di #Rino_Nania
Con l’affaire-Sangiuliano si è scoperchiata l’umana debolezza di chi sta al potere, senza avere la statura e la postura per poterci stare. Ma se questo appartiene ai misteri che chiunque si porta addosso per complessi e timidezze, per insufficienti esperienze di vita, tuttavia un partito politico che sta al governo deve fare i conti con se stesso e senza infingimenti su come costruire una nuova classe dirigente all’altezza e su come questa si debba formare nel corso del tempo per impostare un lavoro complesso e articolato, che riguarda gli interessi e i beni di tutta la comunità nazionale.
L’esperienza Sangiuliano serve a consegnare l’occasione di capire che una classe politica non può limitarsi a svolgere un’opera di testimonianza, ovvero di declinare, aggiornandoli, i valori e le idee dei tempi della militanza meritoria, ma deve impegnarsi a fare di più.
Difatti questo deve avvenire quando si assume l’onere di dare una direzione di marcia a una nazione sia in termini di piano industriale, che in termini di immaginario collettivo a cui rimandare e tradurre in scelte fattive e di governo le ragioni con cui si è avuta la capacità di attrarre il consenso elettorale.
Rileva in questi casi il livello di qualità di un ceto dirigente che ha il compito e la responsabilità di far coesistere saperi diversi e metterli a sistema, ovvero a coniugare intelligenze plurali per dare senso e contenuti a ciò che si intende fare per promuovere i settori produttivi, per mettere alla prova i talenti di una nazione e soprattutto ridare vigore alla vocazione di un territorio e di un popolo con cui rapportarsi ed a cui rassegnare opportunità e condizioni di crescita.
Fuor di teoria è bene capire subito se settori trainanti come il turismo possano coniugare efficacemente il fare impresa e la valorizzazione dei beni culturali, di come l’industria manifatturiera possa intercettare nuovi mercati, ma anche dimostrando di riuscire a rimanere sul mercato in termini di modernizzazione e aggiornata offerta di servizi e beni.
Procedendo in questa direzione bisogna soffermarsi sul ruolo cruciale dell’Amministrazione pubblica, che per un verso deve pianificare i necessari investimenti per riequilibrare il grande divario tra Nord e Sud e, nel contempo, progettare uno sviluppo territoriale che sia in grado di incrementare gli asset culturali e infrastrutturali.
Malgrado cultura e infrastruttura evochino due immaginari completamente differenti, la loro connessione è molto più forte rispetto a quanto si tenda di solito a immaginare, per cui chi si dedicherà a questi impegni, sia in veste politica che amministrativa, dovrà tenere conto del complessivo patrimonio posseduto ed del sistema giuridico interno ed internazionale, tesi a garantire filiere virtuose e organismi articolati, capaci di delineare una rete di regole che possa far funzionare al meglio la messa a regime delle risorse materiali ed immateriali, all’insegna del rapporto di sussidiarietà, in cui l’impresa privata sia messa nelle condizioni di fruire di una infrastrutturazione pubblica efficace ed efficiente. Difatti, a ben vedere, infrastrutture e cultura sono legate da due “fili”. Il primo è un filo che lega infrastrutture e «consumi culturali», ed è di facile comprensione: a parità di condizioni, un posto più raggiungibile verrà visitato di più. Il secondo filo è più sottile, ma non per questo meno importante, e riguarda il rapporto tra “infrastrutture” e “produzioni culturali”. Per capire tale legame, si pensi alla logica delle smart city che dimostrano una velocità di crescita e di sviluppo più rapida in grado di colmare gap territoriali che in Italia sono ben presenti e rappresentano un limite alla crescita complessiva del sistema-Italia.
Ebbene avviare una riflessione strutturata sul ruolo che le infrastrutture giocano all’interno dei processi di valorizzazione territoriale, incluse anche le dimensioni più prettamente culturali, è oggi estremamente importante e come classe dirigente non si può inciampare in episodi alla Sangiuliano, che, pur frutto di trame oscure ed insondabili, non possono intralciare il buon viatico ed il buon lavoro di una classe dirigente rigorosa, responsabile e #mai disinvolta.
Per cui oggi che – è arrivato il tempo di nuove nomine di nuove professionalità, che accompagneranno la buona fattura dell’azione di governo – la destra, con tutta la coalizione, deve possedere ed impiegare una platea più ampia di professionalità (tecnici, giuristi, narratori) da reperire su tutto il territorio nazionale in grado di dare un senso compiuto ad una visione unitaria in cui simboli e idee esaltino un percorso virtuoso dove il sentiero di un tempo possa apparire come una rete capace di far interagire comuni, regioni e governo in sistema culturale nazionale visto come momento di semina e formazione e soprattutto come momento di selezione di intelligenze in grado di costruire una progettualità unitaria che si possa declinare in una visione plurale.