La vicenda di Francesco Putortì, il macellaio reggino arrestato per aver ucciso uno dei due malviventi, ferendo gravemente l’altro, che aveva sorpreso nella sua abitazione ha trovato un primo finale, un punto fermo nel Tribunale del riesame di Reggio Calabria che ha rigettato la richiesta di libertà dei difensori di Putortì: secondo la ricostruzione degli inquirenti l’uomo invece di fuggire e chiedere aiuto alle forze dell’ordine, armato di un coltello, ha affrontato i due che si trovavano al momento al piano di sopra dell’abitazione del macellaio.
Il Tribunale del riesame ha respinto la richiesta dei difensori, gli avvocati Giulia Dieni e Maurizio Condipodero del Foro di Reggio Calabria, confermando l’ordinanza del Gip, Giovanna Sergi, che aveva disposto il carcere ravvisando il pericolo di fuga, la possibilità dell’inquinamento delle prove e il rischio di reiterazione del reato. Fatta la tara ad accusa e difesa, attenuanti e aggravanti, motivi e moventi è giusto fare chiarezza nella vicenda. Giusto per spiegare la storia a coloro che non hanno ben compreso gli eventi, visto come va il mondo e con l’aria che tira. La Giustizia con la G maiuscola è troppo importante per un Paese che deve garantire sicurezza e il rispetto della Legge. Bisogna preservarla da ogni controversia, permetterle di essere pronta per ogni situazione critica.
Omicidio volontario e tentato omicidio erano le accuse a suo carico formulate dalla Procura dopo l’interrogatorio dello stesso, la cui tesi difensiva, evidentemente, non aveva convinto del tutto gli inquirenti. Putortì, infatti, aveva raccontato che rientrando a casa, avendo visto passare una persona, preso dal panico. aveva afferrato un coltello per difendersi dall’aggressione dei due. Ma le indagini delle forze dell’ordine non hanno trovato riscontro nei fatti da lui dichiarati. Le sue parole, al contrario, avevano rafforzato i gravi indizi di colpevolezza a suo carico. Di fatto, prove alla mano, la storia del macellaio è tutt’altro che una vicenda complessa, come hanno provato a sostenere: non si tratta di un eccesso di legittima difesa bensì di una vittima che si trasforma in aggressore.
Le indagini fin qui svolte dimostrano che Putortì impugna un coltello e diventa giustiziere, affronta i due malviventi – che stavano per fuggire dalla casa – sfogando su di loro la rabbia: uccidendone uno e ferendo gravemente l’altro. Una scena, questa, che lascia poco spazio all’invocazione della legittima difesa invocata dai difensori del Putortì. La storia del macellaio di Reggio Calabria ha destato molto clamore sui notiziari nazionali: con commenti particolarmente taglienti nei confronti dei magistrati che avevano arrestato l’uomo. Polemiche ingiuste e non rispondenti al vero, confermando una volta di più che su certe vicende ci mette lo zampino certa politica che, sotto campagna elettorale, spinge per far trionfare la figura dell’eroe giustiziere. Quasi fossimo ritornati nel cosiddetto vecchio West!
Il Paese che non ha il senso e il rispetto della legge apre un conto devastante con la morale. Qui, nessuno fa il tifo per le manette, né gode di privare della libertà una persona. Ci pensa il tempo a emendare ogni cosa o come in questo caso il Tribunale del riesame, che è bene ricordare, ha un ruolo sopra le parti in causa.
La legge pone vincoli precisi alla non imputabilità per legittima difesa. Occorre la costrizione, prima di tutto, il che significa che la persona che ha reagito non aveva altra scelta per superare un pericolo attuale che stava correndo;
Niente reazione a scoppio ritardato, dunque. Se l’aggressore è già scappato o sta per farlo, il rischio è ormai superato. Occorre inoltre che la reazione sia proporzionata all’aggressione.
In poche parole, non si dà una coltellata a chi ti ha dato uno schiaffo, né si spara a chi ti ha picchiato o minacciato. È una legge molto equilibrata, perfettamente inserita nel solco della Costituzione. Ma nella sua applicazione è molto importante il gioco delle aggravanti e delle attenuanti. Accolta quindi anche dal Riesame la tesi accusatoria del Pubblico ministero Nunzio De Salvo. Attesa adesso per conoscere le motivazioni del Tribunale con cui hanno rigettato la richiesta di scarcerazione.