Reggina di origine e Milanese di adozione, Giusy Versace ha vissuto nella città dello Stretto fino a quando, all’età di vent anni, il lavoro e la vita l’hanno portata prima a Londra e poi a Milano dove, per 15 anni, ha lavorato nel campo della moda come retail manager. Il 22 agosto del 2005 durante una trasferta di lavoro, ha perso entrambe le gambe in un incidente stradale, un evento che ha rimesso tutta la sua vita in gioco senza mai rappresentare una resa…
Nel 2010 ha iniziato a correre con delle protesi in carbonio, diventando così la prima atleta italiana della storia a correre con amputazione bilaterale In 7 anni ha vinto 11 titoli italiani e segnato diversi record nazionali sui 100 m, 200 m, 400 m che ancora oggi portano il suo nome. Con il gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre, nel 2016 ha vinto le sue prime medaglie internazionali (Campionati Europei Argento sui 200 m e Bronzo sui 400 m) e nello stesso anno ha raggiunto il suo più grande obiettivo partecipare alle Paralimpiadi di Rio entrando in finale nella gara dei 200 m.
Nel 2011 ha fondato l associazione no profit Disabili No Limits www.disabilinolimits org per aiutare altre persone con disabilità a ottenere ausili e protesi di alta tecnologia e promuovere lo sport come mezzo di inclusione sociale nel frattempo, ha scritto due libri per stimolare la gente a guardare alla disabilità con occhi migliori nel 2013 la sua prima autobiografia Con la testa e con il cuore si va ovunque e nel 2018 il suo primo libro illustrato per bambini WonderGiusy “”(che racconta le avventure di una supereroina dotata di un paio di gambe alate sempre pronta ad aiutare il prossimo).
Nel 2018 viene eletta alla Camera dei Deputati nella XVIII Legislatura, portando in Parlamento le sue battaglie per lo Sport e per i giovani, per le Pari opportunità e per le Disabilità Alle elezioni politiche del 2022 viene eletta al Senato della Repubblica nella XIX Legislatura, ricoprendo gli incarichi di Segretario della Presidenza e di Vicepresidente della Commissione 7 ^^( Sport, Istruzione, Ricerca scientifica e Spettacolo), oltre a essere membro della Commissione bicamerale per l Infanzia e l’Adolescenza…
Nella lotta contro la violenza sulle donne, un importante posto merita il muro di bambole, ‘Wall of Dolls’, nato nel giugno di 10 anni fa a Milano, da un’idea della cantante Jo Squillo durante l’apertura di Milano Moda Uomo, proprio per lanciare agli uomini un messaggio forte e chiaro. Che cosa ha imparato da questa esperienza?
Jo Squillo è un vulcano di energia e generosità e insieme portiamo avanti tante iniziative e tante battaglie. Con WallOfDolls ho avuto modo di conoscere persone straordinarie, che dedicato il proprio tempo ad aiutare e ho conosciuto donne impavide che hanno trovato il coraggio di denunciare e ricostruirsi una nuova vita. Per nulla facile e neppure scontato, soprattutto quando incontri mamme di vittime di femminicidi … un dolore immenso e indescrivibile, trasformato in una battaglia di civiltà per educare le nuove generazioni. So che il ‘Muro delle Bambole’ ha recentemente preso vita anche a Messina e spero di avere presto l’occasione per visitarlo.
La moda come la politica oggi dipende molto dai social media. Che cosa pensa di questa rivoluzione digitale?
La vedo come un’opportunità e ci siamo resi conto, soprattutto durante la pandemia, quanto da un lato i social abbiano per certi aspetti avvicinato le persone e i mondi e per altri allontanato. Personalmente credo che abusarne non aiuti. Il rischio è soprattutto quello di svilire contenuti e dibattiti. La moda vive anche di immagine e i social ne sono una grande vetrina, ma chi paga a maggior prezzo questo modo di comunicare è, a mio avviso, la Politica. Molta gente mette like in modo impulsivo compulsivo, senza leggere neppure le didascalie perché ormai si leggono titoli e non i testi più lunghi e troppe volte ci si nasconde dietro una tastiera per insultare, offendere e dare libero sfogo a proprie frustrazioni… Esiste poi anche una parte bella e positiva, di messaggi importanti che vogliono diffondere inclusione e gentilezza. Di fatto, ci troviamo davanti ad un cambiamento che è ormai in atto e che non si può fermare, ma solo imparare a gestire.
Come si sente nella parte di chi deve spiegare ai giovani come si diventa persone civili prima e professionisti poi? Come si metabolizza l’amarezza di una sconfitta?
Fa parte della vita. Tempo e intelligenza aiutano. E poi c’è lo sport, insegna a tutti che non ci sono alibi e che se cadi ti devi rialzare e ricominciare.
