Rho – Decine di persone hanno partecipato alla cerimonia voluta dall’Amministrazione comunale di Rho per ricordare Giacomo Matteotti a cento anni dalla sua barbara uccisione per mano di squadristi fascisti.
In via Matteotti 32, sotto la targa che ricorda il nome della strada, un tempo via Roma, è stata svelata una targa che riporta la seguente scritta:
“Dopo avere denunciato in Parlamento violenze, illegalità e brogli elettorali, il 10 giugno 1924 veniva ucciso da una banda di sicari fascisti Giacomo Matteotti, organizzatore delle leghe bracciantili, deputato socialista. A cento anni dalla sua morte l’Amministrazione comunale ne ricorda il sacrificio per la libertà, i diritti e la democrazia”.
“Il fascismo non è un’opinione, il fascismo è un crimine“.
La cerimonia è stata organizzata e presentata da Paola Cupetti, responsabile dell’Ufficio Cerimoniale del Comune. Dopo l’Inno nazionale, il Sindaco Andrea Orlandi ha svelato la targa affiancato da una rappresentante del Consiglio comunale dei ragazzi e delle ragazze, Yasmin El Haouari, e dal presidente di ANPI Rho Mario Anzani. Il testo della targa è stato condiviso con il presidente di ANPI Rho e Marco Steiner, pronipote di Matteotti ed ex presidente del Comitato delle Pietre d’Inciampo di Milano.
Erano presenti il presidente del Consiglio comunale Calogero Mancarella, il vicesindaco Maria Rita Vergani con gli assessori Paolo Bianchi e Nicola Violante, i consiglieri comunali Clelia La Palomenta, Fulvio Caselli, Paolo Bindi e Stefano Bernasconi; rappresentanti delle forze dell’ordine, esponenti di ANPI, il consigliere regionale Carlo Borghetti e il prevosto don Gianluigi Frova. Alcuni esponenti dell’ex Partito Socialista Italiano hanno portato una bandiera storica del partito cui Matteotti aderì: su di essa è stata collocata la foto di Matteotti assieme a un mazzo di fiori. I titolari del Bar Bakery, sopra la cui porta si trova la targa, hanno collaborato fattivamente all’allestimento e a loro va il ringraziamento del Comune di Rho.
“Un altro grande Giacomo, Leopardi, diceva che la vita per non essere superata dalla morte, deve essere vera – ha detto Mario Anzani – Quella di Matteotti fu vita vera: non possiamo dimenticare la sua coerenza, l’attaccamento ai più puri ideali di democrazia, la levatura morale e politica. Aveva davanti una brillante carriera universitaria, ma prese a cuore i braccianti del Polesine e fu promotore della legge bracciantile. Si impegnò nelle amministrazioni locali: fu Sindaco di Fratta Polesine, consigliere comunale a Rovigo, poi Sindaco a Villamarzana. Eletto deputato nel 1919, iniziò a denunciare con veemenza le violenze fasciste. Fu rieletto nel 1922 e Benito Mussolini cercò subito di fargliela pagare. Nel 1924, per quanto le elezioni furono caratterizzate da brogli e violenze, venne rieletto. Il 30 maggio nel suo ultimo discorso al Parlamento denunciò con precisione e coraggio i brogli. Dieci giorni dopo fu sequestrato appena uscito di casa per andare a Montecitorio. Venne ucciso da squadristi vicini a Mussolini. La sua coerenza e il suo sacrificio sono valori da riprendere e portare avanti”.
Il Sindaco Andrea Orlandi, salutate le autorità presenti e i rappresentanti del Consiglio dei ragazzi e delle ragazze, ha ripreso e riletto le parole pronunciate in mattinata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella:
“Il rapimento, cento anni or sono, del deputato socialista Giacomo Matteotti, a cui fece seguito la sua crudele, barbara, uccisione, fu un attacco al Parlamento e alla libertà di tutti gli italiani e rappresentò uno spartiacque della storia nazionale. La violenza che, da subito, aveva caratterizzato le azioni del movimento fascista, dopo le aggressioni ai lavoratori organizzati nei sindacati e nelle cooperative, contro le Istituzioni, dai Comuni si rivolse al Parlamento. Quell’assassinio politico assunse una peculiare portata storica e simbolica. Lo Stato veniva asservito a un partito armato che si faceva regime, con la complicità della Monarchia. Giacomo Matteotti, Segretario del Partito Socialista Unitario, impegnato com’era per il riscatto dei ceti più poveri, apparteneva al gruppo di coloro che sapevano come le libertà dello Stato liberale dovevano sapersi tradurre in effettivi diritti per tutti gli italiani. Il suo antifascismo poggiava su questa visione, opponendosi alle violenze esercitate contro i lavoratori dalle azioni squadriste. Manifestazione di un impegno che avrebbe trovato poi eco nella lotta di Liberazione e nella scelta repubblicana da parte del popolo italiano.
