Comunicazione e media»: Il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese

Mappa e fenomenologia dei consumi mediatici degli italiani. Il breve e intenso periodo tra il 2019 (l’anno prima della pandemia) e il 2023 ha segnato l’affermazione definitiva del paradigma biomediatico in tutti gli strati della società: ormai anche i tre quarti delle persone anziane e i quattro quinti dei soggetti meno istruiti hanno familiarità con strumenti connessi in rete. Complessivamente, la fruizione della televisione rimane pressoché stabile, passando dal 95,1% di utenza nel 2022 al 95,9% nel 2023, con la tv tradizionale (il digitale terrestre) che registra un +0,9% di telespettatori rispetto all’anno precedente, una crescita dell’utenza della tv satellitare (+2,1%), un forte rialzo della tv via internet (web tv e smart tv salgono al 56,1% di utenza, con un +3,3% in un anno) e il boom della mobile tv, che è passata dall’1,0% di spettatori nel 2007 al 33,6% di oggi. Anche la radio mantiene complessivamente la sua utenza grazie ai processi di ibridazione dei diversi vettori, analogici e digitali.

I radioascoltatori sono il 78,9% degli italiani, con una lieve flessione da un anno all’altro (-1,1%). In particolare, mentre la radio ascoltata in casa attraverso l’apparecchio tradizionale subisce un calo, passando al 45,6% di utenza (-2,4% rispetto al 2022), l’autoradio si attesta al 69,1%, ritornando ai livelli antecedenti alla pandemia. E i fruitori di podcast online sono il 10,1% degli italiani. Nell’ultimo anno si registra un consolidamento dell’impiego di internet da parte degli italiani (l’89,1% di utenza, con una differenza positiva di 1,1 punti percentuali in un anno), mostrando una forte sovrapposizione con quanti utilizzano gli smartphone (l’88,2%) e i social network (82,0%). Per i media a stampa, invece, si accentua ulteriormente la crisi ormai storica, a cominciare dai quotidiani cartacei venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridottisi al 22,0% nel 2023 (con una differenza pari a -3,4% in un anno e a -45,0% in quindici anni). Si registra ancora una limatura dei lettori dei settimanali (-1,7%) e dei mensili (-2,8%).

Anche gli utenti dei quotidiani online diminuiscono: sono il 30,5% degli italiani (-2,5% in un anno), mentre sono stabili quanti utilizzano i siti web d’informazione generici (il 58,1% come già nel 2022, ma cresciuti del 21,6% dal 2011). Nel 2023 si arresta l’emorragia di lettori di libri: gli italiani che leggono volumi cartacei sono il 45,8% del totale (+3,1% rispetto allo scorso anno, ma -13,6% rispetto al 2007) e il 5,3% utilizza gli audiolibri. I lettori di fumetti e graphic novel sono l’8,0%. La ripresa non riguarda i lettori di e-book, che rimangono stabili al 12,7% degli italiani (-0,6% in un anno). Tra i giovani (14-29 anni) si registra un consolidamento nelle abitudini di impiego delle piattaforme online. Il 93,0% utilizza WhatsApp, il 79,3% YouTube, il 72,9% Instagram, il 56,5% TikTok. In lieve flessione, oltre a Facebook (passato dal 51,4% di utenti in questa fascia d’età nel 2022 al 50,3%), anche Spotify (dal 51,8% al 49,6%) e X/Twitter (dal 20,1% al 17,2%). Gli utenti di Telegram diminuiscono dal 37,2% del 2022 al 26,3%, quelli di Snapchat dal 23,3% all’11,4%, LinkedIn si attesta al 9,6%.

