Divampa la protesta nelle università americane degli studenti (pare che molti non lo siano) per Gaza e la Palestina libera, così dicono. A oggi si contano circa duemila arresti, soltanto negli ultimi quindici giorni nei soli campus universitari. Numeri da far rabbrividire, che restituiscono un’istantanea del difficile momento che vivono oggigiorno le università statunitensi (e più in generale occidentali). Manifestazioni che stanno completamente degenerando in azioni tutt’altro che pacifiche, fino a costringere le forze dell’ordine a sgomberare le varie università occupate illegalmente.
Con il passare dei giorni la situazione si fa sempre più incandescente, il clima più intollerante, il dissenso più violento. A godere ad avvantaggiarsi di questo caos è ovviamente l’Iran, “che continua a fomentare i gruppi universitari allo scopo di destabilizzare l’Occidente e aumentare la pressione sugli Usa (e di riflesso su Israele) attraverso infiltrazioni nel mondo accademico vicino agli ambienti culturali della sinistra turbo-progressista. Il risultato è un irrazionale indottrinamento ideologico pro Islam che non ha precedenti nella storia dell’Occidente e un viscerale odio antisemita e antioccidentale” (Salvatore Di Bartolo, “Gli studenti che okkupano? Vadano a studiare in Iran. E poi vediamo”, 5.5.24, nicolaporro.it)
A questo punto scrive polemicamente il giornalista, se i militanti filopalestinesi, americani ed europei, soffrono in tal maniera l’autoritarismo e le condotte delle democrazie occidentali, e si sentono, al contrario, così a loro agio sotto l’ombrello delle tolleranti repubbliche islamiche, accettino l’invito degli iraniani, disposti (almeno a parole) ad accoglierli a braccia aperte. Cedano al corteggiamento degli ayatollah: “Venite a studiare da noi”, eretti a nuovi paladini delle libertà. Riporto uno dei tanti commenti all’articolo: “Mandarli in Iran? Quale crudeltà! Senza “movida”, senza droghe, senza poter intingere il biscottino se non dopo sposati, senza poter prendere a bastonate la polizia, suvvia!”.
Giulio Meotti presentando un suo servizio racconta che poco prima di morire, Roger Scruton gli raccontò, “Chi sono i cattivi maestri che hanno fatto il lavaggio del cervello alla nuova generazione occidentale che si è schierata con i tagliagole e agita le bandiere con i versetti del Corano. Un accademico ora scrive dagli stessi campus infestati dal nichilismo: “Dove i boomer vedono il riflesso del 1968, io vedo le ombre del 1938“.
Anche Federico Rampini è convinto che ci sia “nell’aria un nuovo Sessantotto. A temerlo è soprattutto il partito democratico, visti i precedenti. Nel Sessantotto «originale» c’era la guerra del Vietnam; oggi c’è Gaza […]La protesta si radicalizza, si rinnovano gli atti di antisemitismo e le aggressioni contro studenti ebrei. La solidarietà con il popolo palestinese, l’indignazione per la tragedia umanitaria in atto nella Striscia, spesso si accompagna ad un aperto sostegno alla violenza di Hamas. Quando il 13 aprile l’Iran lanciò 350 missili e droni alla volta d’Israele, in un raduno giovanile americano la notizia provocò subito un boato di entusiasmo (s’ignorava in quel momento che il bombardamento non avrebbe quasi fatto vittime)”. (Dietro l’America in piazza, 25.4.24, Corriere della Sera)
Sempre dal sito di Nicola Porro, ho trovato un’interessante lettera di un lettore, “Prima ancora della pace, a cui sicuramente tutti anelano, bisogna ottenere la libertà. Anche Putin vuole la pace, l’Iran, ma la pace non può esistere senza libertà. Non bisogna combattere per la pace, ma per la libertà.
