LA CELEBRAZIONE DI UN REGIME

Abbiamo letto e sentito diversi commenti sull’inaugurazione delle Olimpiadi di Parigi, adesso non voglio annoiarvi con qualche mia riflessione. Ero davanti la tv e per la verità non l’ho vista tutta la cerimonia, ma mi è bastato capire cosa volevano rappresentare gli organizzatori. Certamente come hanno scritto in tanti Macron ha celebrato se stesso, la Verità, addirittura li ha definiti, “Macroniadi”, nonostante ormai da tempo è inviso alla maggioranza dei francesi (anche se con le elezioni ha realizzato l’ultimo colpo di reni). Tra le definizioni più leggere possiamo definire la serata parigina di fantozziana memoria una boiata pazzesca, costata svariati milioni di euro, con molto meno vi mandavo una Pro Loco qualsiasi e forse riusciva a fare di meglio.

Tuttavia, volendo fare una costatazione più seria, si può dire che la cerimonia d’apertura di Parigi 2024 sia stata molto più ideologica e propagandistica, perfino di quella di Pechino 2008. Ed è tutto dire, se pensiamo a quanto in quei Giochi Olimpici avesse investito il Partito Comunista Cinese. Ma almeno, dal punto di vista coreografico e di evocazione storica e culturale, fu apprezzabile, bella e coinvolgente.

A Parigi invece abbiamo visto una contestata ultima cena in versione drag queen (provateci con Maometto!), La fiera della bruttezza. Probabilmente “è tutto ciò che sa offrire un Continente morente”, scrive Federico Punzi.  Alla fine è venuta fuori una roba a metà tra un qualsiasi Gay Pride e una qualunque serata disco di Capodanno. Lo sport con i suoi valori? Del tutto marginali. Gli atleti? Delle comparse, i portabandiera a malapena ripresi.

Dello spettacolo si salva Parigi, sempre magica con la sua Tour Eiffel, una eredità di un passato che però i potenti e i loro sceneggiatori attuali stanno facendo di tutto per rimuovere. “A Parigi dovevano celebrare un regime. E a loro modo lo hanno fatto… Ma attenzione, non parliamo solo del regno del Re Sòla Macron che per il rotto della cuffia è riuscito a salvare la sua Bastiglia e a blindare la sua corona. Sarebbe riduttivo pensare solo alla Francia. A metterci il cappello ci ha provato pure Ursula Von der Leyen: “Come la nostra Unione europea, le Olimpiadi mostrano la forza della diversità e dello spirito di squadra”. (Federico Punzi, Parigi 2024, a suo modo la celebrazione (ridicola e volgare) di un regime, 27.7.24, atlanticoquotidiano.it)

Ma no, qui si tratta di un regime più profondo, pre-politico e ultra-politico. Con tutta l’arroganza e la spregiudicatezza di cui il potere è capace, sconfinando spesso nel ridicolo e nella volgarità, si è celebrata l’ideologia di fondo delle élites di un intero Continente, lontana anni luce dall’identità e dalla cultura delle nazioni di cui sono emanazione. Si parla tanto di rispetto della diversità, qui a Parigi come altrove, il “diverso” esclude tutto il resto e si fa totalitario, onnivoro, appropriandosi di qualsiasi occasione pubblica per rimarcare il suo status ormai dominante. Non c’è evento la cui rappresentazione non sia in qualche misura strumentale a questa ideologia. Era Parigi, ma poteva essere a Roma, a Berlino, a Madrid, a Londra, a San Francisco. Tuttavia, in tanti hanno trovato offensiva la rappresentazione parigina, in primis i vescovi francesi, che hanno diramato un comunicato di protesta per le scene di derisione e di scherno nei confronti del cristianesimo, e ringraziando i membri delle altre confessioni religiose che hanno espresso la loro solidarietà.

Ancora una volta la comunità LGBTQ, per affermare la propria causa, non trova di meglio che offendere il senso comune dei cittadini e, grazie alla corrività suicida di una classe dirigente che non perde l’occasione per dileggiare la propria storia e la propria cultura, trasforma ogni occasione per sbeffeggiare i cattolici e la loro fede.

La reazione che il corpo sociale francese (e non solo quello) ha manifestato nei confronti di questa iniziativa lascia ben sperare.

Concludo segnalando due interventi, uno di Oscar Sanguinetti e l’altro di Domenico Airoma. Il primo, ha una valenza storica e politica che va presa sul serio. “A mio avviso, la Francia “politica” professa una concezione della Repubblica e della democrazia assai lontana da quella comunemente intesa: lo si è visto quando il suo presidente ha voluto, con l’assenso di quasi tutti i parlamentari, inserire nella Costituzione il “diritto all’aborto”; lo si è visto quando la fedeltà alla Repubblica, poche settimane fa, è stata usata come strumento emotivo per bloccare l’ascesa al governo della destra francese; lo si è visto nelle conseguentemente ancor più enfatiche celebrazioni dello scorso 14 luglio — una data infausta, che, a parte la falsità dell’evento celebrato, la “presa della Bastiglia”, ricorda l’apertura di un periodo di persecuzioni anti-cattoliche e di omicidi “legali” quali mai la Francia aveva prima conosciuto —; lo si vede ora in questa squallida auto-celebrazione, in occasione dell’ospitalità dei Giochi olimpici”. (Oscar Sanguinetti, Un odio inquietante, 30.7.24, alleanzacattolica.org)

Insiste Sanguinetti sulla storia, “la parodia della decapitazione della regina di Francia Maria Antonietta di Asburgo (1755-1793), esempio luminoso di autentico martirio cristiano, e la sgangherata parodia della Cena del Signore ne sono i simboli più eclatanti. Gli “amici del 1789”, di tutte le possibili sfumature, dai cattolici democratici ai comunisti passando per i liberali, dimenticano che la Rivoluzione della libertà, uguaglianza e fraternità che tanto amano è nata da un colossale bagno di sangue, che fu allo stesso tempo un “classicidio” — la nobiltà e il clero — e genocidio — i contadini vandeani. E il martirio di Maria Antonietta, bersaglio innocente dell’odio rivoluzionario, è il simbolo più elevato, anche più del martirio del re, suo marito, di questo “peccato di origine”.

Domenico Airoma, Vice Presidente del Centro Studi Rosario Livatino, a proposito della parodia, più o meno blasfema, scrive, impegniamoci perché sia davvero l’ultima”. Le scene che abbiamo visto a Parigi non è qualcosa che può essere liquidato come una caduta di stile o un gay pride in versione mondovisione. A spiegarcelo è stato lo stesso ideatore dello show: “(…) abbiamo messo in scena semplicemente le idee repubblicane di benevolenza e inclusione”. E’ tutto, dunque, terribilmente chiaro: se l’Ultima Cena è l’Evento per eccellenza che ha cambiato la storia dell’umanità (non solo quella dei cristiani), perché è l’istantanea del vero amore, l’Ammucchiata Queer parigina segna una svolta tanto sguaiata quanto epocale. E’ la parata in stile Norimberga o Piazza Rossa del falso Occidente.

 A cura di Domenico Bonvegna