Messaggio testuale o messaggio visuale? L’informazione al bivio. L’83,7% degli italiani si informa utilizzando lo smartphone. Di questi, il 37,9% preferisce effettuare una ricerca mirata, il 28,2% invece consulta diverse fonti per disporre di un quadro completo e esaustivo, il 25,4% legge sullo smartphone interi articoli e solo il 13,2% si limita ai titoli, il 12,3% legge anche i commenti dei lettori e dei follower, il 12,1% guarda prevalentemente i video (è il pubblico più giovane: il 16,7% nella fascia tra i 14 e i 29 anni), l’8,1% guarda solo le immagini (il 9,7% tra i giovani), il 5,2% commenta articoli e scrive post, il 4,6% li condivide, il 3,7% usa lo smartphone per informarsi ascoltando i podcast. Si possono quindi suddividere gli utenti tra lettori e visualizzatori. I visualizzatori sono ancora una minoranza, ma destinata a moltiplicarsi, sia perché incoraggiata dalle piattaforme che si fondano su questa modalità di comunicazione (Instagram, Telegram, TikTok), sia per la disabitudine a leggere testi lunghi.

Si leggono ancora i libri in Italia? In Italia i lettori di libri, anche saltuari (almeno un libro l’anno), nel 2023 rappresentano complessivamente il 48,3% della popolazione. Erano il 42,7% l’anno prima, il 43,7% nel 2019, ma il 59,4% nel 2007. Più della metà della popolazione italiana non legge affatto, dunque, sia libri a stampa che in formato e-book. Se poi si considera chi ha letto almeno tre libri a stampa nell’arco dei dodici mesi, ci si arresta a un quarto degli italiani (il 25,1%), con un piccolo miglioramento rispetto al 2019, quando la percentuale si fermava al 21,3%. L’8,0% degli italiani con almeno 14 anni di età ha letto fumetti o graphic novel nell’ultimo anno, con una netta predominanza della componente maschile della popolazione (il 10,7% di lettori tra i maschi, il 5,3% tra le femmine) e dei soggetti più istruiti (il 9,7% tra i diplomati e i laureati, il 5,8% tra i meno scolarizzati). Ancora più contenuto è il drappello degli estimatori dell’audiolibro, pari al 5,3% degli italiani.

Dare importanza alle parole: politically correct, ideologia woke e cancel culture. L’opinione degli italiani sul linguaggio adoperato dai media rivela una grande propensione a favore dell’adozione di apposite regole per evitare che vengano usate espressioni offensive o discriminatorie nei confronti di particolari categorie di persone. Il consenso più alto (76,9%) si registra a proposito delle espressioni riguardanti l’aspetto fisico (persone sovrappeso, obesi, con disabilità, ecc.). Molto elevato è anche l’auspicio di una regolamentazione delle espressioni usate dai media quando si parla delle differenze religiose (74,0%), dell’orientamento sessuale (73,7%), dell’identità di genere (72,6%) e delle specificità etniche e culturali (72,5%). Il discorso cambia a proposito del linguaggio adoperato dalle persone nelle proprie conversazioni quotidiane. Infatti, il 69,3% degli italiani risulta infastidito dal fatto che ci sia sempre qualcuno che si offende se si pronuncia qualche frase ritenuta inopportuna da chi la ascolta. A proposito di cancel culture, solo il 21,4% degli italiani ritiene che le opere d’arte del passato che oggi urtano la sensibilità di qualcuno andrebbero messe da parte.

Intelligenza artificiale: una minaccia o una opportunità? Oggi i software generatori di immagini sono usati dall’8,4% degli italiani, i generatori di testi (ChatGpt e simili) dall’8,2%. Ma per il 65,5% degli italiani gli effetti sull’occupazione saranno disastrosi a causa della sostituzione degli esseri umani con computer e chatbot. Il 37,4%, invece, pensa che grazie all’intelligenza artificiale potremo liberarci dai lavori ripetitivi e noiosi, favorendo in questo modo l’esercizio delle attività creative. Il 55,9% si aspetta un miglioramento delle cure mediche. I vantaggi derivanti dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale riguarderanno proprio la ricerca scientifica (per il 45,4%) e la sanità, sia a livello diagnostico che terapeutico (per il 44,5%). Ma l’82,0% ritiene che debbano essere posti limiti ben precisi alle applicazioni dell’intelligenza artificiale attraverso un’apposita regolamentazione, solo il 18,0% è contrario.