“Io direi che non deve esserci la guerra più che fare la pace, se potessi usare un’espressione geometricamente analoga ma un po’ diversa, è sbagliato pensare che ci debba essere conflitto. Il confronto va bene, può essere anche agonisticamente importante nella discussione sui temi della giustizia. L’articolo 101 della Costituzione dice che i giudici sono soggetti soltanto alla legge, quindi il parlamento scrive le leggi e i giudici le devono applicare. Dall’altra parte, la politica non deve ingerire nell’autonomia e nella indipendenza della magistratura protetta dall’articolo 104. Quindi ci vuole un reciproco rispetto e consapevolezza dei ruoli, purtroppo siamo stati abituati a qualche elusione di questi principi costituzionali”.
Lo ha detto Francesco Paolo Sisto, viceministro giustizia, a 24 Mattino su Radio 24.
Attacco delle procure? Tesi retroscenista che non mi convince
“Questa tesi retroscenista non mi convince affatto, il modo migliore per rispondere a chi vorrebbe inquinare i pozzi è andare avanti con le riforme e farle partire quanto prima possibile. Pensare che ci sia un complottismo di fondo a me sembra una perdita di tempo che può soltanto pregiudicare la rapidità del percorso verso la riforma. Io dico solo che se vogliamo realizzare una riforma scritta per i cittadini e per i problemi reali del Paese non ci dobbiamo distrarre, partiamo con i percorsi parlamentari, andiamo in fondo, democraticamente discutiamo in Parlamento e sarà una legge come tante altre. Se la magistratura, se l’Anm, vuole partecipare al dibattito sarà benvenuta. Se ci saranno delle critiche di cui il Parlamento terrà conto sarà una buona cosa ma ognuno a casa sua per usare un’espressione più semplice”.
Riforma Nordio non è risposta al caso Santanchè
“La modifica dell’informazione di garanzia nasce ben prima del caso Santanchè. È stata discussa al Ministero da mesi e si è giunti poi, io sono stato protagonista di queste discussioni, a una duplice modifica. Innanzitutto l’intestazione del 369 (c.p.p. ndr) a tutela del diritto di difesa. Questo è l’esordio della norma sull’informazione di garanzia che, finalmente, viene restituita al suo ruolo. Poi il Pubblico ministero dovrà finalmente descrivere sommariamente il fatto che viene contestato. Prima indicava soltanto i numeri delle norme che erano state violate. Quindi il cittadino può sapere perché è indagato e quindi cominciare a difendersi. Ma la cosa, diciamo, finale è che l’informazione di garanzia rientra tra gli atti del 114 secondo comma (c.p.p. ndr), cioè quelli di cui non si può dare pubblicazione e notizia. Quindi finisce, se questa tesi dovesse passare in Parlamento, la possibilità delle informazioni di garanzia notificate a mezzo stampa. Mi creda, il caso Santanchè è piombato successivamente a questa che era una scelta già chiarissima del Ministero e del Governo”.
Con riforma nome indagati solo a chiusura indagini
L’informazione di garanzia arriva prima ai giornali e poi all’indagato, non succederà mai più? “No, non diventa una cosa impossibile, diventa un reato, il 684 del codice penale, certo se uno vuole commettere un reato può pure pubblicarlo eh. Si dice che questo 684 sia un reato a pena blanda perché con poche centinaia di euro si può risolvere, ma attenzione perché la reiterazione può essere sanzionata dal giudice impedendo l’estinzione per oblazione. Secondo la norma che il Parlamento dovrà valutare se licenziare o meno, la pubblicazione dell’avviso di garanzia sarà possibile solo con la chiusura delle indagini. Il segreto non dipende da chi ti riferisce, il segreto è una norma a tutela della correttezza dei rapporti processuali, quella fondamentale è che serve a proteggere la correttezza del processo. Anche se c’è una volontà del privato di violare quel segreto, sarebbe comunque penalmente perseguibile pubblicarlo”.