Mi ha negativamente impressionato il recente intervento di quella ragazza al Giffoni Film Festival. “E’ possibile piangere per l’eco-ansia?”, Se lo ha chiesto Jacopo Coghe di ProVita & Famiglia, durante la sua rubrica “Restiamo liberi” insieme alla giornalista Martina Pastorelli, che hanno definito la performance della ragazza come un teatrino, una sceneggiata, che ha visto protagonista una giovane attrice Giorgia Vasaperna e il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin per far scattare sull’attenti i giornali di fronte al nuovo, pericolosissimo morbo che indebolisce i giovani della Generazione Z, quelli che sono più attivi nella lotta contro i cambiamenti climatici.
Certamente si tratta sempre di una narrazione sul clima da parte dei media che sta generando nuove ansie e fomentando vecchie ideologie come quella malthusiana: il mondo è sovrappopolato e l’uomo è il cancro del pianeta”.
Quella andata in onda al Giffoni festival è stata un’operazione di comunicazione manipolatoria, per la Pastorelli, che è la somma della narrazione che finora abbiamo visto, è la ciliegina sulla torta di una narrazione. In questa vicenda risuonano due parole: paura (la ragazza) e dovere (il ministro Gilberto Pichetto Fratin), il tutto corredato dalle lacrime di entrambi. Secondo la Pastorelli, questa operazione presenta tre messaggi sublimali, tutti dannosi: 1 Non fare figli, un invito non esplicito, carico di paura e tristezza. “Se per le paure e le ansie delle loro epoche i nostri antenati avessero rinunciato a mettere al mondo un figlio, l’umanità si sarebbe estinta”, scrive Antonella Gramigna su Atlanticoquotidiano.it
2 una contrapposizione tra generazioni, la giovane chiama in causa il ministro, che c’è cascato a pera e con la voce incrinata le ha risposto: «Ho la forza del dubbio, ma soprattutto, per la carica che ricopro, ho un dovere. Verso di voi e verso i miei nipoti». Certo il ministro dell’Ambiente poteva essere meno credulone, di fronte alla perfetta interpretazione della giovane. Che è attrice e che come ha svelato ieri su La Verità Patrizia Floder Reitter, fa «sceneggiate per mestiere». Dunque, trattandosi anche che il contesto era cinematografico, attoriale, interpretativo, forse Pichetto Fratin si sarebbe dovuto interrogare di più su chi fosse il lamentoso interlocutore ( molto simile a quello funebre degli antichi greci) che aveva di fronte.
Greta Thumberg in una manifestazione diceva: “come osate, voi adulti a farci questo, a toglierci la speranza, il futuro”. Il colpevole diventa l’uomo di una certa età. In pratica stanno alimentando uno scontro generazionale. 3 fattore, eco-ansia, si promuove una neo-patologia, come se già non ne avessimo abbastanza di problemi, il lavoro, i disturbi del dopo-pandemia. Bisogna creare un altro problema, hanno un’altra malattia. Sostanzialmente si crea una società del paziente permanente. In pratica, “dobbiamo confrontarci con l’eco ansia perché così è deciso dalle alte sfere. Ad ogni emergenza la sua malattia. E i sostenitori del cambiamento climatico di matrice antropica, alla bisogna ne hanno creata una dal nulla: l’eco ansia”. (Andrea Zambrano, Neologismi e climatismi. Eco ansia (o eco delirio?). Come ti creo una malattia ad hoc, 31.7.23, lanuovabq.it)
Naturalmente i giornali hanno subito preso la storia di Giorgia per imbastire la campagna dell’eco ansia come nuova peste che attanaglia le giovani generazioni. Una patologia che non è nemmeno considerata una condizione medica, ma come l’ha definita l’APA (American Psychological Association) una “paura cronica del destino ambientale”. Intanto al momento abbiamo conoscenza di un solo caso di autodiagnosticata eco ansia, quella dell’attrice ventisettenne. Piuttosto, “l’ansia climatica ha tutta l’aria di essere un prodotto confezionato ad hoc per orientare giudizi sul cambiamento climatico causato dall’uomo e soprattutto agire agire agire per la salvezza del pianeta”. Zambrano fa riferimento a un filosofo ambientale australiano Glenn Albrecht che ha definito l’eco-ansia nel 2011: «La sensazione generalizzata che le basi ecologiche dell’esistenza siano in procinto di crollare».
Tuttavia, per Zambrano, non siamo “di fronte ad un luminare della psichiatria, né ad un patologo di chiara fama, ma ad un filosofo che, con rispetto parlando, crea termini per identificare malattie che ancora non ci sono con lo scopo di affermarle nel dibattito mediatico e poi scientifico. Si prepara il terreno e poi basta incontrare sul cammino un’attrice ben addestrata e un ministro che coltiva la forza del dubbio, scordandosi però di innaffiarla di tanto in tanto, e il gioco è fatto”.
Pertanto, creata la malattia, ora serve una cura. E qui, sui siti specializzati (cliniche e psicologi di cui sopra pronti a ricevere eco ansiosi e a fatturare, anzi a eco fatturare) c’è tutta una casistica di interventi da fare che vanno dal partecipare a dei gruppi di attivisti del clima e – guarda caso – a rivolgersi ad uno psicologo. Anzi, ad un eco psicologo.
Sembra che la cura sia quella di ridurre l’esposizione ai media durante la giornata e non leggere le notizie negative che i giornali danno sul cambiamento climatico, sull’apocalisse imminente e sulla devastazione che l’uomo sta facendo della nostra casa comune. Il rimedio è quello di buttare il televisore, lo stesso che per implicita ammissione degli eco ansiosi genera l’ansietà climatica, in un circuito all’infinito che assomiglia al cane che si morde la coda.
DOMENICO BONVEGNA
dbonvegna1@gmail.com