Il precedente intervento che ho pubblicato trattava degli studenti (?) universitari che stanno manifestando contro Israele e praticamente a favore dei terroristi di Hamas. La direzione di Fb per ben due volte mi ha avvisato di NON postare l’articolo, perché non rispetta gli standard, le regole del “pastificio”. Sono curioso di vedere se anche per questo intervento accade la stessa cosa.
Ieri Il Giornale ha pubblicato una lettera (“Giovani strumentalizzati e inconsapevoli”: la lettera da Israele che stronca i manifestanti pro Gaza, 8.5.24) di una professoressa dell’università di Tel Hai, Angelica Edna Calo Livne, una testimonianza che racconta quello che sta succedendo in Israele, in particolare nel Nord del Paese, dove i missili di Hezbollah, piovono sulle case dei cittadini inermi.
In poche righe, la prof ha rivolto un appello agli attivisti pro palestinesi che manifestano negli atenei italiani. “Vi scrivo da una stanza blindata a un km e 200 metri dal Libano, davanti alle cittadine di Rmesh, Marun el Ras e Yarun da dove in questo preciso momento Hezbollah lanciano missili mortali sulla mia casa nel Kibbuz Sasa in Israele. Vi scrivo affinché le studentesse incatenate davanti alla Sapienza, dove ho studiato sociologia quasi cinquant’anni fa, e gli altri studenti che si aggregano alle manifestazioni propal capiscano per chi stanno dimostrando, affinché si rendano conto del grado di strumentalizzazione delle quali sono ignare vittime”. La docente scrive che questi studenti stanno manifestando e inneggiando “a morte e distruzione, fomentati da un odio insano e inspiegabile, a favore dei terroristi di Hamas, esseri inumani e satanici che dall’alba del 7 ottobre 2023 hanno perpetrato crimini inenarrabili su neonati, donne incinte, vecchi e ragazzi, perfino sui loro animali domestici”. Mi fermo con il racconto, vi evito alcuni particolari raccapriccianti. Inoltre, la docente invita a far sapere a tutti gli studenti, ai suoi colleghi docenti “che all’Università di Tel Hai, dove io insegno, non si può entrare perché è bombardata giornalmente dagli Hezbollah che annunciano ogni giorno che ci sarà un altro 7 ottobre. Mostrate loro le immagini dei bambini di Beeri, di Nir Oz e degli altri kibbuz del sud di Israele, rapiti in motocicletta e gettati in pasto ai loro coetanei nelle piazze di Gaza, che li hanno lapidati al grido di Allah Uakbar e Itbach El Yahud, Allah è Grande e Morte all’Ebreo!”.
La docente israeliana denuncia l’ennesimo imbroglio dei dirigenti propal per conquistare gli ingenui adottando spudoratamente la parola «genocidio», è uno “slogan perfetto per distorcere la verità, per camuffare l’intento di cancellare con la forza tutti i cittadini israeliani from the river to the sea da un fazzolettino di terra, invisibile sulle carte geografiche, riconosciuto nel 1947 dall’ONU, come Stato, accanto allo Stato palestinese che i leader hanno preferito non creare mai per poter sfruttare le ingenti donazioni da tutto il mondo a scopi personali e creare una bomba a orologeria di civili palestinesi scudi umani”. In conclusione la prof scrive: “Stare dalla parte dei terroristi di Hamas contro Israele e contro il popolo palestinese da loro sfruttato e strumentalizzato è un’offesa all’umanità, ai valori di solidarietà, compassione, aiuto reciproco e rispetto per ogni creatura umana”. Sugli studenti che manifestano ci sono diverse perplessità, qualcuno vede un nuovo ’68, altri no, come il professore Capozzi, le sollevazioni anti-Israele, filo-Hamas e antisemite nelle università statunitensi ed europee dimostrano il fallimento di tutto il sistema formativo occidentale, dove da decenni la cultura è ridotta a indottrinamento ideologico estremista contro le basi stesse della nostra civiltà, nutrito da un odio di sé profondo e atavico. Ma evidenziano anche come la massiccia immigrazione islamica produca ormai un’influenza pesante del radicalismo fondamentalista e integralista sulle società occidentali, condizionandone la politica e minando le basi della democrazia liberale.
