Le carceri e le condizioni dei detenuti in questi giorni sono sotto i riflettori, a causa delle drammatiche immagini di Ilaria Salis giunte dall’Ungheria e dell’impietoso report dell’associazione Antigone.
I video della maestra italiana, che è detenuta dall’11 febbraio 2023 con l’accusa di lesioni aggravate nei confronti di alcuni manifestanti di estrema destra, in cui entra nell’aula di tribunale legata mani e piedi hanno fatto il giro del mondo, dopo che per mesi la famiglia ha cercato di attirare l’attenzione sulla iniqua detenzione della donna. Attualmente, Salis è rinchiusa “in condizioni incompatibili con uno Stato democratico e con le convenzioni internazionali sui diritti umani e sui diritti delle persone private della propria libertà”.
Condizioni disumane di detenzione sono anche quelle denunciate da Antigone nel breve report sulla situazione delle carceri italiane a fine 2023, come afferma Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione: “Lanciamo oggi l’allarme sul sistema penitenziario italiano, prima che si arrivi a condizioni di detenzione inumane e degradanti generalizzate. La politica ponga il tema del carcere al centro della propria agenda e accetti di discuterlo senza preconcetti ideologici o visioni di parte”. “Quello che notiamo – sottolinea Gonnella – è la crescita estremamente rapida del sovraffollamento penitenziario. Oggi i detenuti sono 60.000, oltre 10.000 in più dei posti realmente disponibili e con un tasso di sovraffollamento ufficiale del 117,2%, con una crescita nell’ultimo trimestre (da settembre a novembre) di 1.688 unità. Andando avanti di questo passo, tra 12 mesi, l’Italia sarà nuovamente ai livelli di sovraffollamento che costarono la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Edu”.
A destare preoccupazione è anche lo stato fatiscente di molti istituti, tra le altre cose nel 10,5% degli istituti visitati non tutte le celle erano riscaldate; nel 60,5% c’erano celle dove non era garantita l’acqua calda per tutto il giorno e in ogni periodo dell’anno. Nel 53,9% degli istituti visitati c’erano celle senza doccia; nel 34,2% degli istituti visitati non ci sono spazi per lavorazioni, nel 25% non c’è una palestra, o non è funzionante e nel 22,4% non c’è un campo sportivo, o non è funzionante.
L’esperienza diffusa dell’Uisp all’interno delle carceri italiane risale a circa quarant’anni fa, quando sono iniziati, in varie città, numerosi corsi e attività sportive rivolte a detenuti, con l’ingresso all’interno del carcere di tecnici ed educatori sportivi dei Comitati Uisp. Parallelamente hanno preso il via le prime manifestazioni sportive con la partecipazione di detenuti, personale penitenziario ed atleti esterni.
Le prime esperienze risalgono alla metà degli anni ’80, con attività a Bologna nel carcere Dozza, a Brescia a Canton Mombella, a Roma nel carcere di Rebibbia e nel minorile di Casal del marmo, a Torino nel minorile Ferrante Aporti. Altre esperienze, a partire dal 1985, si diffusero anche nelle carceri di Genova, Cremona, Mantova, Bergamo, Piacenza e Avellino. Da un convegno nazionale che l’Uisp organizza a Genova nel maggio 1987 prende il via un progetto a rete nazionale che coinvolge le varie città, dal titolo “Ora d’aria”.
L’obiettivo, oltre ad offrire attività sportive all’interno dell’area trattamentale come strumento ricreativo ed educativo, come forma di socializzazione e strumento di benessere psicofisico e di relazione, è sempre stato anche quello di mettere in comunicazione la realtà del carcere con l’esterno, favorendo le relazioni anche con il tessuto sociale cittadino. I primi rapporti nazionali e formali tra Uisp e Direzione generale Istituti di prevenzione e pena risale al 18 settembre 1990, grazie ad una lettera ufficiale che l’allora presidente Uisp Gianmario Missaglia inviò al dott. Nicolò Amato, direttore generale.
Dopo alcune sperimentazioni, nel 1990 prende il via “Vivicittà-Porte aperte”: la manifestazione nazionale dell’Uisp, la corsa podistica messaggera di pace e vivibilità in Italia e nel mondo, fa il suo esordio all’interno delle mura delle carceri. Si inizia in otto città, da allora l’esperienza non si è mai interrotta e nel 2015 sono state più di venti carceri che hanno ospitato Vivicittà.
Nel 1992 viene siglata la prima bozza di Convenzione nazionale tra Uisp e ministero di Grazia e Giustizia per le attività negli Istituti minorili, formalizzata nel 1992 e 1993 con specifici Protocolli d’Intesa. Nel 1997 viene formalizzato il primo Protocollo d’intesa tra Uisp e ministero della Giustizia-Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria). All’inizio degli anni ’90, le esperienze si allargano, grazie all’Uisp, anche ad altre città: Alba, Verona, Viterbo, Palermo e nelle province del Friuli Venezia Giulia. L’esperienza Uisp si estende in tutte le Regioni italiane.
Nel 1995 l’Uisp pubblica il libro “Le porte aperte – i ragazzi, lo sport, la società”, che raccoglie le esperienze di sport negli istituti minorili e nell’area penale di varie città, che nel frattempo si sono consolidate: Milano, Torino, Genova, Venezia, Trieste, Firenze, Bologna, Livorno, Modena, Roma, Cagliari, Sassari, Napoli, Bari, Lecce, Taranto, Catanzaro, Palermo, Catania, Messina. Vengono intervistati i dirigenti e gli operatori-educatori Uisp protagonisti degli interventi nelle carceri e, insieme a loro, i dirigenti degli stessi istituti. Le introduzioni al libro sono curate da Francesco malagnino, direttore Ufficio centrale giustizia minorile e Vincenzo De Orsi, dell’ufficio centrale della giustizia minorile. Nel 1998 l’Uisp pubblica il libro “Le porte aperte” con le esperienze promosse dall’Uisp negli istituti penitenziari (adulti).
In tutte le carceri e negli Istituti minorili l’Uisp interviene con attività sportive e motorie più tradizionali e con attività innovative, mettendo a disposizione la molteplicità di competenze dei suoi operatori, attenti a mettere al centro dell’attività la persona più che il gesto tecnico. Le attività dei Comitati territoriali Uisp sono sottoposte a un monitoraggio qualitativo e quantitativo da parte delle Istituzioni, delle Direzioni, degli educatori e dei Prap (Provveditorati Amministrazione Penitenziaria), in modo da offrire sempre azioni corrispondenti ai bisogni e sviluppare azioni in continuità e sostenibili negli anni. Altro elemento di qualità comune a tutti gli interventi è il coinvolgimento diretto della Polizia penitenziaria nelle attività, così come lo scambio continuo con atleti esterni, la partecipazione dei detenuti ad iniziative e manifestazioni sportive esterne e il coinvolgimento dei familiari nelle attività: lo sportpertutti in carcere è il centro dinamico di un sistema di relazioni altrimenti difficili.
Il progetto “Terzo tempo”, che ha preso il via nel 2012, è attivo in otto istituti minorili, ha il duplice obiettivo di offrire attività motorie e sportive ai ragazzi e migliorare gli spazi degli istituti, grazie alla realizzazione di interventi di riqualificazione e manutenzione. Il progetto è sostenuto dal ministero della Giustizia-Dipartimento giustizia minorile, insieme alla Fondazione con il Sud e a Enel Cuore.