inferiori) in cui si proteggono a vicenda interessi economici e imprenditoriali, della criminalità mafiosa e del potere politico clientelare e financo i piccoli tornaconti di singoli cittadini. In questa situazione sociale diventa quasi impossibile per i lavoratori organizzarsi e lottare adeguatamente per cambiare le loro condizioni di vita e di sfruttamento. In più, la deregolamentazione della legislazione sul lavoro e la mancanza di norme per impedire i bassi salari ha creato un mondo dove vige la legge del più forte e dove il caporalato è ancora una realtà pervasiva. Sebbene vi siano delle eroiche eccezioni come quella di Daouda e dei suoi compagni o come di alcuni straordinari sindacalisti.
La terza gamba coinvolge direttamente il livello istituzionale, nonostante anche qui lodevoli eccezioni di associazioni e sindacati, non vi sono controlli sulle condizioni di sfruttamento e di lavoro, non sono stati creati quei servizi minimi e non vengono garantiti quei diritti fondamentali che in teoria la Repubblica dovrebbe assicurare a tutte e tutti, specie se lavoratori. Invece, in tutta la provincia di Ragusa c’è un solo ispettore del lavoro e il diritto alla mobilità (per spostarsi anche sui luoghi di lavoro), alla casa ad avere scuole per i figli e luoghi di ritrovo sono un miraggio.
Insomma, pensiamo che il miglior modo per ricordare Daouda sia portare avanti le sue denunce e le sue lotte e creare le condizioni perché lo sfruttamento cessi e si sensibilizzi la popolazione a sostenere le lotte dei lavoratori.
Per questo come Rifondazione Comunista – Unione Popolare abbiamo depositato una proposta di legge che istituisce un salario minimo di 10 euro l’ora e stiamo raccogliendo le firme affinché il parlamento la discuta e, se le pressioni dal basso saranno abbastanza forti, la adotti.
In questo anno abbiamo ricordato Daouda il primo maggio alla grande manifestazione ad Acate e in tutte le occasioni possibili e lo continueremo a fare a partire da domani 2 luglio alle ore 16:00 partecipando alla riunione indetta ad Acate da USB e dai suoi compagni, perché la lotta per avere verità e giustizia per Daouda ci riguarda tutte e tutti.
Nicola Candido, Segretario regionale della Sicilia
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea