Piove, governo ladro. L’antica battuta torna attuale. Se le prime stime parlano di mezzo miliardo di danni, al quale si aggiungono gli oltre otto miliardi dell’Emilia-Romagna, non è certo fuori luogo chiedersi quando Palazzo Chigi salderà il proprio debito con gli sfortunati cittadini colpiti da queste due tragedie. Mi auguro che almeno questa volta il premier e i suoi inefficienti ministri non gridino al complotto, qui la vicenda non è solo politica ma anche umana.
È il caso di parlarne in questi giorni, mentre si prepara la Finanziaria (scusate, sono vecchio, la chiamo ancora così), mentre si fruga in tutti cassetti nella speranza di trovare un’altra banconota da centomila per coprire i costi della manovra economica. Mentre ogni partito cerca disperatamente di piazzare una bandierina elettorale più che pensare ai reali problemi degli italiani. È ora che quei soldi da qualche parte debbano saltare assolutamente fuori. Quella gente, che piange su quello che non ha più, che ancora gira con un paio di stivali di gomma, quella gente va rispettata. È disgraziatamente toccata a loro, poteva succedere a chiunque di noi. Non dimentichiamolo.
Confesso, io non ho nulla contro il Ponte sullo Stretto. Temo solo sia una cattedrale nel deserto. Una grandiosa opera d’ingegneria, peccato che sia in Calabria che in Sicilia manchino tutte le infrastrutture. Nel senso che in auto o in treno passi il ponte e poi ti fermi perché manca tutto il resto.
Circa un mese fa il ministro Matteo Salvini ha annunciato che il costo dell’opera sarà di dodici miliardi. Trovo sia normale chiedersi con quale faccia il Governo annuncerà l’opera, già messa in bilancio, e continuerà a rimandare i pagamenti a chi ha perso tutto nelle alluvioni. Prima il risarcimento alle due Regioni, poi il ponte. Altrimenti sarebbe immorale.
Nicola Forcignanò