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«Ancora una volta, assistiamo a scelte che sembrano più paradossali e sterili palliativi che reali soluzioni per rilanciare la nostra claudicante sanità pubblica. In Piemonte, l’assessore Federico Riboldi segue il modello lombardo di Bertolaso degli infermieri sudamericani e si prepara a partire per l’Albania, alla ricerca di 2.500 infermieri da inserire negli ospedali della regione, in accordo con le università locali. Ma siamo davvero sicuri che sia questa la strada giusta o almeno quella prioritaria da seguire?».
A parlare è Antonio De Palma, presidente del Nursing Up, che denuncia una pericolosa reazione a catena già ampiamente prevista dal sindacato.
«L’abbiamo detto e ripetuto: senza un serio intervento sul piano contrattuale ed economico, i nostri infermieri continueranno a lasciare l’Italia. Germania e Olanda hanno alzato il tiro e sono arrivati a offrire oltre 2.500 euro netti al mese, in Norvegia invece si arriva a più di 3.500. In Svizzera si possono superare i 4mila euro netti. Qui, in casa nostra, un infermiere prende 1.500 euro e viene trattato come un tappabuchi. Quale giovane sceglierà mai ancora questa professione?».
MISSIONI ALL’ESTERO PER RECLUTARE INFERMIERI: NOVELLI MAGELLANO ALLA SCOPERTA DI TERRE INESPLORATE?
«Siamo all’assurdo. Invece di valorizzare prima di tutto il personale italiano, invece di colmare le carenze con piani di valorizzazione degni di tal nome e creare le condizioni per trattenere i nostri professionisti, si preferisce andare all’estero a reclutare personale. Dopo gli infermieri sudamericani per la Lombardia voluti da Bertolaso, e gli infermieri indiani voluti dal ministro Schillaci e già opzionati dall’Emilia-Romagna, adesso arriveranno gli infermieri albanesi per il Piemonte.
Ma che ne sarà dei nostri infermieri? Che ne sarà delle nostre eccellenze? Vogliamo davvero continuare a vederli scappare all’estero, con una media di 6mila esodi all’anno, mentre qui i concorsi pubblici restano drammaticamente deserti?».
De Palma rincara la dose: «Possibile che non ci si chieda perché i concorsi per infermieri si rivelano quasi sempre un flop? Possibile che le Regioni non si interroghino sulle cause della fuga dei professionisti e delle dimissioni volontarie a raffica dal nostro SSN?».
INFERMIERI STRANIERI, MA A QUALI CONDIZIONI?
«Sia chiaro – aggiunge il presidente del Nursing Up – nessuno è contro lo scambio culturale o contro un sistema sanitario multiculturale. L’Albania è un paese amico e da sempre culturalmente vicino al nostro. Ma vogliamo parlare delle difficoltà di un lavoro che non richiede certo di vendere contratti di luce e gas, e dell’ostacolo legato alla mancata conoscenza del nostro sistema sanitario».
«Un infermiere straniero non può essere gettato nella mischia dopo un mese di corso di italiano, soprattutto se deve prendersi cura di pazienti fragili. Con tutto il rispetto, un infermiere non è un operatore di call center».
«E, nel frattempo, chi resterà qui dovrà anche sostenere il peso dell’ affiancamento di colleghi inesperti, mentre è già stremato da turni massacranti e da un sistema in fibrillazione»,
LA FERITA DELLA SANITÀ VA CURATA, NON IRRITATA ULTERIORMENTE, OGNI GIORNO
«In Piemonte mancano ben 6.000 infermieri. Potrebbe andar bene il reclutamento di professionisti dall’Albania come supporto, con partnership strategiche con le università, se solo prima fossero state attuate, con azioni concrete, finalizzate a risolvere la carenza di infermieri italiani attraverso un solido piano di rilancio, ma non venite a raccontarci che questa rappresenta la soluzione a lungo termine del problema.
Se le condizioni di lavoro non migliorano, se gli stipendi restano miseri, nessuno resterà. Né i nostri infermieri, né probabilmente quelli che oggi arrivano dall’estero.
Reclutarli dalle università? Siamo sicuri che, seppur forti di una laurea equiparata alla nostra, i giovani albanesi possiedono le stesse competenze e capacità dei nostri, che si stanno dimettendo a raffica? Siamo sicuri che saranno in grado di comunicare con i nostri bambini, con le persone anziane?
Perché non si guarda prima di tutto ad una riforma seria della sanità pubblica e poi ci si concentra su progetti di reclutamento dall’estero, oltre tutto facendoli passare per ambiziosi ed etici progetti di sanità “multiculturale”, quando in realtà non sono altro che la disperata scorciatoia per sanare le falle di una nave che imbarca sempre più acqua? Perché non si riorganizza il sistema valorizzando prima di tutto le nostre risorse?».
De Palma chiude con un monito: «Assistiamo, in questo momento storico, a un mix esplosivo, tra infermieri gettonisti, assistenti infermieri e infermieri stranieri inseriti senza un’adeguata formazione. Non possiamo tappare un’emorragia con un cerottino: servono cure strutturali, non soluzioni improvvisate.».