È stato definito “gentrificazione”, (termine che deriva dall’inglese “gentry” e significa alta borghesia, nobiltà, coniato dalla sociologa e urbanistica britannica di origine tedesca, Ruth Glass), quel processo di trasformazione urbana che indica il progressivo cambiamento socioculturale di vaste aree cittadine, un tempo appannaggio di numerose famiglie storicamente residenti, appartenenti sia alla classe operaia che alla classe media.
Famiglie, che vengono progressivamente rimpiazzate, perché non più in grado di sostenere economicamente il costo della vita (tasse e servizi) nei loro quartieri di origine. Si tratta quindi di un processo, in cui la questione di “classe” è al centro della strategia urbana, una sorta di “selezione dei residenti” con la sostituzione della popolazione autoctona (costretta a trovare soluzioni abitative più piccole nelle periferie estreme), con un’altra più benestante.
Oggi le nostre città stanno subendo la stessa trasformazione, attraverso il totale stravolgimento del territorio urbano e con esso il sistema socio-economico delle città. Le smart city, green e da 15 minuti, stanno prendendo forma sotto i nostri occhi, mediante scelte politiche calate dall’alto (Ztl, piste ciclabili, isole pedonali, parcheggi a pagamento limitazioni e divieti di circolazione), che danno l’illusione di appartenere a qualcosa di grande, di innovativo, grazie alla cassa di risonanza offerta dalla stampa mainstream, che sostiene apertamente il nuovo sistema.
Tutte scelte politiche, volte ad attrarre investimenti esteri e dei privati, facilitandone le speculazioni in cambio del risanamento di alcuni buchi di bilancio (che si riformeranno), che, grazie al sistema €U, non si riesce più a sanare se non attraverso l’impoverimento progressivo e continuo dei cittadini, costretti a svendere e abbandonare i propri luoghi d’origine. Mentre i politici, veri responsabili dello sconvolgimento del territorio, accrescono il proprio consenso proprio in quegli ambienti favoriti dalle speculazioni.
Decisioni politiche giustificate dalla nuova “ideologia “che racchiude in sé il peggio dei nuovi dogmi relativi a ambiente e sicurezza, e che apparentemente rendono certe decisioni più socialmente accettabili, mentre si comincia a vedere quella “migrazione interna” che dal centro e zone limitrofe, porta le persone a spostarsi verso le periferie più esterne. Proprio a causa delle scelte imposte e dei costi esorbitanti a carico dei cittadini, già vessati da tasse e orbelli vari, a cui non corrispondono servizi certi, efficienti e funzionali.
Senza considerare i problemi non indifferenti, che si verificheranno sul mercato immobiliare, snaturandolo e riconducendolo a pura speculazione, cosa questa che andrà a impattare direttamente sulle fasce di popolazioni più deboli e sulle famiglie meno abbienti, rendendo ancora più difficile l’acquisto o l’affitto della casa.
La “gentrificazione”, porta anche alla scomparsa dei piccoli e medi negozi “di prossimità” (stando ai dati evidenziati da Confcommercio, dal 2012 al 2021 hanno chiuso 85mila negozi al dettaglio e quasi 10mila attività di commercio ambulante, la mia città, Messina ne è testimone diretta), mentre in controtendenza proliferano le attività di ristorazione di street food, take away, lounge-bar e gelaterie che offrono prodotti a prezzi oramai, omologati, e alcune tipologie di alloggio, quali i bed and breakfast e gli appartamenti per soggiorni brevi (la new economy, che crea ricchezza ma non valore ed è qui che entra in ballo un altro processo quello della “turistificazione”).
E il paradosso è che, l’unica nota differente in mezzo a queste piccole attività legate quasi totalmente alla ristorazione e alla ricezione, è rappresentata dal logo di una multinazionale del lusso o di una grande catena (ristorazione, abbigliamento, etc.), in bella evidenza come a voler dare lustro e garanzie sulla appetibilità della zona. Col plauso dell’amministrazione pubblica.
Il frutto di queste scelte, che è sotto gli occhi di tutti, sarà per le città, la perdita definitiva della propria anima, quell’alchimia nata dalle tradizioni di chi ci vive da sempre e dalla forza rigenerativa delle iniziative create da chi ci arriva. Alle nostre città, si sta sottraendo il valore culturale, un patrimonio fatto di tradizioni, storia, luoghi e persone, differenti e per questo unico. E cosa pensate che succeda quando, chi viene da fuori finisce con l’allontanare o emarginare i residenti originari?
Oggi le città vengono gestite sempre più come aziende, manager e operatori privati sono incorporati nei processi decisionali, mentre i cittadini subiscono i cambiamenti imposti. I governi locali si comportano sempre di più come promotori urbani della globalizzazione, in un tipico sistema neoliberale dove la ricchezza il profitto e il “mercato libero”, la fanno da padroni. Sono esecutori materiali di padroni indiscutibili, ed è a loro e solo a loro che rispondono del loro operato, non anche ai cittadini, ai quali però, hanno chiesto il voto per governare. Bisogna cominciare ad affrontare questi problemi, prima che sia troppo tardi, rischiando di ritrovarci davanti a conflitti sociali nel cuore delle nostre città, mentre restiamo indifferenti davanti alle scellerate scelte politiche che limitano e negano i nostri diritti di italiani.
bilgiu