di ANDREA FILLORAMO
Il cosiddetto “nichilismo” comunemente indica ogni atteggiamento genericamente rinunciatario e negativo nei confronti del mondo con le sue istituzioni e i suoi valori, nonché un sentimento di generale disperazione derivata dalla convinzione che l’esistenza, dato il vero o presunto fallimento delle varie filosofie che hanno cercato di interpretarla, non abbia alcuno scopo, per cui non vi è necessità di regole e leggi.
Diciamolo con chiarezza: Il nichilismo, ma chiamiamolo come vogliamo, non risparmia proprio nessuno, attecchisce e spesso inconsciamente, ma anche consciamente, agisce nell’animo di tutti, vecchi e giovani, credenti e non credenti, uomini e donne; spesso costringe forzosamente a vivere dentro le sue spire, ne determina l’agire, si nasconde dietro le maschere ritualistiche del perbenismo, e della religione, rifugge dalla modernità ed esalta senza motivi ed ipocritamente quanto ci giunge dalla tradizione.
Occorre tenere conto che i mutamenti intervenuti in questi ultimi anni non sono stati superficiali, ma senza che noi ci accorgessimo, con una rapidità sorprendente, hanno trasfigurato e ridisegnato tutte le mappa – esclusa nessuna – del nostro quadro politico, economico, religioso e morale che a stento siamo riusciti a costruirci o che abbiamo ereditato molto spesso acriticamente dal passato.
L’evoluzione in atto, quindi, ha modificato e continua a modificare la planimetria del nostro campo visivo, riducendola a tal punto da dichiararci smarriti davanti alle pandemie, alle distruzioni, alle morti, alle guerre, alle disumanizzazioni, alle crudeltà, agli stupri, ai femminicidi, che tenevamo o volevamo tenere lontani da noi, pur sapendo che ciascuno è corresponsabile e che correvamo i rischi che ci cadessero da un momento all’altro, come del resto è avvenuto, addosso
L’eretico Nietzsche, alla fine dell’8oo, aveva preconizzato il nichilismo, con cui l’universo avrebbe perso il suo ordine, dove non sarebbe esiste più né il basso né l’alto né il dentro né il fuori. Egli aveva previsto la morte di dio ed aveva aperto la crisi verso il relativismo.
che comporta la fine dell’ottimismo teologico in cui il futuro era percepito come salvezza (ottimismo della tradizione giudaico/cristiana).
Ma c’è’ un’ancora di salvezza per ciascuno di noi?
Risponde Franco Volpi: “Il nichilismo ha corroso le verità e indebolito le religioni, ha anche dissolto il dogmatismo e fatto cadere le ideologie insegnandoci a mantenere quella ragionevole prudenza del pensiero, quel paradigma di pensiero obliquo e prudente che ci rende capaci di navigare a vista tra gli scogli del mare della precarietà… la nostra è una filosofia di Penelope che disfa incessantemente la sua tela perché non sa se Ulisse ritornerà”
Volpi parla di un’“etica del viandante” che può diventare un modello in un periodo di cambiamenti epocali e di de-territorializzazione.
Il concetto di etica del Viandante è stato ripreso da Umberto Galimberti, che fa osservare che essa si delinei come una prospettiva da adottare per salvare l’umano dal vicolo cieco in cui si è incastrato: caratterizzato dal nomadismo, il viandante ha coscienza del proprio transito temporaneo sulla terra e si apre a uno scenario cosmopolita e diversificato: denuncia la civiltà creata e normalizzata dall’Occidente – un tipo di società che si costruisce a scapito di altre, che calca le differenze e i confini nazionali – e soprattutto sostituisce all’etica antropocentrica quella «dove non l’uomo, ma la vita della Terra diventa la misura ultima di tutte le cose.
Scrive Galimberti: “Il viandante rinuncia al desiderio di trovare un senso all’esistenza e all’Universo, non se ne colloca più al centro e sceglie di condividerlo con chiunque altro. Si rende necessaria un’etica che ne sia all’altezza, quindi un’etica planetaria, che non si limiti a rivendicare una fraternità universale fra gli uomini, ma anche una fraternità estesa a tutti gli enti di natura, perché è in questa natura e non altrove che l’uomo può vivere (…) L’etica del viandante contiene molte cose: è in primis un manuale di filosofia, che traccia l’evoluzione dell’etica, della tecnica e del pensiero politico dai greci al nostro millennio. Contiene un’analisi attenta degli scenari economici e del dominio assoluto del mercato capitalistico sulle società occidentali contemporanee. Soprattutto, illustra una proposta concreta per porre fine al declino rovinoso che ha investito il pianeta, la difesa dei diritti umani e le democrazie: una proposta basata sul recupero del patrimonio culturale comune, sulla valorizzazione del pensiero critico e sul superamento di qualsiasi confine, ideologico, antropologico, geografico”.