Il Covid-19 non fa più paura, tuttavia occorre essere consapevoli che il virus continuerà a circolare e che si deve essere pronti ad assistere i soggetti infetti, soprattutto le popolazioni di pazienti fragili e defedati, affinché non vadano incontro a un’evoluzione della malattia, che metterebbe a rischio la loro salute e lo stesso funzionamento degli ospedali. È quanto discusso nel corso dell’evento “VENETO E COVID-19 NEL PAZIENTE A RISCHIO OSPEDALIZZAZIONE. Come ottimizzare i percorsi dalla diagnosi all’accesso alla terapia appropriata”, promosso da Motore Sanità e con il contributo incondizionato di Pfizer.
PERCORSI APPROPRIATI PER PAZIENTI A RISCHIO
“Il Covid-19 non è più una vera pandemia”, conferma Annamaria Cattelan, Direttore UOC Malattie Infettive AOU Padova; “conosciamo il virus, non siamo più a livello del 2020, ma siamo di fronte a un’endemia perché i casi continuano comunque ad esserci. Il nostro impegno è quello di evitare conseguenze gravi legate a questa infezione: ridurre quindi l’ospedalizzazione e la mortalità legata al Covid. Per far questo dobbiamo agire precocemente: abbiamo armi farmacologiche che stiamo mettendo in atto, come i trattamenti antivirali rappresentati da Nilmatrevir/ritonavir, Remdesivir ed anticorpi monoclonali e i dati di letteratura che abbiamo a disposizione ci dimostrano che affettivamente questi presidi terapeutici, se utilizzati nel paziente giusto e al momento giusto, sono in grado di ridurre in maniera significativa il tasso di ospedalizzazione e di mortalità dei soggetti a rischio. Molte sono le condizioni che determinano un aumentato rischio di progressione di infezione da Covid-19: l’età, le comorbidità, lo stato di immunodepressione e lo stato di vaccinazione. Il diverso peso in ogni soggetto di questi fattori, ovviamente, influisce nel determinare il rischio di progressione verso una malattia grave. Dobbiamo quindi cercare di identificare il nostro paziente che necessita della terapia precoce, al fine di ottenere i nostri obiettivi”.
IL RUOLO DEI MEDICI DI FAMIGLIA
“I medici di base continuano a essere in prima linea nella gestione del Covid-19, identificando i soggetti a rischio di progressione verso una malattia grave e fornendo cure adeguate”, continua Maurizio Cancian, Segretario SIMG Regione del Veneto. “L’identificazione precoce dei pazienti affetti da Covid-19 ad alto rischio si basa sul riconoscimento di fattori quali lo stato vaccinale, le comorbilità e lo stato di immunosoppressione. Grazie alla nostra esperienza con Covid-19, ora possiamo identificare con maggiore certezza i pazienti che presentano fattori di rischio per malattie gravi. Tra questi fattori, abbiamo osservato che l’età ha l’impatto maggiore, seguita da vicino dall’obesità e dall’immunosoppressione, dovuta a malattie o farmaci prescritti, insieme a condizioni mediche croniche come malattie polmonari, malattie cardiovascolari, malattie renali, anemia, diabete, tumori maligni generali e tumori ematologici. Anche la gravidanza è un fattore di rischio, considerato l’abbassamento delle difese immunitarie. Per questi pazienti, il trattamento antivirale precoce è fondamentale per prevenire la progressione verso una malattia grave. La gestione delle interazioni farmacologiche, in particolare con gli antivirali, costituisce una parte fondamentale della strategia di trattamento. La promozione della vaccinazione rimane una misura preventiva fondamentale. Oltre a ciò, l’educazione dei pazienti sul riconoscimento dei sintomi e la tempestiva segnalazione può facilitare un accesso rapido agli antivirali, sottolineandone l’importanza per un controllo efficace della malattia. Tuttavia, molti individui ad alto rischio con Covid-19 da lieve a moderato non ricevono il trattamento raccomandato. Le ragioni di questo divario potrebbero essere una sottostima della necessità di trattamento, così come l’incertezza su chi dovrebbe essere trattato, quando il trattamento deve essere iniziato e come determinare l’opzione terapeutica più appropriata. In realtà non è sempre facile applicare una linea guida nel setting delle cure primarie per la grande variabilità di situazioni, sia dal punto di vista clinico sia sociale e assistenziale. Da un lato ci può essere la preoccupazione per le possibili interazioni tra farmaci: molti dei soggetti a rischio devono assumere numerosi medicinali ogni giorno. Dall’altro anche la corretta assunzione di 3 compresse 2 volte al giorno può richiedere molto tempo per essere spiegata e compresa correttamente”.