Spesso capita di chiedersi se siano più forti le ragioni del cuore o quelle della mente. Non so rispondere. Perché se nulla dura per sempre ti chiedi come avranno fatto a resistere coloro che invecchiano insieme.
Giacomo Sereni – Ultimo di Trentamila
Giacomo – Non sono più al ROS e l’Unità CRIMOR è dispersa in mille pezzi. In fondo la cosa più facile è distruggere, specialmente se si è impuniti. Ho sperimentare che l’uomo, quando soffre, si fa una particolare idea del bene e del male, e cioè del bene che gli altri dovrebbero fargli e a cui egli pretende, come se dalle proprie sofferenze gli derivasse un diritto al compenso, e del male che egli può fare a gli altri, come se parimenti dalle proprie sofferenze vi fosse abilitato.
Se i ragazzi vedono un giovane carabiniere venire qui per prendersi cura dell’orto, per fare il pane o tagliare l’erba, senza volere niente in cambio, il messaggio passa. Come carabinieri, qui chiudiamo un cerchio: non solo arrestiamo chi commette un reato, ma insegniamo ai figli dei detenuti a non ripetere gli errori dei genitori.
La mia storia inizia e finisce con una foto in bianco e nero. La foto ritrae quattro persone felici, se ne riconoscono facilmente due: il primo a sinistra è il giudice Giovanni Falcone. L’ultimo a destra è il collega Paolo Borsellino. Poi ci sono due carabinieri in divisa: io con il colonnello Giuseppe Parmitano, il mio maestro. Ogni volta che osservo questa foto penso che con quel sorriso timido, più che un maresciallo del reparto investigativo dell’Arma, sembro un tifoso di calcio che ha chiesto di poter fare una foto con i suoi eroi. Ed è singolare che la fotografia sia in bianco e nero perché è stata scattata alla fine degli anni Ottanta. Una cosa so per certo, la foto consegna alla storia un momento perfetto, irripetibile perché diverso da tutti quelli che l’hanno preceduto e da quelli che seguiranno. Borsellino, Falcone e Parmitano hanno segnato il percorso della mia vita. Ci sono momenti di cui capisci il senso solo anni dopo, e solo quando ne parli a qualcuno. Ecco questa foto documenta uno di questi. A solo ventisette anni volevo essere risarcito per i fallimenti, per i giudizi sprezzanti, per il mio cuore infranto, per quelle occhiate rivolte al cielo da mia moglie. E forse è per questo che ho pagato. Ma il conto è stato troppo salato: tre di quelle persone ritratte con me non ci so o più e io sono accusato di vedere fantasmi ovunque. Ma oggi non mi sento orgoglioso e credo che si debba tutti insieme fare un grande esame di coscienza, perché se il malaffare ormai ci ha così avvinghiato, c’è probabilmente una responsabilità diffusa. Ciò che manca è l’idea che l’onestà sia una cosa buona, accanto alla giustizia, all’amore e alla solidarietà. Dobbiamo chiederci dove abbiamo sbagliato.
La lezione di Don Paolo: chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto
Don Paolo – Madre Teresa di Calcutta affermava che la più grande povertà nel mondo non è la mancanza di cibo, bensì la carenza di amore. E l’amore si costruisce e si manifesta nella relazione, nel vedere e capire i bisogni dell’altro, del fratello e della sorella che mi vivono accanto. Ma dove trovare i punti di riferimento e di riflessione per scoprire e vivere la bellezza e ricchezza della relazione umana? E così ricorda: se incontri qualcuno stretto dentro una coperta che ti chiede una moneta, fermati. Quella coperta e quel gesto ti stanno dicendo qualcosa di più. Nella mia chiesa la gente esce e rientra. Va a pisciare mentre il mondo riduce le emozioni in un sms. Il povero vorrebbe essere ricco, il ricco vorrebbe essere un re ma quanti di loro hanno veramente la fede? A chi bussa alla mia porta chiedo solo di avere fede, chi è per strada tra sofferenza e disperazione aspetta un segno: tutto muore, questo è un fatto, ma forse tutto ciò che muore un giorno tornerà indietro. Siamo giudicati in base al potere di acquisto chi ne è favorito accede a una buona sanità, a una giustizia privilegiata, a un’istruzione di alto livello, gli altri dovranno arrangiarsi. Coloro che ne sono esclusi popolano le strade, cercano l’elemosina, bussano alla mia porta. Padre, perdona loro perché loro non sanno quello che fanno…
I difetti di un carabiniere
Giacomo – Sono impaziente, non dimentico, perciò chi mi offende non può sperare che un giorno non me ne ricordi più. Sono troppo ossessionato dalla Legge, dalla giustizia, dal perfezionismo. Se sono troppo concentrato e affascinato dalle mie cose non vedo quel che conta per gli altri, anche per chi mi è vicino. Ho un carattere aggressivo. Aiuta in certe situazioni, ma rende anche la vita difficile e mi ha procurato tanti nemici.
Mafia
Per stare dentro Cosa Nostra basta sapere uccidere, l’onore non c’entra nulla con questa Cosa Nostra che è ormai in mano a uomini che vogliono tutto il potere, a ogni costo e tutto per loro. Anche prima si uccideva. Si è sempre ucciso. Ma sempre un altro uomo d’onore si è ucciso e sempre per difendere l’onore, gli interessi della famiglia, il rispetto delle regole. Era sempre un delitto, c’era sempre un morto, ma ci voleva coraggio e pazienza ché sapevi che anche tu potevi essere ucciso. Non ci vuole coraggio, oggi, per sparare sulle donne e sui bambini.
Paura
L’importante non è stabilire se uno abbia paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza. Una città così ti fa sentire solo, figlio unico senza padre né madre. Tutto quello che uno è lo deve a sé stesso: il risultato vivente di un eterno complotto sociale. Un giorno ti svegli e metti da parte i sensi di colpa e la paura di venire schiacciato come un verme. E’ sempre troppo tardi quando decidi di fare sul serio e di non farti più calpestare da quelli come Salvatore Riina. Dopo un po’ la paura non c’era più del tutto. Dopo un po’ nella mente di uno che ha deciso di alzare la testa per non rimanere schiavo in casa propria, iniziano ad affollare domande del tipo: come faccio a procurarmi un lavoro se non ho nessuno a cui chiederlo? Come farò ad andare avanti se la politica rende inutile ogni sforzo dei cittadini che non vogliono essere schiavi di qualcuno? Ma quando cerco di immaginare le infinite possibilità a cui ho rinunciato, tutto quello che mi viene in mente è un paio di occhi vispi e accesi, che mi fissano da sotto una chioma non più nera ma grigia.
Parlate della Mafia, parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.
Paolo Borsellino