Finanziamento pubblico dei partiti, e non solo. Buco nero della civiltà

Il presidente della Repubblica ha fatto sapere ai partiti in Parlamento che non è opportuno il tentativo, a opera dei partiti di governo e opposizione, di raddoppiare gli importi del finanziamento pubblico per loro stessi e istituire un meccanismo (tipo 8xmille alle confessioni religiose) per cui quelli che danno indicazione decidono anche per quelli che non indicano.

Reazioni più o meno imbarazzanti dei diretti interessati, inclusi alcuni giornali che, se non ci fosse quell’altro finanziamento pubblico che grida vendetta (i contributi all’editoria), non potrebbero esistere perché non capaci di essere e competere sul mercato.

E’ bene ricordare che, quando fu istituito il finanziamento pubblico ai partiti, fu fatto per impedire che, strutture importanti per la vita democratica del nostro regime, i partiti, questi ultimi continuassero a rubare per mantenersi. Ma così non fu. I cittadini quindi decisero con un referendum di abolire questo finanziamento. Ma i partiti, continuando a rubare, per evitare (dissero) si fecero una legge per cui chi voleva poteva dare il proprio 2xmille di quanto avrebbe dovuto dare al fisco al proprio partito. Ma i partiti hanno continuato a rubare – si pensi, per esempio, alla recente vicenda della Regione Liguria.

E siamo arrivati a oggi dove, ci mettiamo la mano sul fuoco, al blocco di opportunità del presidente Mattarella, verrà trovato sicuramente un qualche altro metodo.

Il finanziamento pubblico è una classica “brutta bestia” che coinvolge, in nome di una concezione materna e proprietaria dello Stato, un po’ tutti oltre ai partiti: sindacati, patronati, associazioni, inclusa la quasi totalità di quelle di consumatori.

Coinvolgimento che, come conseguenza, fa crescere molto la sfiducia dei cittadini verso le istituzioni. Sfiducia che si manifesta con il perdurare dell’evasione fiscale e la non partecipazione alle elezioni (ormai radicata, in continuo calo, sotto il 50% degli aventi diritto).

Ora noi di Aduc, che non partecipiamo per scelta (1) a questa mangiatoia di regime. ci sentiamo un po’ in imbarazzo a dire che siamo diversi (ecco: i soliti che non se li fila nessuno…). Oltre alla nostra mini-presenza nell’opinione pubblica con perseveranza quotidiana e ai 93.352 iscritti (in questo momento) che ci danno le gambe per vivere, cosa siamo? Un bruscolino! Ma è proprio questo, senza scheletri negli armadi, che ci stimola a continuare. E non siamo qui per dire quanto siamo bravi e belli…. che vorremmo non esserlo, magari in un regime liberale e non assistito come quello in essere.

E’ per questo che continuiamo a chiedere e vivere come degli accattoni e a poterci permettere di dire le cose che abbiamo scritto. Chi altrimenti?

Ma, al di là di Aduc, rimane la denuncia che abbiamo narrato in queste righe, ché speriamo sia di stimolo perché anche e non solo in Parlamento, si possano mettere in atto politiche che guardino e siano espressione dei cittadini. Quelli che non rubano, che non raccontano balle, che non fanno finta di essere ciò che non sono. Non solo quei cittadini che pagano tasse, ma anche coloro che vorrebbero farlo senza, per questo, non avere i soldi per la vita quotidiana.

Sentiamo dire che la politica è “lacrime e sangue”, anche “merda”, aggiunge qualcuno. No, questa è la degenerazione della politica che, invece, dovrebbe essere l’arte dell’ascolto e del compromesso, arte che per essere esercitata non avrebbe bisogno di rubare, ma solo di essere scelta.

 

 

1 – https://www.aduc.it/info/chisiamo.php

 

 

Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc