De Luca … a me pare, a quanto pare, così è se vi pare … ieri ha inoltrato un endorsememt al Direttore del Fatto Quotidiano.
Nello stesso giorno in cui Sgarbi invia un messaggio di sfida a Marco Travaglio che definisce “essere inutile” e all’indomani della lezione di civiltà, di buon senso, di logica impartitagli da Cacciari … “il nostro” letteralmente gli scrive … “Gentile Direttore combattiamo la stessa cosa noi, il malaffare, la gestione politico mafiosa della cosa pubblica e onestamente mi stupisce questa acredine nei miei confronti. Sono sempre spero al dialogo.”
Cioè De Luca e Travaglio combattono la stessa battaglia!? Cateno … invece di irrigidirti se uno ti dà del “trasformista” … dovresti indignarti d’altro. Lo spiegherò in seguito.
Vedi … scriveva Giuseppe D’Avanzo, firma storica di Repubblica, nel 2008: «Il nostro amico (Travaglio ndr) sceglie un comodo, stortissimo espediente. Si disinteressa del “vero” e del “falso”. Afferra un “fatto” controverso (ne è consapevole, perché non è fesso) e lo getta in faccia agli spettatori lasciandosi dietro una secrezione velenosa che lascia credere. (…) Il “metodo Travaglio” e delle “agenzie del risentimento” è una pratica giornalistica che, con “fatti” ambigui e dubbi, manipola cinicamente il lettore/spettatore. Ne alimenta la collera. Ne distorce la giustificatissima rabbia per la malapolitica. È un paradigma professionale che, sulla spinta di motivazioni esclusivamente commerciali (non civiche, non professionali, non politiche), può distruggere chiunque abbia la sventura di essere scelto come target (gli obiettivi vengono scelti con cura tra i più esposti, a destra come a sinistra)». Quindi concludeva: «… io penso (ripeto) che la sana, necessaria critica alla classe politico-istituzionale meriti onesto giornalismo e fiducia nel destino comune. Non un qualunquismo antipolitico alimentato, per interesse particolare, da un linciaggio continuo e irrefrenabile che può contaminare la credibilità di ogni istituzione e la rispettabilità di chiunque».
Vedi Cateno, nell’articolo di Caporale si celava una antipatica e odiosa fotografia se non radiografia della politica siciliana tutta.
Non entro nel merito. “Diri nni vogggiu ma sentiri no”.
Come intendi ergerti a Governatore della Sicilia? Anche tu con … “un qualunquismo antipolitico alimentato, per interesse particolare, da un linciaggio continuo e irrefrenabile che può contaminare la credibilità di ogni istituzione e la rispettabilità di chiunque”???
Ah … Antonello Caporale nel 2009 definì Messina e Reggio… “cloaca”. Poi si pentì, senza difficoltà ad ammetterlo, dicendo che la definizione era stata truce e particolarmente inadeguata.
Ora, vedi uno all’altezza non si sarebbe indispettito per essere stato compreso nella categoria e nella cordata degli “impresentabili” vincenti contro gli “ineleggibili” in ring arbitrato da Presidente di gomma.
Avrebbe compreso che nel dileggio, nello scherno, nel disprezzo erano coinvolti tutto e tutti. Tutti i politici che siedono nell’assemblea più antica d’Europa e tutti noi siciliani. Avrebbe colto quel messaggio dissacrante scolpito in una apparente innocua parentesi.
Ecco il passaggio per cui incazzarsi … “nell’isola i consiglieri sono devotamente chiamati deputati in virtù del blasone costituzionale della casa madre”. Una non troppo velata offesa al nostro Statuto e al nostro status, all’ARS e al Popolo di Sicilia.
Quei 500.000 voti non ti serviranno a niente se … non cresci … non in ego … non in tesserati … non in incassi del 2×1000 … non in tecnica elettoralistica … non in organizzazione … non in gradimento o seguito social … ma in cultura politica.
Non sei fesso neanche tu .. ma se non cresci, eccetto quando avranno bisogno per audience di siparietti, sarai sempre censurato.
Ecco se non cresci quel popolo non lo potrai rappresentare.
Non abbiamo bisogno di uno fatto fesso in siparietti.
Emilio Fragale