Continua la mia attenzione per i Santi torinesi o meglio Piemontesi, favorita dalla mia nuova residenza nella città sabauda. Da qualche tempo dedico parte delle mie letture allo studio di figure straordinarie che hanno fatto la storia della santità nel Piemonte.
E’ un lavoro stimolato dalla curiosità, dall’ammirazione, dalla meraviglia. Per la verità avevo conosciuto negli anni ’80, qualche figura in particolare, dei cosiddetti “Santi sociali” torinesi, attraverso la rivista “Cristianità”. Adesso che posso visitare anche i luoghi dove hanno vissuto e operato questi santi è tutto un’altra cosa. In questa occasione voglio presentare un libretto, ancora disponibile, di Giuseppe Tuninetti, “Santi, beati e venerabili piemontesi”, pubblicato nel 1999 da Editrice Il Punto. Possiedo anche l’edizione dell’anno precedente in formato tascabile. La straordinaria ricchezza umana e cristiana, innervata di industriosità e di eroismo, di tutti questi “santi”, l’ha capita al volo, e non poteva essere così, il grande Giovanni Paolo II. Infatti nelle due visite a Torino, papa Wojtyla, ha fatto esplicito riferimento all‘‘anima di Torino”, alle dimensioni spirituali a misura d’uomo, aperta ai valori del bello, del bene, del vero”. Papa Wojtyla ha fatto chiaro riferimento alla Torino che ha dato al mondo le figure come il Cottolengo, Cafasso, don Bosco, Murialdo, Maria Mazzarello. Giovanni Paolo II si lascia andare a una riflessione spontanea ma calzante: “Perchè tanti santi qui a Torino?” Che cosa significa questo ai nostri giorni? “Che cosa vuol dire la presenza di san Giovanni Bosco, san Giuseppe Cafasso, san Giuseppe Benedetto Cottolengo, san Leonardo Murialdo e tutti gli altri santi e sante a Torino? Vuol dire una sola cosa: la divina chiamata alla conversione”.
Tuninetti inizia la sua opera dai martiri torinesi, Ottavio, Solutore e Avventore, fino alla figura del beato Secondo Pollo, cappellano degli Alpini. Forse padre Tuninetti in procinto del Giubileo del 2000, ha voluto ricordare i Duemila anni di storia della Chiesa con questo studio sintetico dei santi piemontese. Si tratta di brevi profili di santi, beati, venerabili, che hanno percorso la terra piemontese e valdostana, negli ultimi diciotto secoli. Per la precisione sono 66 profili, di cui 16 santi, 30 beati, 16 venerabili e 4 servi di Dio. Del resto sono questi testimoni che rappresentano la vera Chiesa. Il mio intento è quello di sottolineare non tanto l’aspetto religioso, che è abbastanza scontato, ma quello “sociale” e “politico”, soprattutto di quelli che appartengono all’Ottocento. Non credo di esagerare nel “contrapporli” a quel mondo sociale e politico del loro tempo, mi riferisco a quei principi dell’89, frutto della Rivoluzione francese che avevano messo sottosopra l’Europa e quindi anche l’Italia e che avevano influenzato la stessa Torino. Inoltre penso che studiando la loro testimonianza possa ancora oggi contribuire a dare molte risposte a questo mondo confuso e disastroso. Il volume si occupa dei santi riconosciuti e quindi canonizzati dalla Chiesa, proposti come veri modelli di vita cristiana. Ma pare che nel solo Ottocento, i “santi” torinesi e piemontesi sono stati almeno 200. Tuninetti opera una distinzione di almeno cinque forme di santità: Santi martiri, appartenenti alle persecuzioni romane, Santi monaci, come S. Antonio, S. Benedetto. Santi predicatori e teologi, del Medioevo, come S. Anselmo d’Aosta o S. Tommaso d’Aquino. I Santi missionari come S. Francesco Saverio, i Santi della carità come S. Vincenzo de’ Paoli. Naturalmente quasi sempre sono ecclesiastici, monaci, religiosi e suore, in prevalenza uomini rispetto alle donne, pochi laici e pochissimi sposati. Le cose sono cambiate con il Vaticano II, con Paolo VI e soprattutto con Giovanni Paolo II, con loro c’è stato un aumento significativo di laici e di sposati. Il sacerdote nella scelta dei personaggi ha dato la preferenza a quelli meno noti ed ha cercato di offrire un insieme di figure diverse, varie e complementari sotto il profilo umano ed ecclesiale. L’autore si pone la questione se per caso è corretto parlare di una santità tipica del Piemonte, per certi versi si.
