Una strage per lungo tempo silenziosa, che dal 2000 a oggi è costata la vita a più di tremila donne nel nostro Paese. I numeri dei femminicidi: in media in Italia ogni 2 giorni una donna viene uccisa dalla violenza di un compagno, un marito, un amico.
Ma davvero la principale minaccia per le donne sono gli uomini? Alla domanda risponderà Roberta Bruzzone, criminologa e psicologa forense, nel suo intervento “I peggiori nemici delle donne: tra dipendenza affettiva e stereotipi di genere”, a Cosmodonna, la fiera esperienziale dedicata all’universo femminile, in programma al Brixia Forum di Brescia dal 19 al 22 aprile.
“I peggiori nemici delle donne non sono tanto gli uomini, quanto le regole sociali, meglio note come stereotipi di genere, che illustrerò nel mio intervento – spiega Roberta Bruzzone -. Questi stereotipi “ingabbiano” le donne in una sorta di dipendenza affettiva, all’interno di ruoli estremamente precisi e purtroppo codificati, che spesso e volentieri le donne si convincono di dover rispettare ad ogni costo, anche a rischio della vita. L’ideale sarebbe trasformare gli uomini in alleati”.
Se l’uomo continua ad avere un atteggiamento oppressivo, ossessivo e violento, perché la donna fatica ad uscire da questa sorta di “dipendenza affettiva”?
“Si fa fatica a spezzare questa schiavitù perché buona parte delle donne, possiamo dire il 40%, e anche molto giovani, sono convinte che essere controllate voglia dire essere amate, confondono i piani di queste due condizioni e quindi fanno fatica a riconoscere dei segnali pericolosi. E questo avviene anche all’inizio di una relazione, perché quel senso di possesso, quel dire “sei solo mia”, quel controllo asfittico su ogni aspetto della sua vita, in realtà inizialmente gratifica la donna, la fa sentire amata. Ma tutto questo con l’amore c’entra ben poco”.
Perché le donne fanno fatica a parlare, a denunciare?
“Le donne sono state istruite a tollerare tutta una serie di condotte maschili, perché è stato detto loro che senza un uomo non possono stare, che quel legame va protetto a ogni costo, spesso anche a costo della propria vita”.
La violenza di genere è figlia di un certo terreno culturale. Cosa è cambiato, ammesso che sia cambiato qualcosa, nei comportamenti maschili?
“Si tratta di un problema che ancora oggi è largamente diffuso in tutti gli strati sociali e in tutte le regioni, oltre ad essere ampiamente rappresentato in tutte le classi anagrafiche. Non riguarda solo una porzione del nostro Paese, sarebbe pericoloso pensarla così. Oggi sta cambiando qualcosa, perché c’è una maggiore consapevolezza e disponibilità a parlare di questi temi. Prendiamolo come un dato positivo, ma siamo solo all’inizio di un cammino che indubbiamente è ancora lungo e impervio. Per uscire da questo tunnel dobbiamo entrare nella testa delle donne e degli uomini, e scendere così in profondità da riuscire a ricostruire fedelmente il percorso che li ha portati a sviluppare degli schemi comportamentali, valoriali ed educativi di chiara matrice patriarcale, anche loro malgrado”.
Spesso si dice: un tempo non era così. Corrisponde al vero? L’escalation di femminicidi è un fatto reale, o in passato succedeva comunque e se ne parlava poco?
“I dati sui femminicidi sono stabili da circa trent’anni. È evidente che c’è stata tutta una serie di cambiamenti a livello sociale e familiare: un tempo se ne parlava di meno, ora se ne parla di più. Ma non è un dato che cresce in maniera così esorbitante. Questa assenza di cambiamento significa che abbiamo perso troppo tempo, e questa non è una bella notizia.
“I peggiori nemici delle donne: tra dipendenza affettiva e stereotipi di genere” sarà uno dei tanti temi trattati nel corso degli eventi proposti da Cosmodonna. La fiera è stata infatti progettata per coinvolgere il pubblico in un’esperienza sensoriale a 360 gradi: non solo stand dedicati a beauty, wellness, fashion e salute, ma un “contenitore” di approfondimenti con ospiti di rilievo, seminari, esibizioni e molto altro per un’esperienza unica e coinvolgente.