Paolo Mieli, giornalista e storico di lungo corso, da qualche anno pubblica libri dove affronta non un solo argomento storico ma diversi insieme, secondo una discrezione sua personale. Durante la mia breve vacanza, ho letto il suo “Ferite ancora aperte. Guerre, aggressioni e congiure” (Rizzoli, 2022).
Il testo si occupa delle “lacerazioni mai rimarginate” della Storia, ed è la Prima sezione del libro. Nella Seconda affronta i “traumi quasi invisibili”; nella Terza sezione gli “squarci lontani”.
In queste sezioni Mieli affronta diversi temi, si parte dall’Ucraina di cento anni fa, per arrivare ad altri argomenti che lo storico selezione per i lettori. Tra i vari argomenti di Mieli segnalo la rivolta dei cattolici messicani dei Cristeros contro la persecuzione del governo massonico di Plutarco Elias Calles. Il giornalista a queste pagine da il titolo di “La Chiesa dei sacerdoti in armi”, citando il libro di Lucia Ceci, “La fede armata. Cattolici e violenza politica nel Novecento” e poi quello di Paolo Valvo, “Pio XI e la Cristiada. Fede, guerra e diplomazia in Messico (1926-1929)”. Naturalmente non sempre mi ritrovo con le tesi storiche esposte da Mieli.
“Le ferite del passato non si cicatrizzano mai”, scrive Mieli, una verità che vale per tutte quelle pagine sanguinose della Storia a cominciare dall’Ucraina di oggi, che viene da una frattura storica mai rimarginata. Sul tema ritornerò più avanti a descrivere il cosiddetto fenomeno dell’Holodomor.
Leggendo la seconda sezione mi soffermo sulle pagine di “Perché Federico di Svevia è nell’inferno di Dante?”. Qui Mieli per affrontare la spinosa e controversa figura di Federico II, si affida agli studi di Fulvio Delle Donne, “Federico II e la Crociata della pace” e ad altri testi di eminenti storici. Nella stessa sezione, lo storico prende in esame un’altra figura controversa del Medioevo: la contessa Matilde di Canossa (1046-1115). Probabilmente secondo Mieli è la donna più celebre del Medioevo. La più importante insieme a Giovanna d’Arco, vissuta tre secoli dopo. Matilde è conosciuta per aver fatto da mediatrice tra il papa Gregorio VII (di cui condivideva l’ideale di riforma della Chiesa) e l’imperatore Enrico IV, passato alla Storia per aver subito l’affronto di Canossa.
Con un brusco salto, Mieli li fa spesso, passa ad un’altra epoca, a “Quei ragazzi ardimentosi, che in odio ai padri, fecero il Risorgimento”. I “ragazzi” sono i fratelli Bandiera, Attilio ed Emilio, tanto celebrati dagli storici del Risorgimento italiano, mandati allo sbaraglio, a morte sicura, da Giuseppe Mazzini, che preferiva stava nelle retrovie.“Bravi ragazzi” che pensavano di fare la “Rivoluzione francese” nel nostro paese, cosa che non vollero fare gli Insorgenti, che si sono sollevati contro gli eserciti napoleonici.
Un altro capitolo importante meritevole di essere segnalato è quello delle “Migrazioni e sangue”, una sintesi delle ferite inferte a popoli interi, causati da migrazioni di massa a partire dall’antichità. Probabilmente Mieli vuole dirci che il fenomeno migratorio è vecchio come la storia dell’umanità. Anche per questo argomento si appoggia a un volume, quello di Massimo Livi Bacci, “Per terre e per mari. Quindici migrazioni dall’antichità ai nostri giorni”.
Con un altro “volo pindarico”, passiamo al racconto del fallito attentato dell’editore Giangiacomo Feltrinelli, al traliccio di Segrate. Il ricco editore, troppo aristocratico, che voleva fare la rivoluzione in Italia con strumenti non democratici, ma che non aveva trovato molti militanti disposti a combattere con lui.
Un ultimo tema affrontato nel libro è quello dello scioglimento della Corte Suprema russa di “Memorial International”, un’organizzazione non governativa che da anni si occupava della difesa dei diritti umani, ma che soprattutto documentava i misfatti dell’epoca in cui era al potere il Partito comunista dell’URSS. Era nata nel 1989, quando diventò presidente Sacharov che ha lavorato per il recupero della memoria di milioni di vittime del regime comunista (staliniano e poststaliniano). Il procuratore russo che ha chiesto la chiusura di Memorial ha accusato la Ong di aver creato “una falsa immagine dell’Urss come Stato terrorista”, nel tentativo di “inquinare la memoria della seconda guerra mondiale”, perseguendo la “riabilitazione dei criminali nazisti”. Uno storico come Boris Belenkin ha scritto che i “regimi russi si assomigliano tutti” e ha accusato Putin di voler usare la Storia mettendola al suo servizio per darsi un’identità che affonda le sue radici in quel passato in cui fu un agente del KGB. Il problema è grave secondo Mieli, anche qui “le ferite del passato”, stentato a cicatrizzarsi. Peraltro, nella Storia, “niente può considerarsi definitivo, per quel che attiene alla ‘guarigione’. E se queste ferite non guariscono, servono a farci capire che i problemi non si risolvono mai, una volta per tutte.