Pertanto, gli studenti che manifestano “Free Palestina”, nelle università, nelle piazze, sbagliano, sono fuori strada. La libertà del popolo palestinese non l’avranno mai dato che i Palestinesi sono schiavi di Hamas, non di certo di Israele, e di tutti quei paesi Arabi, Iran in testa, che non hanno mai visto di buon occhio la fondazione di uno stato Palestinese libero, contrastandola dal 1947 in poi ( ovviamente addossando le colpe su Israele). I giovani studenti non conoscono la storia, sono ignoranti. Anche poco fa a “StaseraItalia” a Rete 4 di Mediaset, una studentessa che manifesta a Bologna, si è espressa di manifestare anche per Hamas, perché sta resistendo a Israele. Gridando per una effimera pace a Gaza non fanno altro che mostrare il loro odio antisemita, non arrivando mai a focalizzarsi sul vero problema e quindi non riuscendo mai a trovare una soluzione, che è quello che vogliono i terroristi: lasciare le cose invariate e colpevolizzare Israele. Sulla questione dell’antisemitismo, segnalo una interessante provocatoria riflessione di Francesco Teodori, (“A questo punto all’università fate studiare solo il Mein Kampf”, 5.5.24, nicolaporro.it) Teodori fa una proposta provocatoria a tutti i Magnifici Rettori: “basta con i testi classici, occorre fornire una valida base culturale agli studenti antisemiti”.
Frasi quali “Israele stato genocida” hanno bisogno del sostegno culturale che solo un’opera come il Mein Kampf può dare. Così Teodori fa alcune citazioni tratte dal testo per dimostrare quanto ha affermato: “[L’Ebreo] non è mai stato un nomade ma sempre un parassita nel corpo delle altre nazioni.” Non è forse questo un concetto simile a ciò che sostengono i più fanatici manifestanti quando affermano che gli ebrei esistano “parassitando” una nazione non loro e per giunta rubata a chi vi risiedeva prima? E ancora: “La sua diffusione nel mondo è un fenomeno tipico di tutti i parassiti; sta sempre cercando cibo fresco per la sua razza”. Pare essere un riferimento alla natura rapace dello stato di Israele verso i poveri palestinesi perseguitati. Sarà per questo che Hitler era così in amicizia con il Gran Muftì di Gerusalemme, suprema entità religiosa palestinese. C’è altro materiale da cui attingere, sempre dalla penna del dittatore tedesco. Se si legge con attenzione la Lettera Gemlich, scritta da un giovane Hitler, è possibile ricavare molte utili citazioni per i nostri studenti. Ad esempio: “Tutto ciò che gli uomini perseguono come un obiettivo più alto, sia esso religione, socialismo, democrazia, per l’ebreo significa solo un fine, il modo per soddisfare la sua brama di oro e dominio.” E poi, come crescendo finale: “L’obiettivo ultimo deve, tuttavia, essere l’irrevocabile rimozione degli ebrei in generale.”
Sembra davvero una versione colta del ricorrente “Free free Palestine!”, cioè si caccino via gli ebrei da quella terra una volta per tutte. Ecco, se le masse studentesche prendessero a riferimento le opere di Hitler e le citassero nei loro slogan, la protesta assumerebbe certamente toni più elevati. Considerando che i pensieri e i concetti sono assai simili a quelli del più acceso antisemitismo di stampo nazista, tanto vale far studiare loro la versione originale.
Dunque rivolgendomi ai Magnifici Rettori chiedo: inserite nei programmi di studio il Mein Kampf e le opere di Hitler quali validi strumenti per acculturare gli studenti, di modo da fornire una valida base culturale per le loro proteste antisemite. Un’altra richiesta, sempre rivolgendomi ai Rettori: smettetela di ospitare i sopravvissuti ebrei dell’Olocausto per delle testimonianze o per spiegare che cosa sia davvero un genocidio. È evidente che essi hanno fallito. Le loro parole si sono perse nel vento dell’emotività. Non servono più.
DOMENICO BONVEGNA
dbonvegna1@gmail.com