I Santi delle origini cristiane sono certamente i martiri, soldati della Legione Tebea, Ottavio, Solutore e Avventore (sec.III), S. Eusebio di Vercelli (sec.IV) primo vescovo del Piemonte e poi S. Massimo (sec. IV e V) primo vescovo della città di Torino. Nel secondo capitolo si presentano alcune significative figure medievali, a cominciare da S. Bernardo di Aosta (sec.XI), patrono degli alpinisti. Sant’Anselmo di Aosta (1033-1109) monaco, filosofo, teologo, vescovo e dottore della Chiesa. Si prosegue con due nobili della Casa Savoia: beata Margherita di Savoia (1390-1464) e il beato Amedeo IX di Savoia (1435-1475) a conferma che la santità è presente in tutti gli ambienti e ceti sociali. Anzi devo sottolineare questo aspetto, nei miei studi sulla santità, mi sono imbattuto spesso in figure straordinarie di uomini e donne nobili, a cominciare dagli sposi i venerabili Tancredi e Giulia di Barolo. Il beato Bernardo di Baden (1428-1458) morto a Moncalieri, il margravio di Baden. Una storia esemplare, sceso dal Moncenisio, si è recato a Genova, nonostante la peste, per progettare l’allestimento di una flotta per combattere il pericolo turco. La peste causò la morte a lui e ai suoi compagni. Da segnalare i beati martiri Antonio Neyrot e Bartolomeo Cerverio (sec.XV) Il primo fu torturato e condannato al rogo e buttato in una fossa di immondizie a Tunisi. Il secondo discendente da una famiglia di nobili, era un domenicano inquisitore, laureato in teologia all’università di Torino. Fu assalito e assassinato dagli eretici. Infine la beata Caterina Mattei (1486-1547) terziaria domenicana, costituisce un caso raro di vita mistica nel territorio piemontese.
Il capitolo terzo è occupato dai santi dell’epoca moderna: dal Concilio di Trento alla rivoluzione francese.
Si comincia con S Pio V° (1504-1572) Grande Papa riformatore. Il papa della Vittoria cristiana a Lepanto del 7 ottobre 1571. S. Carlo Borromeo 1538-1584) Grande vescovo, modello per tutti gli altri vescovi. Il vescovo ambrosiano ha origini piemontesi nato ad Arona sul Lago Maggiore. Naturalmente per rendere più leggibile il mio studio, sono costretto a saltare qualche nome. Certamente non quello del beato Sebastiano Valfrè (1629-1710) che ha rappresentato il meglio dell’impegno pastorale della Chiesa torinese di quegli anni. Tuttavia viene ricordato come grande pastore nell’assedio di Torino, subito dagli eserciti francesi. Nonostante i suoi 77 anni, accorreva infaticabile ovunque. Discepolo di S. Filippo Neri, utilizzò come primo strumento di apostolato l’oratorio settimanale. Valfrè viene ricordato per le “passeggiate” con funzione distensiva e formativa. Le sue prediche si basavano sui Novissimi, sulla Passione di Cristo, la Vergine Maria e poi grande devozione verso la Sindone. Importante il suo rapporto con i Savoia e la corte. Un’altra straordinaria figura di questo periodo è la beata Maria degli Angeli (1661-1717) monaca carmelitana, aristocratica e popolare. La sua era la famiglia dei conti Fontanella di Baldissero; la mamma era Maria Tana di Santena, parente di S. Luigi Gonzaga. Fu una grande mistica. Per studiare Maria degli Angeli, Tuninetti ci invita a spogliarci non solo dei pregiudizi ideologici, ma anche delle proprie categorie mentali e lasciarci introdurre, per quanto sia possibile, nella logica e nel linguaggio della mistica, che è quella proprio dei carmelitani come S. Teresa d’Avila, S. Giovanni della Croce. Io credo che questo invito valga per quasi tutti questi santi qui presentati dal sacerdote torinese.
Il Capitolo Quarto si occupa delle figure dell‘Età contemporanea: dalla rivoluzione francese ad oggi. E qui arriviamo ai cosiddetti “Santi sociali”, forse il nome più appropriato dev’essere quello di “Santi della carità”. Parto dal venerabile Pio Bruno Lanteri (1759-1830) Questa figura l’ho conosciuto nell’ambiente di Alleanza Cattolica. La gloriosa casa editrice Krinon di Caltanissetta, aveva pubblicato negli anni ’90, una documentatissima opera “Servire la Chiesa. Il venerabile Pio Bruno Lanteri”, scritto dall’oblato di Maria Vergine Paolo Calliari. (trovate nel mio blog un’ampia recensione del libro) Lanteri era cuneese di origine, soprannominato “padre dei poveri”. Appartiene scrive Tuninetti a quella folta schiera di apostoli e di santi, che dalla provincia piemontese si portarono a Torino, lasciando abbondanti frutti di apostolato ed anche fondazioni, opere e congregazioni religiose. Non posso tralasciare la grande figura della venerabile Giulia Colbert, marchesa di Barolo (1786-1864) intesa come riformatrice delle carceri. Origini francesi, per la precisione vandeane, sposa di Tancredi Falletti, marchese di Barolo. Su questa coppia ho scritto molto, per chi è interessato, vi rinvio al mio blog.
- Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842) La riforma sanitaria inventata dalla carità. Un altro gigante della carità torinese, poi diffusa nel mondo. “Come la Mole Antonelliana è un elemento inconfondibile del paesaggio urbanistico di Torino, così la Piccola casa della Divina Provvidenza, detta più semplicemente ‘il Cottolengo’”. “Sul profilo umanitario e religioso, non si può dire Torino senza dire Cottolengo”. La struttura chiamata anche “Città della carità” e sorge a fianco dell’altra struttura dei salesiani, il Valdocco di S. Giovanni Bosco. Ma c’è anche l’Opera Barolo in Via Cigna. E’ veramente singolare che tutte queste strutture si trovano l’una accanto all’altra, a poche decine di metri.
Segue la figura del Servo di Dio Antonio Rosmini-Serbati (1797-1855) La carità dell’intelligenza. Trentino d’origine, ma piemontese di adozione. Richiama le grandi figure di filosofi-teologi quali S. Anselmo di Aosta, S. Bonaventura da Bagnoregio, S. Tommaso d’Aquino. La sua missione era di condurre gli uomini a Dio attraverso la ragione, cioè la filosofia, come ha scritto Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et ratio. Devo sintetizzare non posso dilungarmi sulla sua immensa opera spirituale.
- Giuseppe Cafasso (1811-1860) “Prete della Forca” e forgiatore di coscienze sacerdotali. Definito “la perla del clero italiano”. Torino ha voluto ricordare questo illustre benefattore con un monumento eretto al rondò della forca (incrocio tra corso Valdocco e corso Regina Margherita) proprio dove per parecchi anni si eseguirono le impiccagioni. Don Cafasso li confortava accompagnandoli al patibolo. La Chiesa è stata sempre realista, non potendo abolire la pena di morte, cercava con i suoi ministri almeno di salvare le anime dei condannati. Anche su questo santo trovate nel mio blog un mio studio (San Giuseppe Cafasso, un santo straordinario nell’ordinario) Quindi vado oltre segnalando altre figure.
Beata Maria Cristina di Savoia (1812-1836) Regina delle Due Sicilie, una grande e straordinaria figura che merita essere conosciuta. Quartogenita figlia di Vittorio Emanuele I, re di Sardegna. Dal 1832 al 1836 è stata regina di Napoli, sposa di Ferdinando II di Borbone. La giovane sovrana amata dal popolo napoletano, si inserì nella corte con grande umanità e disponibilità, adoperandosi a favore dei poveri e vivendo una vita religiosissima, ma non bigotta. Anzi da quello che ho studiato e letto potremmo definirla anche imprenditrice del sociale. Chissà quali grandi e importanti opere poteva costruire nella società di allora se non fosse scomparsa prematuramente. Nell’accostarci a queste figure dobbiamo modificare il nostro atteggiamento che risente di troppi pregiudizi ideologici. Mi fermo perché anche per Maria Cristina vi rimando ai miei diversi interventi che potete trovate sempre nel mio blog, ma anche in altri dove collaboro.
- Giovanni Bosco (1815-1888) Il geniale apostolo dei giovani. Scrivo questo, basterebbe solo don Bosco per dare molte risposte ai tanti problemi (almeno quelli che riguardano i giovani) che affliggono la nostra società. Certamente don Bosco è il Santo più conosciuto di Torino. Si è scritto tanto sul fondatore dei Salesiani, allievo di San Giuseppe Cafasso e come lui proveniva da Castelnuovo d’Asti, da una modesta famiglia, ma da una grande mamma, “Mamma Margherita”. Don Bosco in una società dove i ragazzi erano abbandonati a se stessi (le istituzioni liberali e massoniche pensavano ad altro) lui, seppe impiantare una grande e straordinaria opera educativa col suo metodo preventivo, salvò centinaia di ragazzi, togliendoli dalla strada e facendoli diventare oltre che buoni cristiani anche buoni cittadini. Non sto qui a elencare quello che ha creato nella cittadella di Valdocco, dove sorge la grande Basilica di Maria Ausiliatrice, la “Sua” Madonna.