E’ un ragionamento che vale soprattutto per l’Ucraina. Mieli nel testo racconta come è nata la Repubblica d’Ucraina, durante la Rivoluzione bolscevica, con i vari protettorati russi, perlopiù uomini di Stalin, come Kaganovic e Nikita Chruscev, che poi diverrà il successore di Stalin.
Un periodo molto triste per gli ucraini è quello della carestia artificiale procurata dai soviet di Mosca al popolo ucraino. Un periodo chiamato Holodomor, un’espressione ucraina che deriva da moryty holodom, che significa “infliggere la morte attraverso la fame”. A partire dal 1929, in particolare negli anni 1932 e 1933, l’autorità sovietica ha annientato per fame circa sei milioni di ucraini. Mieli cita il volume di Anne Applebaun, “La grande carestia, La guerra di Stalin all’Ucraina”. Un testo che utilizza un imponente base di documenti e testimonianze dei sopravvissuti. Un altro volume è quello di Ettore Cinnella, “Ucraina. Il genocidio dimenticato 1932-1933”, il testo fa riferimento al Primo Piano Quinquennale del 1929 quando prese il via la campagna di espropriazione delle terre appartenenti ai cosiddetti Kulaki (proprietari terrieri) indicati come nemici di classe. Bisognava impartire una memorabile lezione ai “contadini”, infatti fu una collettivizzazione che colpì i piccoli coltivatori riducendoli alla fame, e alla morte. Secondo Yves Ternon, che ha scritto “Lo Stato criminale. I genocidi del XX° secolo”, il genocidio ucraino può essere paragonato a quello della Cambogia negli anni Settanta, compiuto dai Khmer rossi di Pol Pot. In entrambi i casi, sostiene Ternon, “un regime comunista che si dichiara minacciato da un nemico di classe cerca di distruggere parzialmente un gruppo nazionale che esisteva precedentemente”. Non solo ma penso che l’Holodomor dovrebbe avere la stessa dignità dell’olocausto ebraico, invece ancora oggi siamo molto lontani da un riconoscimento simile.
Ternon nel suo testo è abbastanza preciso nel raccontare il massacro del popolo ucraino, attraverso le requisizioni altissime del grano rispetto al resto della Russia. Un cordone di soldati alle frontiere isolava l’Ucraina dalla repubblica russa, allo scopo di mantenere il blocco economico. Intorno alle città si attuano degli sbarramenti per impedire ai contadini affamati di riversarsi in massa al loro interno. Naturalmente le frontiere sono state chiuse e bloccate tutte le informazioni. A qualche visitatore straniero si faceva fare un itinerario prestabilito e mostrata una Ucraina idilliaca, felice, soprattutto sazia.
“Le autorità – aggiungeva Ternon – si accaniscono sui contadini, privandoli di ogni mezzo per procurarsi del cibo”. Addirittura sono arrivati a distruggere la selvaggina, gli uccelli, i nidi”. In pratica, i contadini ucraini, “muoiono di fame accanto a silos pieni di grano sorvegliati dalla truppa”. In questo periodo si sono verificati casi di cannibalismo, Vasilij Grossmann nel suo testo, “Tutto scorre”, pubblicato in Russia, soltanto nel 1989, prima della caduta del Muro, racconta che c’erano quelli che “facevano a pezzi i morti e li cuocevano, uccidevano i propri figli e li mangiavano”. Naturalmente per Grossmann non erano loro i colpevoli ma le autorità comuniste di Mosca che avevano ridotto una madre al punto di mangiare i propri figli. Per la verità i casi di cannibalismo si sono verificati nella grande carestia causata dalla Rivoluzione comunista di Mao Tze Tung in Cina.
Mieli cita un altro libro sul tema che ha avuto un grande clamore negli USA e successivamente negli altri Paesi. Si tratta di “Ho scelto la libertà” di Viktor Kravchenko, pubblicato nel 1946. Allora la reazione dell’Urss è furiosa. Kravchenko è aggredito anche dai vari PC occidentali, soprattutto da quello francese, ne viene fuori un processo. Purtroppo gli storici di allora anche quelli non comunisti, non danno importanza alle denunce contenute nel libro di Kravchenko. Perché gli studiosi prendano coscienza di quel genocidio del ’32 ’33 si dovrà attendere altri quarant’anni dopo il processo Kravchenko e cinquant’anni dai fatti. Nel 1986, Robert Conquest pubblica un libro “Racconto di dolore. Collettivizzazione sovietica e carestia terroristica”. In Italia è stato pubblicato dopo altri diciotto anni nel 2004. Il libro di Conquest è fondamentale sia per chi intenda studiare la Storia dell’Urss e chi vuole capire l’Ucraina. Nel marzo del 2008 il Parlamento ucraino e altre nazioni (compresa l’Italia) hanno riconosciuto che l’Holodomor fu un genocidio di dimensioni epocali, nel quale Stalin e il gruppo dirigente sovietico ebbero una parte decisiva. Poi nell’ottobre 2008 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione nella quale ha definito l’Holodomor “crimine contro l’umanità”.
DOMENICO BONVEGNA
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