“Io so chi è, conosco il suo nome, quindi chi sta indagando sul rapimento di mia sorella lo rintracci e lo convochi. Alla Commissione parlamentare e alla Procura di Roma chiedo di ascoltarmi prima possibile perché ho elementi molto utili da fornire. Un appello al Vaticano, qualcuno informi Papa Francesco che il procuratore Diddi non sta facendo quello che il Pontefice ha chiesto espressamente: indagare su Emanuela Orlandi”.
Il prossimo 22 giugno saranno 41 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi. Il lavoro della Commissione Parlamentare Bicamerale d’inchiesta, della Procura di Roma e della Procura Vaticana va avanti ma non soddisfa Pietro Orlandi, il fratello della ‘vatican girl’. Se ne è parlato a “Crimini e Criminologia” su Cusano Italia TV.
Intervistato da Fabio Camillacci e Gabriele Raho, Pietro Orlandi nel ripercorrere questi 4 decenni ha detto: “Per me quarant’anni non sono passati. Cioè se io ripenso a quei giorni ho davanti a me giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno e gli anni passano, volano. Mentre i primi giorni, subito dopo il rapimento di Emanuela, un minuto durava un’eternità. Quindi, la Commissione Parlamentare d’inchiesta deve fare presto perché si è già perso troppo tempo tra i vari passaggi politici per la formazione tra Camera e Senato. E’ chiaro che questo rallentamento della Commissione Bicamerale è stato voluto dal Vaticano con i suoi numerosi tentativi di rallentarla, frenarla se non addirittura stopparla, inventando tantissime menzogne. Nonostante tutto devo dire di aver appurato che c’è la volontà da parte di alcuni parlamentari di fare le cose seriamente e velocemente. Bisognerà vedere se gli daranno la possibilità di agire. L’importante è che non decidano di ripartire da quello che io chiamo ‘l’anno zero’; perché se ripartiranno ad esempio dall’uomo dell’Avon che avvicinò mia sorella, diventerà impossibile trovare pezzi di verità. I parlamentari devono partire dalle ultime situazioni che secondo me sono quelle più importanti e potrebbero veramente permetterci di fare un passo avanti verso la verità. Ripartire ad esempio dal famoso incontro che il titolare dell’inchiesta Giancarlo Capaldo ebbe in Procura con gli emissari del Vaticano, i quali gli fecero capire di essere a conoscenza dei fatti e volevano consegnargli un fascicolo. Capaldo disse loro ‘se Emanuela è morta aiutateci almeno a trovare i resti’. Loro risposero ‘va bene, purché la Procura imbastisca una storia verosimile. Possiamo darvi un fascicolo dove ci sono i nomi di alcune persone che potrebbero aver avuto un ruolo importante, però oltre quei nomi non si può andare assolutamente, perché la verità non potrà e non dovrà mai uscire’. Poi c’è la questione dello scambio di messaggi WhatsApp tra due persone molto vicine a Papa Francesco. Senza dimenticare la pista di Londra che è quella più attuale. Ecco su questa pista non mi capacito di quanto accaduto. L’ex esponente dei Nar, amico di Fioravanti, Carminati e altri, con cui ero in contatto e che per un anno mi ha dato documenti, lettere e una foto della collanina che Emanuela aveva al collo il giorno che venne rapita, a un certo punto è sparito nel nulla; ha cancellato anche tutti i suoi account social. So come si chiama, so chi è, la Procura di Roma, quella Vaticana e la Commissione parlamentare dovrebbero rintracciarlo e convocarlo, ma, nessuno fa nulla, nessuno mi ha contattato per approfondire. Preferiscono continuare a indagare sulla solita trita e ritrita pista familiare che riguarda mio zio. Ecco, voglio far sapere a Papa Francesco che non riesco a incontrare in nessun modo, che la persona che lui ha incaricato di seguire l’inchiesta, ovvero il Procuratore Vaticano Alessandro Diddi, sta facendo esattamente il contrario di quello che aveva chiesto espressamente il Pontefice anche con una lettera inviata a me e al mio avvocato Laura Sgrò: indagare sulla scomparsa di Emanuela. Evidentemente, in Vaticano vige ancora l’invito fatto dalla Santa Sede allo Stato italiano due mesi dopo la scomparsa di mia sorella: ‘Non aprite una falla che difficilmente si potrà chiudere’. E un appello voglio farlo alla Commissione parlamentare: convocatemi prima possibile perché ho tanto materiale utile da fornirvi”.