L’INTERVENTO: IL GOLF ELEGGE IL NUOVO PRESIDENTE. PERÒ PURTROPPO NULLA CAMBIERÀ

So che l’argomento interessa poche persone, ma tra pochi giorni, il 3 febbraio, verrà eletto il nuovo governo della Federazione italiana golf. Immagino già molti di voi esclamare “sti cazzi”, che è un simpatico, anche se non elegante, modo romano per dire: chi se ne frega. Sono quasi certo che nel microcosmo di questo sport, infatti, che a quasi nessuno di quelli che scendono in campo il sabato e la domenica per la Coppa Fragola – come diceva il grandissimo e purtroppo insostituibile Mario Camicia – importi qualcosa di questa scadenza “politica” che deciderà chi dovrà prendere il posto di Franco Chimenti, il quale ci ha lasciato dopo essere stato rieletto per l’ennesima volta.
Rimarrà nella storia come il presidente che ha portato la Ryder Cup a Roma, impresa che nessuno immaginava fosse possibile. Per il resto ha fatto l’unica cosa che era umanamente possibile: far sopravvivere questo sport. Che è quello che proverà a fare chi prenderà il suo posto, tirare avanti.
Il che è già di per sé una bella impresa. Terminato lo show della campagna elettorale dove, come nella politica vera, le promesse e le buone intenzioni sono tante, il prossimo presidente della Federgolf quando si ritroverà davanti ai numeri reali non potrà far altro che mettersi le mani nei capelli e chiedere agli uomini che formeranno il suo governo di tappare le falle e cercare di galleggiare. Io, sarò pure un pessimista, non vedo altre possibilità.
Da quando ho tirato (male) la mia prima pallina sul campo di Zoate, grazie al caro Angelo Corvini, era il 1982, sento sempre gli stessi discorsi, le stesse proposte, i soliti voli nell’impossibile che sintetizzerei con “se mia nonna aveva le rotelle era un tram”. Vecchia e sgrammaticata battuta, ma rende l’idea.
Ci sarà chi proporrà campi pratica comunali, chi s’immagina un intervento di Palazzo Chigi per promuovere nuovi campi turistici lungo le meravigliose coste del nostro Paese, chi auspica che nelle scuole il golf diventi una materia obbligatoria e chissà quale altra invenzione che non sia già stata già proposta mille volte.
La verità, unica e indiscutibile, è che realizzare un campo da golf costa tantissimo e mantenerlo ancora di più. E da qui non si scappa. L’altra verità è che in giro non c’è una lira. Non ne ha la politica, che fatica a chiudere i bilanci dello Stato, e gli imprenditori che potrebbero investire se ne guardano bene dal farlo, di questi tempi. Per il Pubblico buttare soldi nel golf in un Paese che tira la cinghia sarebbe sicuramente la scelta più impopolare possibile. Per i privati la storia insegna che pochissimi hanno fatto buoni affari. Sono più quelli che ci hanno rimesso.
Il problema più grosso, comunque, è non ci sono i giocatori. Dei pochi che ci provano, molti smettono nel giro di breve tempo. Non è vero che è uno sport per ricchi, ma essere benestanti aiuta. Sempre che in famiglia sia uno solo a iscriversi a un golf. Se mamma, papà e due figli vogliono scendere in campo se ne vanno non meno di dodicimila euro all’anno solo per la quote del club . Poi, c’è l’attrezzatura, le lezioni con il maestro, i soldi per iscriversi alle gare, la vita di circolo, cene, merende e aperitivi. I soldi volano.
E, poi, c’è il problema tempo. O gioca tutta la famiglia – e vale il discorso di cui sopra – oppure il papà che sparisce per tutto il weekend è un disastro. La moglie può sopportare questa assenza solo se ha un amante. E i figli solo se il padre è un rompicoglioni, meglio non averlo attorno. Qualcuno sorriderà, ma gli equilibri famigliari sono meccanismi molto delicati, elastici che si tendono ma talvolta si spezzano. Ne vale la pena per rincorrere una pallina da golf? Meglio il padel, una partita con gli amici, ci sta pure la birra e in un paio di ore uno torna a casa salvando così la tranquillità domestica.
Amando da tanti anni questo meraviglioso gioco, è logico che auguri al nuovo presidente di far fare a questo sport il salto in avanti che non è mai riuscito a fare. Sarebbe bello, bellissimo. Ma sono quasi certo che sarà un altro sogno con un bruttissimo risveglio. E lo scrivo nella speranza d’essere smentito.
Nicola Forcignanò