Con lucidità Matteotti vide la progressiva demolizione delle libertà garantite dallo Statuto Albertino da parte del fascismo e ne denunciò conseguenze e implicazioni, mentre nelle classi dirigenti italiane non si faceva strada analoga coscienza. Il coraggio che animò la sua ultima, drammatica denuncia dai banchi di Montecitorio costituisce non soltanto un inno alla libertà e un testamento politico di perenne validità ma, altresì, un atto di fedeltà al Parlamento. Quel Parlamento che costituisce il cuore di ogni democrazia viva e che venne umiliato dal regime, sino alla sua soppressione. La Repubblica si inchina alla memoria di Giacomo Matteotti, difensore dei ceti subordinati e martire della democrazia”.
Il Sindaco Andrea Orlandi ha quindi aggiunto: “Questo momento che abbiamo fortemente voluto è molto semplice e nella sua semplicità acquista un valore importante, nel giorno che fa seguito alla tornata elettorale. Ho voluto condividere il messaggio del presidente Mattarella, perché trovo la sua dichiarazione lucida e di prospettiva. Non è rivolta al passato ma affonda le radici nel passato per guardare al futuro. Il presidente della Repubblica usa parole molto forti quando dice che la Repubblica si inchina a Giacomo Matteotti, questo vuol dire riconoscere in lui un vero baluardo. E il presidente richiama come il delitto Matteotti rappresenti uno spartiacque nella storia della nazione. Qualcuno allora non si assunse le proprie responsabilità. La nostra storia, in quello spartiacque, prese un verso che non doveva prendere. E’ un richiamo affinché Matteotti non sia solo un personaggio storico ma sia una guida per il futuro. Poco più di un anno fa, quando nel giro delle Pietre d’Inciampo ci trovavamo con una classe poco lontano da qui, chiesi ai ragazzi se conoscessero Matteotti, visto che questa è la via principale di Rho. Nessuno sapeva raccontare qualcosa. A cento anni di distanza abbiamo il dovere di seminare non di raccogliere ancora da lui. Dobbiamo seminare la sua memoria, affinché rimangano vivi i suoi valori e si traducano in scelte e azioni concrete che le generazioni di oggi, ma soprattutto di domani, dovranno prendere. Non solo la Repubblica, ma anche la nostra Amministrazione comunale si inchina davanti a Giacomo Matteotti rendendogli omaggio”.
Al termine della cerimonia letture e canti al Tourist Infopoint, puntando l’accento sulle denunce da parte di Matteotti di violenze e minacce fasciste, fino al discorso del 30 maggio 1924 che spinse i suoi avversari politici a optare per la sua eliminazione. La lettura storica “La boje”, tratta da una ricerca di Luigi Zuolo, è stata interpretata da Patrizia Grioni e Luigi Zuolo che hanno recitato le lettere tra Giacomo Matteotti e la moglie Velia Titta, donna forte e determinata, capace di recarsi cinque giorni dopo il delitto davanti a Mussolini per chiedere la salma del marito e per invocare, poi, una volta recuperato il corpo il 16 agosto 1924, di non vedere “nessun milite fascista al funerale, né durante il viaggio della salma né al momento della sepoltura”.
Dalle lettere emergono riferimenti biografici e storici sull’avvento del fascismo e sull’assassinio dello stesso Matteotti. Accanto ai lettori, anche il gruppo musicale Bovisa Incanta guidato da Tiziana Opizi, che ha accompagnato i testi con ballate ispirate al delitto Matteotti, in cui il deputato è indicato come “capo dei lavorator” per le sue lotte a favore di quanti erano attivi nelle campagne del suo Polesine.