Il 25 gennaio nei cinema italiani usciva “Povere Creature!“, controverso film del regista greco Yorgos Lanthimos con protagonista Emma Stone. Il messaggio femminista celato al suo interno non può passare inosservato. “Barbie“, il blockbuster di Greta Gerwig, rimanda al medesimo tema: i due film, sicuramente diversi tra loro, sono forse due facce della stessa medaglia, quella del femminismo.
Le protagoniste dei due colossal
Nonostante in una recente intervista per Variety il regista abbia dichiarato di non voler etichettare il suo “Povere Creature!” come un film femminista, la libertà della donna resta inesorabilmente un tema onnipresente. Emma Stone interpreta Bella Baxter, una bambina intrappolata nel corpo di una donna, in un viaggio all’esplorazione del mondo al di fuori della casa dove è stata creata dal padre Godwin (William Dafoe) in una Londra vittoriana futuristica. L’altra protagonista, opposta per certi aspetti ma analoga per molti altri, è Barbie (Margot Robbie), una bambola che parte per il mondo reale imbattendosi in una società completamente diversa da quella a cui era abituata: il patriarcato. I due film in questione, nonostante siano caratterizzati da registi, ambientazioni, attori e pubblici diversi, sono riconducibili a uno stesso tentativo di dare un’interpretazione al femminismo.
La libertà dalle etichette sociali
All’inizio entrambe le protagoniste sono rinchiuse nella loro “confezione di plastica” ignare della crudeltà e delle ingiustizie del mondo esterno, ingenue come due bambine. Questa loro fanciullezza si riflette anche nei movimenti: Barbie è fatta di plastica, e Bella, soprattutto nella prima parte del film, non riesce quasi a coordinare gli arti. Il risultato è una fisicità meccanica, quasi come se fossero corpi inanimati mossi da fili. E in effetti entrambe sono proprio controllate da un burattinaio: Bella da God e Duncan (Mark Ruffalo) mentre Barbie dai dirigenti (esclusivamente uomini) della Mattel. Queste figure maschili vogliono tenere le due eroine segregate, lontane dalla società così da impedirgli di conoscere il mondo e interagire con esso.
La consapevolezza del mondo reale
Ma a cosa è dovuto questo isolamento? Per capirlo basta pensare a come la crescita di Bella sia iniziata dopo aver scoperto il piacere sessuale, e a come il raggiungimento completo della sua maturità sia avvenuto solo dopo aver visto con i propri occhi la sofferenza dei meno fortunati. Sono le verità del mondo che la rendono più cosciente e la ispirano a distaccarsi dai suoi protettori. Analogamente, il personaggio di Margot Robbie appena messo piede nel mondo reale vede tutte le sue certezze crollare. Qui è l’uomo che comanda. È lui che può palpeggiare una donna per strada senza subire conseguenze (anzi, facendo arrestare la donna per essersi difesa). Secondo questa visione, è solo rimanendo all’oscuro del mondo reale che è possibile mantenere l’innocenza, continuando a far parte di un sistema illusorio creato appositamente per controllare la donna. È la loro intraprendenza a essere temuta, il loro riuscire a contrastare questi principi mostrandone al mondo (e allo
spettatore) l’insensatezza.
Lei può essere tutto ciò che vuole
Oltre alla sopracitata critica al patriarcato, nelle pellicole in questione spicca anche il tema dell’emancipazione femminile. La riflessione che ne deriva è sicuramente più esplicita e immediata in Barbie rispetto a quella velata e indiretta di “Povere Creature!” (che pone l’attenzione sulle convenzioni sociali in generale).
Già dalle campagne promozionali di “Barbie” questo aspetto era stato messo ben in evidenza. Un esempio è il poster sottostante, che recita: “Lei può essere tutto ciò che vuole” (lo storico pay-off della bambola) con annesso: “Lui è solo Ken“. Il messaggio è deliberatamente semplice. L’obiettivo è proprio quello di far capire alle bambine di tutto il mondo che il futuro è ormai nelle loro mani. Abbattendo i ruoli di genere e mirando alla parità tra i sessi (il cosiddetto femminismo), chiunque può diventare ciò che vuole. A Barbieland ci sono Barbie Dottoressa, Barbie Presidente, Barbie Scrittrice, Barbie Giudice e così via: quella che offrono è un’utopia a cui aspirare.
Persino “Povere Creature!” ambisce a questo trionfo femminile. Gli uomini nel film sono secondari, piccoli e ridicolizzati ,proprio come i Ken proposti da Gerwig, insignificanti e sottomessi alle Barbie. Nel finale a rimanere è Bella, una donna matura che sa ormai vivere nel mondo e aggirare le difficoltà, e che finalmente “può essere tutto ciò che vuole”. Allo stesso modo, Barbie accetta il mondo reale e si mette alla ricerca della sua identità, ormai più che cosciente delle ostilità e delle sfide che la attenderanno.
In fin dei conti, avere la libertà di affrontare il mondo e intraprendere la propria strada significa essere donna. Ed è questo che il femminismo nel cinema moderno vuole suggerirci.
Alice Poretti Donvito, studente IULM, collaboratrice Aduc