EL MARCHIONN E LA NINETTA: CARLO PORTA NEL MONDO DEGLI ULTIMI

Il progetto di messa in scena delle opere in versi: “La Ninetta del mercato” e “Lamento di Melchiorre dalle gambe sbilenche” di Carlo Porta, con gli attori: Elena Callegari e Mario Sala, prevede di avvalersi della traduzione di Patrizia Valduga, con lo scopo di portare a conoscenza del maggior numero di persone possibile l’opera del grande autore milanese.

Patrizia sembra avere trattato il dialetto milanese di Porta come più volte ha trattato le lingue straniere che ha tradotto: da Shakespeare, a Moliere, a Mallarmé ecc.  Scrivere in versi per Patrizia sembra essere un conforto, una medicina. In essi cerca di comunicare ai lettori la sua passione per la poesia: la gioia a scriverla e il piacere a leggerla. Nella poesia del Porta contano molto il ritmo, la musicalità e la forma. La poesia è una successione di suoni e di ritmi. Anche i versi liberi non sono mai liberi perché devono stare all’interno di una metrica, secondo una loro intrinseca necessità. Questo ordine, questa necessità ne ritmano il significato, anzi i significati: “la poesia deve sempre dire di più di quel che dice”.

“La Ninetta del mercato” e “Lamento di Melchiorre dalle gambe sbilenche” sono due componimenti che esprimono il rammarico per aver perso l’illusoria felicità, ingenuamente malriposta, nei confronti di un giovane e di una donna ammaliatrice, rispettivamente: el Pepp e la Tetton.

Sono due storie che descrivono due soprusi amorosi. Raccontano le disavventure di Ninetta, una pescivendola che lavora al mercato comunale e viene raggirata da un giovane privo di scrupoli, e di un ciabattino, Melchiorre, che suona il mandolino in una sala da ballo e viene circuito da una donna disonesta. Le due poesie sembrano interfacciarsi a specchio e finiscono per scivolare una nell’altra, restituendoci uno spaccato di vita popolare di straordinaria vivacità e inesauribile vitalità. Vengono raccontate scene di una Milano brulicante di suoni, odori, personaggi che sembravano essere sepolti nel nostro animo più profondo e che l’umorismo, la pietà e l’amore del Porta per la sua “gente” ci riportano alla coscienza.

Per cercare di recuperare quelle atmosfere, proveremo ad integrare insieme alla traduzione di Patrizia Valduga, alcuni versi originali di Carlo Porta, alternandoli con la versione italiana a seconda del significato. E creare così un cortocircuito linguistico che favorisca un avvicinamento fra il tardo settecento lombardo e la contemporaneità.

Quest’ opera di avvicinamento tra la lingua italiana di oggi e il dialetto autentico del Porta produrrà un’osmosi di due mondi culturali che sono una conseguenza diretta dell’altro.

Nell’introduzione iniziale della prefazione al libro su Carlo Porta, (edizioni Einaudi 2018), la poetessa riporta uno scritto di Giovanni Raboni sul grande poeta milanese. Il critico letterario sostiene che per mettere chiunque non conosca l’antico dialetto milanese del Porta nella condizione di capire o almeno di immaginare come “suonano”, cosa “sono” al di là del significato letterale, i versi di questo grande autore, “occorra una traduzione vera, una traduzione capace di suggerirne la struttura metrica, e la specificità figurale.”
Il lavoro che faremo con gli attori che porteranno in scena l’opera di Carlo Porta terrà come caposaldo la traduzione di Patrizia Valduga che sarà perciò determinante nel fare conoscere questo grande poeta al di fuori di una nicchia ristretta di fedelissimi.