Il movimento di “universitari contro il Ponte sullo Stretto di Messina” che ha recentemente aggregato molti lavoratori di Università italiane ed europee ha indirizzato al Presidente delle Repubblica, Sergio Mattarella, una lettera aperta nella quale esprime sconcerto per l’iniziativa della maggioranza di governo che ha approvato in Commissione un emendamento al Disegno Di Legge AC 1660 sulla “sicurezza pubblica”, in discussione presso le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera e vicino all’approdo in Aula il prossimo 5 agosto…
Al Presidente della Repubblica
S.E. Sergio Mattarella
Illustre Presidente,
Pochi giorni fa abbiamo avuto notizia dalla stampa di un nuovo emendamento presentato dalla Lega al già sconcertante disegno di legge AC 1660 sulla “sicurezza pubblica”, in discussione presso le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera e vicino all’approdo in Aula il prossimo 5 agosto. La disposizione approvata prevede una cospicua circostanza aggravante se la violenza o minaccia è
commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica.
Un autentico randello si abbatte in modo esplicito su chi si oppone al Ponte sullo Stretto, completando l’assetto “bellico” del nuovo testo normativo. Beninteso, nulla di nuovo sotto il sole: tutto l’ordito del disegno di legge è un’esibizione muscolare dei poteri dell’autorità in danno dei manifestanti, dei dissidenti, dei ribelli e degli sventurati. Molte tra le sue disposizioni, segnatamente – ma non solo – quelle di cui all’art. 8 e all’art. 12, si collocano ai confini della legittimità costituzionale per profili di conflitto rispettivamente con i diritti di riunione e di sciopero, e con il principio di umanità della pena sancito dall’art. 27, comma 3, Cost. Le priorità politicocriminali del governo e del Parlamento sono, a quanto pare, i furti sui treni, le borseggiatrici gravide, gli imbrattatori di monumenti, i manifestanti che senza violenza organizzano un blocco stradale o i disperati che fanno lo sciopero della fame durante il trattenimento o la permanenza nelle strutture per i migranti. È un diritto penale diseguale, che protegge a oltranza il pubblico ufficiale contro gli improbabili soprusi di chi manifesta un’opinione non gradita.
Un diritto penale che tutela, paradossalmente, le manifestazioni fasciste più di quelle contro gli scempi ambientali e culturali, cercando di far passare nell’opinione pubblica il subdolo messaggio della natura “violenta” del dissenso. Un diritto penale che abroga l’abuso d’ufficio e aggrava le pene per chi azzardi violenza, resistenza e lesioni a un pubblico ufficiale.
Va da sé che un diritto penale “ungherese” come quello di cui discutiamo sia incostituzionale. L’aggravante, proposta dal leghista Igor Iezzi, fresco di rissa, è illegittima non solo per l’entità della pena minacciata – in origine superiore a quella prevista per l’omicidio doloso – e non soltanto per l’intollerabile vaghezza del concetto di “infrastruttura di interesse strategico”.
Stiamo parlando della criminalizzazione di diritti fondamentali che abbiamo ritenuto ingenuamente acquisiti con la Costituzione del 1948 e che ora vengono erosi, limitati, stravolti da un’impostura che semplifica il dibattito pubblico con le cadenze della neolingua orwelliana: da un lato l’ordine legale costituito, dall’altro chi vi si oppone. Le ragioni degli uni e degli altri, in questo gioco delle parti, passano in secondo
piano, così come l’irragionevolezza, l’inutilità e l’illegittimità del nuovo testo di legge.
Non sappiamo quale sarà il destino di questa indesiderabile aggravante, ma il messaggio intimidatorio, nel frattempo, è giunto forte e chiaro.
Ci appelliamo al prestigio indiscusso della Sua figura istituzionale per evitare che una norma apertamente incostituzionale diventi legge dello Stato.
Firmato: i firmatari elencati nel documento allegato a questa lettera, coordinati
dal collettivo Universitari No Ponte