Beato Francesco Faa di Bruno (1825-1888) il beato che ha saputo porre la fede, la scienza e la carità al servizio di Dio e dei fratelli vivi e defunti. Definito “un italiano serio”, in un celebre libro di Vittorio Messori. Al beato Faa di Bruno sono molto legato; è una figura che mi appassiona, oltre a libro di Messori, ho letto diverse altre opere sul beato ed ho frequentato i luoghi dove lui è vissuto qui a Torino. Conosco le suore Minime di N.S. Del Suffragio (tra queste la postulatrice del beato) che lui ha fondato, in via San Donato a Torino. Appartenente ad una nobile famiglia dei Faa, marchesi di Bruno, nell’Alessandrino. Fu capitano dell’esercito sabaudo, combatté nella Prima Guerra d’Indipendenza e si distinse nella battaglia di Novara. Congedatosi dall’esercito, si dedicò a tempo piena alla ricerca scientifica e all’apostolato. Ricevette l’incarico dell’insegnamento di Analisi superiore all’Università di Torino, ma perchè cattolico, gli fu negato l’ordinariato dalle istituzioni massoniche. Fu anche un inventore, tuttavia la sua scelta di vita era un’altra, aiutare i poveri e i diseredati a cominciare dalle donne di servizio che dopo essere state sfruttate, indifese, venivano buttate sul lastrico. Spesso queste donne erano il principale serbatoio della prostituzione.“Oltre all’aiuto spirituale ed economico (in caso di disoccupazione), veniva loro garantito un minimo di istruzione e offerta una preparazione professionale”. Anche Faa di Bruno potrebbe offrire delle risposte utili sulla violenza contro le donne. Però nessuno neanche i cristiani si azzardano a proporre come modelli questi uomini e donne di Chiesa che si sono impegnati gratuitamente e seriamente per creare l’armonia sociale nella società del loro tempo. Faa di Bruno diventato sacerdote nel 1876 a cinquantun anni, ha fondato la Congregazione delle Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio. Non vado oltre perchè soprattutto per questa figura di “santo” speciale ho approfondito molto.
Passo a S. Leonardo Murialdo (1828-1900) L’apostolo della gioventù operaia. Come il beato Faa di Bruno è poco conosciuto al grande pubblico. Eppure ho potuto constatare presentando, “Il Pioniere. Leonardo Murialdo tra i giovani e mondo operaio”, di Pier Giuseppe Accornero, edizioni Paoline (1992) che Murialdo “è il più torinese, e anche il più moderno – per nascita, mentalità, temperamento, formazione e realizzazioni – fra i santi e i beati che nella prima capitale d’Italia hanno vissuto e lavorato”. Da solo ha creato una infinità di opere tutte a favore dei ceti sociali più poveri. “Per migliorare la condizione del mondo operaio, – scrive Tuninetti – soprattutto giovanile, don Murialdo si tuffò letteralmente in una infinita serie di impegni e di iniziative, tanto che in quei decenni in Torino non ci fu quasi iniziativa sociale, che non lo abbia visto tra i promotori o tra i sostenitori”. Fu sostenitore delle Unioni Operaie Cattoliche, fondate nel 1871 a Torino. Dall’associazione nacquero tutto un complesso di organismi assistenziali e professionali, culturali, religiosi e di opere economico-sociali. Nel 1883 fondò un organo di stampa, “La Voce dell’operaio”, a questo proposito cito lo studioso torinese Massimo Introvigne, del Centro Studi sulle nuove religioni (CESNUR) fu “la prima pubblicazione politico-religiosa cattolica italiana destinata ai ceti popolari. “Essa ebbe amplissima diffusione, non solo nel Settentrione ma in tutta Italia, fino in Sicilia e in Puglia[…] Attorno alla ‘Voce’ san Leonardo consolidò le associazioni operaie cattoliche da lui fondate come ‘società cristiane d’operai che si contrappongono alle società settarie aggregate alla Internazionale’, benemerite iniziative lodate da leone XIII e poi da san Pio X e attaccate dalla stampa filomassonica come ‘società operaie gesuitiche’, ‘covi di nemici della Patria, ‘cellule papiste e clericali’” ( San Leonardo Murialdo (1828-1900), n.44 dicembre 1978, Cristianità) Il Santo non poteva non mettere in guardia i cattolici di allora dai pericoli costituiti “dalla nuova forza sovversiva e anticristiana che si andava organizzando: il comunismo”. Il santo torinese auspicava una “reazione cattolica contro i progressi dell’Internazionale Comunista e a riproporre la necessità di un apostolato presso gli operai che, scristianizzati dalla propaganda liberal-massonica, divenivano poi facile preda dell’attivismo marxista”. A questo proposito, in un discorso del 1882, Murialdo dichiarava: “se non si contrappone un argine alle idee sovversive ed atee dell’Internazionale. La Rivoluzione con i suoi eccidi e le sue rovine potrebbe prevalere anche nella nostra Patria”.