Quegli studenti sono, insomma, i figli di molte generazioni di “cattivi maestri”, dal ribellismo anarcoide di Marcuse alla teoria della “decostruzione” di Derrida, alla sistematica riduzione della razionalità occidentale a manipolazione culturale e psicologica teorizzata da Foucault e dei suoi tanti emuli. Maestri hanno imposto, un dibattito ridotto, scrive Capozzi, “a puro appello emotivo, moralistico, ricattatorio, fondato su paradigmi vittimari e vittimistici […] E in particolare, oggi, spiega la loro riduzione della questione mediorientale e arabo-israeliana a una grottesca favoletta manichea in cui un cattivo irredimibile e usurpatore animato da “razzismo sistemico” (lo Stato ebraico) vorrebbe schiavizzare o eliminare una popolazione di vittime sacrificali inermi: cioè gli arabi dei territori palestinesi, dipinti tout court come depositari di una identità nazionale di cui nella storia precedente non vi è traccia. (Il caos nelle università figlio della penetrazione islamista, 6.5.24, lanuovabq.it)
Capozzi evidenzia come il movimento antisemita anti-israeliano in corso sia composto soltanto in parte da studenti:“molti tra gli arrestati e identificati nelle occupazioni degli atenei americani, e molti dei partecipanti alle più aggressive manifestazioni da un lato e dall’altro dell’Atlantico, sono militanti di organizzazioni estremiste, spesso proprio islamiche”. Inoltre, “La particolare virulenza di queste proteste (come già delle grandi manifestazioni anti-Israele tenute nei mesi scorsi in molte grandi città europee) va vista dunque anche come la conseguenza del progressivo aumento della percentuale di immigrazione islamica nei paesi occidentali”. Infatti è interessante oggi l’articolo di Andrea Indini su Il Giornale, (La madre del woke contro il suo popolo, 9.5.24)
“L’immagine che più di tutte racconta il cortocircuito dell’Occidente è quella che fotografa una schiera di universitari inginocchiati ad Allah. Tutti quanti raccolti in preghiera accanto ai compagni di università musulmani. Loro, che fino a qualche giorno fa si battevano per la causa arcobaleno, sognavano la rivoluzione green e professavano l’ideologia woke, oggi si fanno discepoli di Maometto in nome della causa palestinese. Non una conversione di massa, per carità, ma una genuflessione illogica ad una falange terroristica, Hamas, che vorrebbe radere al suolo Israele e tutto l’Occidente”. E questo è successo proprio in una delle università più woke e gender fluid degli Stati Uniti, la Ucla. Università della California, Los Angeles. Capofila della protesta contro il «regime sionista», assieme ad altri atenei come Harvard, Yale e Columbia. Le parole d’ordine: boicottare, disinvestire e sanzionare. Chi? Naturalmente Israele. Così anche nelle università italiane troviamo i «tendisti», che “lo scorso autunno protestavano contro il caro affitti per non morire da pendolari, ora indossano la kefiah e sposano la sanguinaria «resistenza» di Hamas”. Indini vede diversi “corto circuiti” in queste manifestazioni, come la presenza di Patrick Zaki e Judith Butler, quest’ultima, docente all’università di Berkeley, di origine ebraica, dove insegna teoria critica da tre decenni, è una delle fondatrici della teoria queer nonché una delle figure di riferimento del mondo femminista. È stata lei, dopo aver a lungo lottato per i diritti degli omosessuali e dei transessuali, a prostrarsi alla causa dei terroristi di Hamas tuonando contro il genocidio israeliano ai danni dei palestinesi”. Indini conclude il suo intervento con una amara riflessione:
“Che a sostenere una formazione terroristica che teorizza lo sterminio degli ebrei ci sia anche una come la Butler, nata da una famiglia russo-ungherese i cui parenti sono morti durante l’Olocausto, la dice lunga sullo stato di salute mentale dell’Occidente. Che a sostenere un gruppo di tagliagole tutt’altro che disposto a garantire i diritti alle donne e più in generale alle minoranze ci siano studenti turbo-progressisti la dice altrettanto lunga sull’autolesionismo dell’Occidente”.
DOMENICO BONVEGNA
dbonvegna1@gmail.com