Dopo Ercolano, Ischia e Napoli, dopo Ondaperpetua, Mythos e Intermundia ecco Terraincognita, sottotitolo: Imago Visibilis et Invisibilis. Per la quarta volta quest’anno una mostra personale di Ugo Levita in Campania. Dal 22 dicembre 2024 al primo febbraio 2025 i suoi dipinti saranno esposti nelle sale del Museo MILA, Museo Itinerante Luoghi Alfonsiani a Sant’Agata de’ Goti. Mostra a cura di Ferdinando Creta in collaborazione con ARCOS, Museo d’Arte Contemporaneo del Sannio di Benevento e con il patrocinio comunale e della provincia.
Vernissage domenica 22 dicembre alle ore 12.00
Per i visitatori della mostra l’ingresso al museo sarà libero.
“Terraincognita”, come usavano scrivere, ovviamente in latino i romani a riguardo dei luoghi sconosciuti ancora inesplorati, o che non interessavano all’esplorazione. Ma nel nostro caso non si fa riferimento a territori geografici, ma a luoghi inesplorati del nostro animo. Spazi sconosciuti dove scoprire le figure del visibile e dell’invisibile. Le storie che racconto non sono rebus da decifrare, ma un invito alla ricerca personale e individuale dello spettatore, dalle immagini del proprio vissuto, a quello collettivo del mondo e degli archetipi. “La creatività richiede il coraggio di sbarazzarsi delle certezze” diceva Erich Fromm. Non è importante la “meta”, è importante il “percorso” che si compie per raggiungerla, e quando la si è raggiunta ricominciare a cercare e stupirsi ogni volta.
Ugo Levita
“Terra Incognita – Imago Visibilis et Invisibilis” vi invita a varcare le soglie dell’ignoto, esplorando il sottile confine tra ciò che vediamo e ciò che resta celato. Attraverso le opere di Levita, scoprirete mondi inesplorati, dove ogni pennellata racconta storie di emozioni profonde e invita a riflessioni sulla nostra realtà contemporanea.Il vernissage sarà una vera e propria celebrazione della creatività e dell’innovazione, un momento magico da condividere con altri amanti dell’arte. Vi aspettiamo per un viaggio emozionante nel mondo dell’arte, dove ogni opera diventa un portale verso nuove dimensioni!
Rosangela Ciaramella
Responsabile Museo Mila
La mostra “Terraincognita. Imago visibilis et invisibilis” di Ugo Levita si propone come un viaggio tra il visibile e l’invisibile, un’esperienza che invita lo spettatore a esplorare le sfumature dell’arte antica e contemporanea. In un contesto museale che abbraccia secoli di storia, Levita crea un dialogo profondo tra sacro e profano, tra il passato e una visione innovativa del presente. Attraverso un linguaggio artistico che si nutre di simbolismi e narrazioni oniriche, l’artista invita a riflettere su temi esistenziali e spirituali, stimolando un’interazione intima con le sue opere. La mostra non è solo un’esposizione visiva, ma un invito a interrogarsi sulla natura della realtà e sull’essenza dell’immagine, facendo emergere una sacralità che risuona nei luoghi di Sant’Agata de’ Goti.
“Terraincognita” diventa così un palcoscenico per esplorare il complesso rapporto tra l’arte e la vita, tra visibilità e invisibilità, tra sogno e realtà. La mostra, allestita nei luoghi del MILA – Museo itinerante dei luoghi alfonsiani, arricchisce ulteriormente le esposizioni con un’esperienza che trascende il tempo e lo spazio.
Qui, ogni opera non è solo un oggetto da osservare, ma un portale che conduce a riflessioni profonde e personali, invitando il pubblico a lasciarsi coinvolgere in un dialogo che oltrepassa i confini della percezione. In un mondo in cui il frastuono quotidiano spesso oscura la bellezza dell’introspezione, “Terraincognita” si erge come un rifugio per l’anima, un invito a riscoprire la meraviglia dell’arte e la sua capacità di rivelare ciò che è nascosto, trasformando il visitatore in un esploratore di mondi inesplorati.
