Prologo – Nel tunnel dei desideri
Chiara Alonzo classe ’96 nasce a Orbetello (GR), ma passa l’intera giovinezza nella città di Roma. Dopo il liceo va a Londra un anno per frequentare la CSSD. Nel 2017 si sposta a Milano per frequentare l’Accademia dei Filodrammatici, dove si diploma attrice nel 2019. Nello stesso anno è in scena al teatro dei Filodrammatici per la regia di B. Fornasari e successivamente di E. Bronzino.
Quindi partecipa all’edizione del corso d’alta formazione ERT con G. Calderon e S. Blanco, e viene dal primo diretta nello spettacolo Anna contro la Morte al teatro Storchi di Modena. Nel 2021 riceve dai registi Manetti Bros il premio come miglior interprete al FIPILI film festival per il cortometraggio BITE, film per il quale è, oltre che attrice, show-runner e produttrice. Qualche mese dopo con lo spettacolo ERO CHIARA vince il festival dominio pubblico del Teatro di Roma come miglior progetto emergente. Gli ultimi mesi dell’anno si sposta a Berlino per un master all’Actors Space. Vince il 48h film festival con “Con il piede giusto” per il quale viene premiata come miglior film e miglior sceneggiatura. Nel 2023 è per la prima volta nelle sale cinematografiche con un piccolo ruolo nel film “Gli Immortali” di Anne Rita Ciccone. Tra i suoi numerosi impegni anche il teatro con Fausto Russo Alesi mettendo in scena Ifigenia in Aulide. Attualmente studia e collabora con la compagnia canadese GraceMoon Arts guidata dalla regista Michèle L. Smith.
Flavio Alonzo nasce a Roma il 3 gennaio del 2007. Attualmente sta seguendo gli studi al liceo scientifico Democrito di Casal Palocco. Parla Italiano, inglese e spagnolo e suona la chitarra sia classica che acustica. Pratica l’arte marziale Jujutsu. Ha collaborato in alcuni video Youtube della pagina Elephantea come comparsa e attore per piccoli ruoli.
Flavio e Chiara, due fratelli con la passione per la musica, la chitarra, la voce e la scrittura. Come dire: il talento non è mai troppo. Perché il nome De Shells?
Al collo portiamo entrambi una collana con una conchiglia. Questa conchiglia si chiama occhio di Santa Lucia. E’ un amuleto che nella tradizione italiana viene usato per sconfiggere il malocchio, mentre nella nostra famiglia ha un significato un pochino diverso. Nostra mamma quando eravamo piccoli ci ha raccontato questa leggenda. Se trovi un occhio di santa lucia sulla riva del mare all’inizio dell’estate, l’estate che trascorrerai sarà bellissima. E noi da piccoli passavamo le giornate di inizio giugno a cercare tra i sassi e le conchiglie questi piccoli amuleti rarissimi. Quindi la conchiglia, in particolare l’occhio di Santa Lucia, per noi rappresenta la casa, l’amore, l’estate, il mare, nostra mamma e tutta la bellezza nella quale siamo cresciuti e di cui siamo profondamente grati.
Che tipo di famiglia è la vostra?
Una famiglia dove i nostri genitori ci hanno sempre lasciati liberi di esprimerci come meglio credevamo. Ci hanno cresciuti a pane e arte fin da piccolissimi. Portandoci a teatro, al cinema, ai musei etc. Mamma e papà sono entrambi medici ma nel profondo sono loro i primi artisti. Per esempio è stato papà a passarci per osmosi la passione per la chitarra, senza mai forzarci a impararla. Lui la suonava con passione e noi ce ne siamo innamorati. Certo, come in tutte le famiglie ci sono state le nostre difficoltà, incomprensioni, scontri, paure singole e collettive di cui parliamo anche nelle nostre canzoni. Ma di fronte alla possibilità di privazione si è sempre preferita la strada del “fai ciò che ti fa stare bene, anche se è la cosa più difficile al mondo”.
C’è un senso in quello che sognate o è solo una cotta momentanea?
Cotta momentanea è sicuro che non sia perché anche se siamo usciti allo scoperto sui social e dal vivo solo ora, sono anni che la musica fa parte della nostra vita. Durante il lockdown, per esempio, la scrittura e la composizione ci hanno aiutato tantissimo a superare un momento di vuoto personale e universale. E sicuramente adesso che abbiamo eseguito questo atto di coraggio di farci conoscere, mostrando sia noi stessi sia la nostra arte, quello che vogliamo è perseguire una strada che renderà quest’ultima sempre più forte e bisognosa di essere condivisa con chi ci ascolterà. Quando si ha il potere di creare opere d’arte, è egoismo puro lasciarle nel cassetto e non condividerle con il pubblico.
Un brano musicale per spiegare la vostra anima?
Crediamo che non ci possa essere un brano singolo per descrivere noi come chiunque altro. Abbiamo comunque scelto due brani che ci hanno reso ciò che siamo. Per Chiara questo brano è “Pensa” di Fabrizio Moro. Per Flavio “Un girotondo” di Nayt, che descrive il suo “stare a pensare col mare”.
