Nell’ultima settimana la società civile tunisina ha denunciato la deportazione di 400 persone migranti e richiedenti asilo, confermata anche dal presidente Saied durante un consiglio nazionale.
I rastrellamenti sono partiti dai campi allestiti nella capitale, due dei quali si trovano davanti alle sedi delle agenzie delle Nazioni Unite per i rifugiati e per le migrazioni; le persone sono state successivamente trasportate e abbandonate in zone periferiche e al confine con l’Algeria e la Libia, prive di cibo e acqua. Nell’annunciare le deportazioni, Saied ha fatto nuovamente riferimento a un presunto piano di sostituzione etnica in Tunisia[1], una dichiarazione in linea con la campagna razzista e xenofoba lanciata nel febbraio 2023 che ha dato il via a un’ondata di arresti e violenze contro le persone di origine sub-sahariana.
Il 10 maggio il Comitato ONU per i diritti umani ha accolto la richiesta di misure di urgenza a tutela di un gruppo di rifugiati e richiedenti asilo di nazionalità sudanese, tra cui minori e individui bisognosi di cure, abbandonati al confine con l’Algeria. Nonostante l’ordine di protezione intimato alla Tunisia, l’11 maggio i ricorrenti hanno riferito di essere stati arrestati dalla Garde Nationale e da allora non si hanno più notizie del gruppo. Alla persecuzione si sono aggiunte intimidazioni e minacce a danno di attivisti e organizzazioni della società civile: tra il 3 e il 6 maggio scorso sono stati registrati numerosi fermi e arresti arbitrari. Con violenza inaudita, sabato 11 maggio, l’avvocata e opinionista Sonia Dahmani, è stata arrestata da uomini a volto coperto entrati all’interno della camera penale di Tunisi mentre erano in corso delle riprese di France24.
L’ondata di violenze di questi giorni è un’ulteriore preoccupante conferma e l’ennesimo tragico effetto delle politiche di esternalizzazione delle frontiere e del controllo securitario della migrazione. Il Memorandum della scorsa estate tra l’UE e la Tunisia, che prevede l’allocazione di 105 milioni prevalentemente per il controllo della migrazione, le numerose visite della Presidente Meloni intervallate da allocazione di fondi ed equipaggiamenti per controllare le partenze, mostrano ancora una volta la strumentalizzazione della questione migratoria.
Per questi motivi ASGI, ARCI, ActionAid, Mediterranea Saving Humans, Spazi Circolari e Le Carbet hanno impugnato il decreto di cessione di altre 6 motovedette disposto dal Ministero dell’interno italiano a favore della Guardia Nazionale tunisina. In mattinata è prevista la seconda udienza di fronte al Tribunale amministrativo regionale del Lazio che dovrà esprimersi sulla legittimità dell’operazione.
Il governo italiano ha gravissime responsabilità nel sostegno offerto a Saied. Inoltre, tutto questo accade all’indomani della pubblicazione del decreto che aggiorna la lista dei cosiddetti “paesi sicuri” – una misura che ha dirette conseguenze sui richiedenti protezione provenienti da quegli Stati, che rischiano quindi di essere sottoposti a procedure più rapide e con minori garanzie e, di conseguenza, essere più esposti al rischio rimpatrio. La nuova lista riconferma la presenza della Tunisia, nonostante numerosi rapporti e documenti, tra cui le comunicazioni di diversi organi delle Nazioni Unite, dimostrino che il Paese nordafricano non possa essere considerato sicuro ai sensi del diritto internazionale.
“Ribadiamo fermamente la necessità che il governo italiano e l’UE interrompano immediatamente ogni forma di collaborazione con la Tunisia mirata a favorire il trattenimento, il rimpatrio e il respingimento delle persone in un paese in cui rischiano di subire violenze e persecuzioni, e che invece si impegnino a incentivare la tutela dei diritti fondamentali e vie d’accesso sicure all’Europa” dichiara Antonio Manganella, Direttore regionale Euromed di Avocats Sans Frontières.