Responsabile del progetto MILA
Rosangela Ciaramella
Terraincognita
Imago visibilis et invisibilis
Molto semplicemente: per lo spettatore una mostra – scriveva nel 2013 Jean-Max Colard in Titologia dell’esposizione – comincia generalmente dal suo titolo. Che sia su un invito, su un poster o scritto a grandi lettere sul muro all’ingresso di una sala, il titolo, che costituisce spesso il primo ‘interfaccia’di una mostra, è un mix di informazione e seduzione. I titoli delle mostre di Levita – come in questo caso Terraincognita. Imago visibilis et invisibilis – vanno oltre: dispiegano – direbbe Hans-Robert Jauss – un “orizzonte d’attesa”, in sostanza sono sfacciatamente “surreali”, un po’ come la sua poetica. Dopo le mostre Ondaperpetua, Mythos e Intermundia, realizzate negli ultimi tempi, Terraincognita, in un ordinamento museale, quello del Mila, dal romanico al barocco, tra immagini visibili e invisibili, tra sacro e profano, coniuga l’arte antica con quella contemporanea in combinazione sapiente di un ideale classico di bellezza e di sperimentazione, così come si conviene negli spazi sacri e nei luoghi a cui ci si avvicina con rispetto. È un tentativo di dialogo tra le passioni più viscerali della società contemporanea e la spiritualità Alfonsiana, incentrata sulla pratica dell’amore, che si riflettono nella sacralità dei luoghi di Sant’Agata de’ Goti. Continuo a sostenere che Ugo Levita appartiene a quel genere di artisti che fa buon uso della libertà di spirito. “La sua pittura di fantasie e di sogni, di incubi e di miti, di simboli e di miracoli, di tutto – ha scritto Antonio Carlo Ponti – in un intrico di piani e di flash back, di commistioni e di intarsi”, scandisce i tempi e la complessità della vita. Con un linguaggio che si rifà, tra gli altri, alla statuaria antica, Levita si appropria del passato per rileggerlo, assimilarlo, convertirlo e celebrarne la contemporaneità. Le sue narrazioni “dentro la storia audace e onirica dell’utopia”, ricche di gestualità e simbolismi, con tutte le sue dissonanze, nel collegarsi all’immaginario sociale, vivono il loro rapporto con la storia dell’arte. “Forse lo scopo maggiore – scrive nel 2017 Vittorio Sgarbi – delle opere di Levita, filosofico, prima ancora che artistico, è insinuare in noi un dubbio supremo, terrificante nell’ineludibilità della sua sostanza: e se fosse la realtà, o meglio, quella che ci fanno ritenere tale, la grande aberrazione, l’abbaglio alla base di tutti gli altri? Se fosse quello rivelatoci da Levita il vero mondo, intuibile solo per chi avesse il dono di poterle intuire, servendo a poco o a nulla la ragione?” E allora chissà se Terraincognita. Imago visibilis et invisibilis non possa aiutarci a sciogliere il dubbio supremo prospettato da Sgarbi. Certo è che Levita scava in quello che è il significato profondo dell’immagine nella contemporaneità. Nell’utilizzare sé stesso come soggetto delle sue opere, gioca sulla mutazione continua della propria immagine, e così facendo crea immagini visibili e invisibili al tempo stesso. I dipinti di Levita definito “pittore di altari laici”, non sono altro che lo specchio del suo rapporto ermetico con le icone che rappresenta: visibili e invisibili. Nella sua ricerca figurativa, surreale e onirica, coinvolge una certa visione “sacrale” dove come in un rito propiziatorio, inconscio e collettivo, ciascun spettatore trova nel confronto con l’opera la sua personale risoluzione. L’impatto è intenso: le memorie dall’antico vengono ricreate dall’artista per diventare, attraverso la sua arte, patrimonio condiviso. La pittura di Levita, interagendo all’interno del museo con altre espressioni figurative, riempiendo i vuoti, celebra l’esistenza dei luoghi Alfonsiani: Terraincognita. Imago visibilis et invisibilis.
Curatore della mostra
Ferdinando Creta