La musica come tutte le arti racconta sempre la società e ne è specchio. Raccontateci come nascono le vostre canzoni? Chi ha l’ultima parola?
L’ultima parola ce l’ha l’atto creativo stesso. Una canzone nasce dalla necessità di raccontarci. Condividere un episodio personale per renderlo universale. Riuscire a superare qualcosa di doloroso, esorcizzandolo con l’arte stessa. Sicuramente nei nostri testi non possiamo prescindere dal fatto che siamo un uomo e una donna, di generazione diverse, cresciuti nella stessa casa, con una dimensione liberale, intellettuale e benestante. Dobbiamo partire da questo. Da quello che c’è. Non avrebbe senso fare pezzi dove le tematiche non sono la nostra realtà, per esempio, la rivalsa sociale di cui raccontano i rapper americani afro discendenti degli anni ‘80; sarebbe scorretto e anche piuttosto ingenuo. Una volta che siamo coscienti di chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando, come nel quadro di Gauguin, possiamo chiederci cosa proviamo nel presente e se c’è una spinta forte a sufficienza per scrivere un nuovo brano. Per esempio la scorsa primavera è stata un periodo estremamente produttivo, in termini di scrittura, per entrambi. Purtroppo abbiamo subito, a distanza di poco, tutti e due, quello che da secoli l’essere umano vive, ovvero una grande delusione d’amore, e questo ci ha portato a vivere sentimenti talmente forti che poi si sono evoluti fino a diventare necessità artistica. Abbiamo messo su carta quest’esperienza di vita e tra un mese va in studio e diventerà il nostro primo EP.
E’ il desiderio che muove tutto: anche voi volete il Fattore X?
Non ci interessa la fama, vogliamo farci ascoltare da più persone possibili per divulgare un messaggio però, e se X factor può aiutare in questo, perché no!
La vostra playlist che brani contiene?
Tantissimi di tutti i generi, anni e tipologie. Al momento la playlist di Chiara suona spesso Manu Chao, Sinead O’Connor, The Cranberries e l’immancabile Rino Gaetano. Mentre Flavio divide la sua musica con playlist con diversi mood e in ognuna di queste ci mette una canzone con un umore diverso, di solito più movimentato, per far sì che magari, gli cambi stat d’animo.
Tutto quello che scrivo nei miei romanzi è successo davvero. Perché la vita ha molta più immaginazione di me. Capita anche a voi?
Non avrebbe senso non attingere dalla vita. E’ così ricca di assurdità, bellezza e caos che da soli non saremmo mai in grado di riprodurre. L’uomo non è in
grado di creare qualcosa che la natura fa così semplicemente, quindi dobbiamo compiere un atto di umiltà e prendere spunto e scrivere attraverso la vita stessa. Quindi per rispondere alla tua domanda, sì ci capita costantemente.
Che meraviglia quando con la scrittura o la musica abbatti un muro di pregiudizi e ti si spalanca di fronte un universo sconosciuto. Per quale tabù sarebbe giusto metterci la faccia?
Parlando in generale la musica è concettualmente fatta per essere strumento di propagazione di idee, sussurrando o cantando a squarcia gola e ogni argomento che solitamente è evitato perché spaventa e fa tremare la solidità dell’immaginario collettivo, dovrebbe essere il primo a essere affrontato e analizzato. Come per esempio l’idea che vede la debolezza e la vulnerabilità come falle da risolvere e non il nostro vero punto di forza. Tutto ciò che meglio ci racconta e fa emozionare chi ci ascolta. Siamo molto fan di Nayt, e lui per esempio è incredibile in questo. Nonostante il genere che utilizza è il rap, simbolo di forza, virilità, lotta e violenza da sempre, lui nelle sue barre combatte tutto il tempo lo stereotipo della mascolinità tossica, emettendo un grido disperato per tutti gli uomini che non riescono ad esprimere le loro insicurezze, vulnerabilità e che l’unica via per salvarsi e vivere una vita libera, è proprio avere il coraggio di farlo.
Che cosa invece vi rende felici?
Fare ciò che amiamo e lavorare duro per tenercelo stretto.
Se un libro non si giudica dalla copertina: vale così anche per un disco o basta mostrare qualche centimetro di pelle?
Se si riferisce al fatto che molti artisti espongono la nudità del loro corpo in maniera più o meno integrale, non vediamo dove sia il problema, fin quando quella scelta è una scelta cosciente, ponderata a un fine artistico e non un’incosciente oggettificazione del proprio corpo.
Che cosa intravedete nel prossimo capitolo della vostra storia?
Siamo aperti a tutto. Già se continua così non è niente male. Ci piacerebbe collaborare con gli artisti che amiamo e incontrare sempre più spesso, dal vivo, un pubblico sempre più ampio con il quale confrontarci.