A Gelsenkirchen c’è in palio il primo posto nel Gruppo B di EURO 2024. Il Ct: “Se si dà il pallino agli avversari, da una partita come questa se ne esce male. Dovranno essere più alti i tempi di reazione e intatta la voglia di comandare la gara”…
Fare la partita contro un avversario che, per definizione, fa la partita. Nella pancia dello stadio di Gelsenkirchen – dove, entrando, si trova una gigantografia dell’Italia campione d’Europa di tre anni fa – Luciano Spalletti presenta Spagna-Italia ripetendo un concetto che, c’è da immaginarlo, avrà trasmesso alla squadra fin dal rientro negli spogliatoi dopo la vittoria contro l’Albania. Se c’è una strada per battere la Spagna, e assicurarsi quindi la qualificazione agli ottavi di EURO 2024, è quella di giocare e non subire. “Se si dà il pallino agli avversari, da una partita come questa se ne esce male – le parole di Spalletti -. Si tenterà anche di comandare il gioco, vedremo se saremo bravi a farlo contro una delle squadre più forti. Mostriamo che anche la scuola italiana è importante”.
Interpellato sul fatto che quella di giovedì sera sia una delle partite più importanti della sua carriera, Spalletti mette Spagna-Italia ai primi posti: “Ne ho passata qualcuna, ma questa è da mettere esattamente a quel livello. I calciatori, quando avranno la mia età e avranno da raccontare storie, sapranno che questa è una di quelle partite da cui nascono queste storie”. La Spagna, la storia l’ha fatta con un calcio rivoluzionario, fatto di possesso palla quasi ossessivo: in mezzo non ci sono più Iniesta, Xavi e Busquets, ma le caratteristiche sono rimaste simili, anche se non identiche a prima. “La ‘scuola calcio’ della Spagna è diventata questa perché ha sempre fatto lo stesso calcio, mantenendo questa idea per anni. Hanno qualità e caratteristiche riconoscibili, individuali e di squadra: dovranno essere più alti i tempi di reazione”.
Eccolo, un altro concetto su cui Spalletti spinge: la velocità di reazione. “La Croazia ha avuto un paio di pause ed è stata punita, noi dovremo essere bravi a riconoscere più velocemente quello che vogliono fare e fare in modo che non ci ‘portino in giro’. Siamo vestiti da Giorgio Armani che è conosciuto in tutto il mondo: si va in campo tentando di giocare con lo stesso abito visto contro l’Albania, mantenendo la voglia matta di fare la partita pur confrontandoci con una delle scuole calcio più importanti. Non vogliamo aver rimpianti di non aver fatto le nostre cose: si va vestiti bene, ma disposti anche a sporcarsi, qualora ce ne fosse bisogno”.
Spalletti loda Morata (“Tra gli attaccanti che hanno è quello più bravo ad attaccare la profondità, fa numeri importanti per metri totali e attacca dietro la linea tante volte”), ma anche il baby fenomeno Yamal: “Riceve palla in profondità, ma la riceve anche sui piedi. Hanno ali esterne da uno contro uno e da ribaltamento d’azione, che in campo aperto sono micidiali”. Rispetto, ammirazione, ma non paura o la certezza di partire sconfitti: “Mi preoccupa di più il livello di calcio che dobbiamo proporre noi. La chiave che apre la partita deve essere questa. Non bisogna pensarvi (dice Spalletti rivolgendosi ai giornalisti spagnoli, ndr) più forti di quello che siete. Sarebbe un errore”.
Tatticamente, il Ct se la immagina così: “Terranno gli uomini alti a pressare, presseranno anche il portiere. Bisognerà essere bravi a trovare il giocatore più libero in poco tempo, e se non ci sarà saremo costretti a tirare addosso la palla agli attaccanti”. La prima domanda della conferenza stampa di Gelsenkirchen era stata fatta a proposito dei possibili rigoristi: “Ne abbiamo tanti. Retegui, Scamacca, Barella, ma li sa battere anche Dimarco, come Calafiori e Jorginho”. Spalletti non poteva non nominare chi, con un rigore, la Spagna la eliminò nella semifinale di Wembley: quella che ha spianato la strada al titolo che oggi l’Italia difende.