Che cos’è per lei lo Sport?
Lo sport è una sana boccata di allegria e di vita. Lo definirei una sorta di ‘doping sano’, un antidepressivo naturale che porta solo tanti effetti benefici psicofisici. Ma soprattutto uno strumento prezioso grazie al quale la gente impara ad apprezzare ciò che riesce a fare, senza soffermarsi al limite. Nel mondo della disabilità, lo sport ha consentito di rivoluzionare l’approccio sociale e culturale. Io ne sono un esempio mio malgrado: 15 anni fa mi indicavano come “la Versace che ha perso le gambe” oggi mi indicano come “la Versace, l’atleta o la ballerina”.
L’attività sportiva educa al sacrificio, al rispetto degli avversari, delle regole nella competizione: allora perché purtroppo spesso una manifestazione sportiva che sia una olimpiade o una semplice gara amatoriale viene sporcata dal doping?
Non userei il termine ‘spesso’ ma piuttosto direi ‘a volte’ episodi simili macchiano questo mondo, ma lo sport continua a essere portatore di valori sani.
L’Italia è un Paese di talenti. Dalla musica alla medicina, dalla moda al cinema. Ma anche di continui blocchi e interferenze, per non parlare dei pregiudizi. Perché una persona di talento deve sempre e comunque avere un “padrino” per emergere?
Lei continua ad usare l’avverbio ‘sempre’ ma non sono molto d’accordo. Secondo me rischiamo di mandare un messaggio sbagliato ai lettori. Conosco gente che si è affermata con le proprie forze, altri rimasti nell’anonimato ma comunque felici e altri ancora che, grazie a un incontro, hanno svoltato. La vita è così, imprevedibile. Nulla è scritto. Io stessa non avevo mai sognato, né pianificato di scrivere libri, di lavorare in radio e TV, calcare i palchi teatrali. Si è stravolta nel bene e nel male e mi ha posto davanti sfide il cui risultato non è mai stato certo ma ho solo potuto scegliere se accettarle o meno.
Come è possibile vivere di arte e cultura senza limitarsi a sopravvivere?
Certamente arte e cultura sono settori e percorsi più complicati di altri. La passione diventa il vero motore, però va anche detto che ci sono tantissime persone che vivono di arte e cultura in svariati settori e con diversi compiti. Dobbiamo portare esempi di chi ce la fa perché sia da stimolo. Serve ovviamente essere elastici e disposti al sacrificio. Oggi dobbiamo anche dirci che le garanzie non si hanno in nessun settore.
La libertà è un concetto molto complesso: la sua idea di libertà in cosa consiste?
Nella scelta! Sei puoi scegliere sei già una persona libera. Io ho sempre scelto e reputo che sia una grande fortuna che dobbiamo apprezzare ed essere grati per avere il diritto di azione, pensiero, parola, scelta che in molti non hanno.
Papa Francesco sostiene che dalle cronache di questi giorni bisogna mettere al primo posto la dignità umana, le persone concrete, soprattutto le più bisognose per un futuro fondato sulla fraternità…Una bella sfida: che ne pensa?
Condivido il pensiero e personalmente mi impegno ogni giorno per costruire un mondo più gentile. Se lo facessimo tutti, guardando chi sta peggio o ha bisogno, offrendo il nostro tempo, facendo un po’ di volontariato, forse vivremmo tutti in un mondo migliore.
Molti sostengono che tutto ciò che si dona al mondo, torna indietro in moltissime forme inaspettate… Quanto ci crede? E quale, tra i tanti progetti, le ha regalato le maggiori soddisfazioni?
Mia nonna mi ha cresciuta ripetendo sempre queste parole: “ricordati che le azioni sono un boomerang. Fai del bene e ti torna bene, fai del male e ti torna male”. Ho raccolto tante soddisfazioni grazie al mio impegno con UNITALSI e con la onlus che ho fondato “Disabili no Limits”, attraverso la quale organizzo eventi per promuovere lo sport come terapia, mezzo di inclusione e soprattutto raccolgo fondi per regalare protesi e ausili di alta tecnologia che oggi lo Stato non copre. Ogni vita migliorata e ogni sorriso regalato fanno sentire anche me una persona migliore. È il mio modo per ringraziare Dio della nuova opportunità di vita che mi ha dato e cerco in qualche modo di offrire anche agli altri la stessa opportunità che ho avuto io.
Si dice che più un sogno è grande, più ha confini indefinibili: cosa nella sua vita ancora manca?
Sinceramente non saprei. Ho fatto talmente tante cose che un’intera vita non mi sarebbe bastata neanche per immaginarle tutte. Forse una cosa che mi manca c’è: se proprio devo sognare in grande, direi che non mi dispiacerebbe essere la prima persona ad appoggiare il piedino in carbonio sulla Luna!