- Maria Domenica Mazzarello (1837-1881) Cofondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice insieme a san Giovanni Bosco.
- Domenico Savio (1842-1857) Un santo quindicenne dell’Oratorio di Valdocco. Negli anni ’50, “S. Domenico conobbe il massimo della popolarità tra la gioventù cattolica, alla quale era proposto come modello di santità”. Don Bosco in persona aveva scritto una biografia su S. Domenico, destinata espressamente ai giovani. “La Vita”, riscosse un successo enorme. Ora negli ultimi tempi su questo giovane è sceso il silenzio, non era una figura, un modello, proponibile per i giovani. Anche le spoglie di S. Domenico, come della Mazzarello e di Don Bosco, sono venerate nella Basilica di Maria Ausiliatrice.
Il testo di Tuninetti segnala altre figure che non prendo in considerazione mi fermo a due nomi. Il venerabile cappuccino cardinale Guglielmo Massaja (1809-1889) Il cardinale è certamente uno dei missionari più significativi della Chiesa, considerato dalla storiografia missionaria il maggior evangelizzatore del XIX secolo, attuale nell’esempio e nel messaggio evangelico anche per le condizioni ambientali in cui lavorò, per le peripezie che ha dovuto affrontare in Africa. La sua è stata “una vita umanamente folle e soprannaturalmente feconda”, ha scritto uno storico francese dell’Etiopia. Sono stati scritti 12 volumi sulla sua lunga missione etiopica, scritti per ordine di Leone XIII a partire dal 1880. E’ venuto fuori uno dei capolavori della letteratura missionaria mondiale di tutti i tempi. I suoi confratelli hanno sintetizzato la sua vita missionaria in Otto traversate del Mediterraneo, dodici del Mar Rosso e tre pellegrinaggi in Terra Santa, quattro assalti all’impenatrabile fortezza abissina del Mar Rosso, dall’Oceano Indiano e dal Sudan. Quattro esili, quattro prigionie con diversi rischi di morte, questa la sua vita travagliata di missione.
A questo punto il testo fa riferimento al beato Giuseppe Allamano, che recentemente papa Francesco ha canonizzato. Quarant’anni di ministero sacerdotale presso il Santuario della Consolata a Torino. Fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata. Nato anche lui a Castelnuovo d’Asti come il Cafasso e don Bosco.
Ci sono tanti altri nomi, ma io devo avviarmi alla conclusione del mio studio. Segnalo il venerabile Giacomo Alberione (1884-1971) Fondatore della casa editrice Paoline, apostolo dei mass media. Ha rappresentato la voce dell’informazione cattolica: una vita al servizio di Dio e dei fratelli, tramite lo strumento dell’informazione nelle sue diverse ramificazioni. I giornali, la radio, il cinema: un “impero” editoriale che ha visto protagonista il gracile (ma forte) sacerdote piemontese. Fondatore – anche se amava ripetere che i veri fondatori fossero due, il Signore e san Paolo di Tarso – della Società San Paolo (1914) e poi, successivamente, della congregazione delle Figlie di San Paolo (1915), delle Pie discepole del Divin Maestro (1923), delle Pastorelle (1938), delle Apostoline e di altre congregazioni di tipo laicale facenti parte tutte della cosiddetta Famiglia Paolina. Una famiglia immensa e sempre proficua: un “esercito bianco”, così si potrebbe definire, per il bene della Chiesa e per la diffusione della Parola di Dio. (Antonio Tarallo, La lezione. Il beato Alberione e la base per una comunicazione cattolica, 26.11.24, lanuovabq.it)
Concludo con il giovane beato Pier Giorgio Frassati (1901-1925) sarà canonizzato da Papa Francesco nel prossimo Giubileo dei giovani nel 2025, insieme a Carlo Acutis. Frassati figlio del liberale Alfredo, proprietario e direttore del più importante giornale laico di Torino, La Stampa, rappresenta la sintesi tra il meglio di due mondi, che a Torino e in Piemonte, si contrapponevano: il mondo liberale e quello cattolico. Mi fermo perché ho intenzione di preparare un profilo sulla figura di questo straordinario giovane santo.
DOMENICO BONVEGNA
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