Secondo il “Global Report on Internal Displacement” (1), pubblicato in questi giorni, a fine 2023 75,9 milioni di persone sono sfollate in 116 Paesi, il più alto numero mai registrato, +51% in cinque anni. Circa 20,5 milioni per guerre e violenze e circa 26,5 milioni per disastri naturali.
I cinque Paesi maggiormente coinvolti a causa di guerre e violenze (vedi grafico) sono stati: Sudan (6,04 milioni), Repubblica Democratica del Congo (3,77), territori palestinesi (3,44), Myanmar (1,30) ed Etiopia (0,79). Se aggiungiamo quelli sfollati in precedenza, si arriva a 68,3 milioni.
Gli sfollati per calamità naturali (inondazioni, tempeste e terremoti), registrano numeri da paura in Cina (4,70 milioni), Turchia (4,05), Filippine (2,59), Somalia (2,04) e Bangladesh (1,79).
Questi dati ci aiutano a meglio comprendere cosa accade nel mondo e, soprattutto, la dimensione del fenomeno di migrazioni non volontarie.
Soprattutto per questi ultimi mesi, dove siamo tutti impressionati dagli sfollati palestinesi dalla Striscia di Gaza, che ci sembrano essere il centro mondiale di questo tipo di migrazioni… ma non è così. La situazione è molto, ma proprio molto più grave. I palestinesi hanno un “buon” terzo posto, ma sono “solo” quasi la metà dei sudanesi e “solo” un po’ meno dei congolesi. E quasi un milione in meno dei turchi, anche se questi ultimi sfollano per terremoti.
Gli sfollamenti involontari (e a loro modo anche quelli volontari) non sono un esempio di buon governo locale, e per le responsabilità passate ed attuali che Paesi stranieri hanno avuto ed hanno sugli specifici territori. Sono un disastro, tutto politico. A causa di guerre, a cui alla politica si aggiunge l’ideologia, A causa di calamità… chè sfollamenti del genere, per esempio, non ci sono in Giappone dove i terremoti sono tra i peggiori al mondo. o in Europa, dove in questi ultimi anni non siamo esenti da inondazioni epocali.
Oltre alla precarietà del Pianeta, compromessa e aggravata dal fattore umano, dobbiamo valutare le nostre precarietà umane, politiche e culturali.
Gli oltre 6 milioni di sfollati del Sudan per causa bellica, anche se i nostri media non ne parlano, esistono: ogni sudanese che abbandona il proprio territorio non può che rivolgersi a noi per cercare di sopravvivere. Mentre i nostri media aprono i tg con gli studenti che mettono le tende filo-Hamas davanti alle università, o con il bla-bla sul cosiddetto piano Mattei del nostro governo per aiutare l’Africa. Piano per cui, a parte i salamelecchi tra nostri premier e ministri coi governanti dei Paesi di questo continente (sempre responsabili dei disastri dei loro territori) nessuno sa cosa possa essere.
Per informarsi, a parte rare nicchie italiane, ci sono i media non-italiani (soprattutto francesi, inglesi e americani)… ma anche questi, non sempre esaustivi, sono nicchie, anzi nicchie delle nicchie… e l’immaginario collettivo – di noi e del mondo – ruota in modo claudicante su palestinesi e ucraini, Questi ultimi – pur se fuori dalle statistiche spaventose che abbiamo riportato – solo perché sono a due passi da noi e perché diversi rifugiati ce li abbiamo in casa.
Siamo italiani, siamo europei e viviamo nel mondo globalizzato, ma abbiamo l’impressione che sia ignorata la realtà a cui ci riferiamo per le scelte collettive ed individuali. I media italiani non ci aiutano, anzi. Facciamone tesoro.
Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc
1 – https://www.internal-displacement.org/global-report/grid2024/