Pesaro – L’Adriatico è soffocato da polistirolo, microplastiche, calze in plastica per gli allevamenti di bivalvi. Recentemente sono nate iniziative per convincere i pescatori della piccola pesca artigianale a sostituire le cassette di polistirolo con quelle riutilizzabili e riciclabili, ma non basta, perché è necessario l’impiego di cassette biodegradabili.
“Serve un modello di filiera in linea con le normative europee sull’economia circolare – spiega l’attivista per l’ambiente Roberto Malini (EveryOne Group) – ed è ormai vitale sanzionare i comportamenti irresponsabili e imporre l’uso di materiali biodegradabili e non solo riciclabili, perché questi ultimi si disperdono comunque troppo spesso in mare. Abbiamo trasmesso un appello urgente alla Commissione europea e al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, chiedendo di non continuare a tergiversare, ma di esercitare le loro prerogative per contrastare questi fenomeni di inquinamento”.
Le aziende ittiche sono causa di un’ulteriore dispersione di reti in materiale plastico per la coltivazione di mitili e altri bivalvi, che invadono e danneggiano il fondo marino, uccidono tartarughe e crostacei, provocano danni al turismo riversandosi sui lidi balneari. Riguardo al polistirolo espanso, se ne fa un uso enorme, che supera le 14.000 tonnellate annue. A causa della dispersione incontrollata, dovuta anche alla scomponibilità del materiale e al tasso di riciclo quasi nullo dopo l’impiego, il polistirolo rappresenta uno dei rifiuti più invasivi e inquinante per i nostri mari. Una recente ricerca del Dipartimento di Scienza, della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche ci rivela come il polistirolo assorba e diffonda il maggior numero di contaminanti metallici. Una situazione che ammala i nostri mari, specie quelli, come l’Adriatico, che hanno fondali sabbiosi e poco profondi. Una situazione ormai intollerabile che chiede ai pescatori e agli imprenditori ittici di abbandonare le pessime pratiche attuali e scegliere per la loro attività materiali non invasivi, completamente biodegradabili. Una rivoluzione ecologica che si rende quanto mai urgente se vogliamo salvare il delicatissimo ambiente marino dell’Adriatico.