8 marzo – Giornata internazionale della donna: Il 78% delle ragazze teme violenza in Amore o in famiglia

Il 78% delle ragazze teme di subire violenza in amore e in famiglia e il 56% ha paura che limitazioni maschiliste possano ostacolare la propria carriera lavorativa. È questa l’immagine delle giovani e giovanissime che restituisce l’Osservatorio indifesa realizzato da Terre des Hommes e da Scomodo che, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, ha raccolto la voce di oltre 2.900 ragazze.

Tra le under 26, il 40% delle ragazze intervistate individua nelle relazioni amorose l’ambito in cui è più probabile subire una violenza. Un altro 38% indica anche la famiglia come luogo a rischio violenza. Queste percentuali salgono con il crescere dell’età: tra le ragazze di 26 anni o più, infatti, la famiglia, che in questa fascia d’età smette di essere quella di origine per diventare quella che ci si costruisce, raggiunge il 58%, diventando il luogo percepito come maggiormente a rischio violenza. Anche l’amore, con il 46%, è segnalato da più ragazze.

La stessa domanda sottoposta ai coetanei maschi ottiene risposte diverse: tra gli under 26 solo il 25% indica l’amore e il 30% la famiglia come potenziali scenari di violenza; tra i più grandi la famiglia è al 49% e l’amore al 34%.

Un altro dato desta preoccupazione: a 1 under 26 anni su 5 non crea problemi che il partner acceda al proprio cellulare come forma di controllo. Anche se la maggior parte, il 79.5%, lo ritiene inaccettabile, rimane una piccola percentuale, l’%, che l’apprezza come fosse una forma di rispetto. Col crescere dell’età, tuttavia, aumenta la consapevolezza che tale pratica sia inaccettabile: tra le ragazze di 26 anni o più l’88% non accetta questo controllo, al 12% non crea problemi e solo lo 0,35% lo considera una forma di rispetto.

Anche in questo caso i coetanei maschi hanno un’opinione diversa: per il 30% dei minori di 26 anni e il 22% degli over 26 il controllo del cellulare non è un problema e per il 5,5% dei più giovani e il 2,5% dei più grandi è addirittura una forma di rispetto.

Non sono solo le relazioni personali e sentimentali a preoccupare le ragazze e ad essere condizionate dal genere di appartenenza: anche la carriera lavorativa che scelgono di intraprendere risente del loro essere donne. Più della metà (56%) delle ragazze intervistate ritiene che stereotipi e retaggi culturali retrogradi e maschilisti possano limitare le proprie scelte riguardati studio e carriera. Percezione che aumenta solo leggermente con l’età: tra le ragazze di 26 anni o più lo pensa il 58%. Questo rischio pesa ancora di più (al 65% tra gli under 26 e al 68% tra gli over) tra chi si dichiara non binario, ma molto meno tra i maschi (25,5% sotto i 26 anni, 28% per i 26 anni o più). Gli altri limiti percepiti dalle giovani under 26 sono: mancanza di una rete di sostegno (27%), mancanza di stabilità economica della famiglia (24,5%), mancanza di modelli a cui ispirarsi (19%), mancato appoggio della famiglia (10%), mancato supporto dei pari (7,5%). Solo il 24% delle ragazze under 26 e l’11% delle persone non binarie non vede limiti nella propria carriera professionale, a fronte del 31,5% dei coetanei maschi.

Le ragazze sono, quindi, consapevoli di quanto ci sia ancora da fare per contrastare violenza e discriminazioni di genere e credono fortemente nell’importanza dell’educazione sessuo-affettiva a scuola. Il 95% delle under 26 ritiene che possa essere utile a limitare la violenza di genere, con il 60% che ne è assolutamente convinta e il 35% che pensa la possa prevenire in parte. E ne sono convinti anche il 91,5% dei coetanei maschi e l’89% delle persone non binarie. Solo il 2,5% delle ragazze e il 4% dei ragazzi, ma il 7% di chi si considera non binario, ritiene, invece, che anche un’educazione sessuo-affettiva insegnata a scuola sarebbe inutile nel prevenire la violenza di genere.

I più giovani indicano i temi che vorrebbero fossero trattati all’interno dei percorsi scolastici di educazione sessuo-affettiva: consenso e rispetto nei rapporti (femmine 77%; maschi 64%; persone non binarie 76%), gestione delle relazioni e delle emozioni (F 62%, M 57%, NB 47%), contraccezione e prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili (F 45%, M 46%, NB 44%), parità di genere e contrasto agli stereotipi (F 44%, M 35%, NB 34,5%), orientamento sessuale e identità di genere (F 22%, M 28%, NB 54,5%), anatomia del corpo e cambiamenti durante la crescita (F 15,5%, M 19%, NB 9%), percorsi per conoscere meglio i propri desideri (F 14%, M 16%, NB 9%).

«È il momento di occuparci di educazione sessuo-affettiva. Non possiamo più aspettare lasciando i nostri ragazzi e le nostre ragazze sempre più in balia di una narrazione affidata alla sola rappresentazione, violenta e maschilista, della pornografia. È dai programmi di educazione che dobbiamo partire per scardinare la cultura patriarcale in cui viviamo e che sta facendo crescere generazioni di giovani donne che temono le sfere della vita che più dovrebbero dare sicurezza e soddisfazione: l’amore, la famiglia e la carriera lavorativa.» Afferma Paolo Ferrara, Direttore Generale Terre des Hommes Italia. «con il nostro Osservatorio indifesa da più di 10 anni ci facciamo megafono della voce di tante e tanti adolescenti, cercando di orientare le politiche delle istituzioni e della comunità educante e oggi, in occasione dell’8 marzo, vogliamo essere i portavoce di questa richiesta: introdurre l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole».

«Non è un caso che oltre il 40% delle ragazze under 26 intervistate pensano che il luogo più probabile dove subire una violenza sia all’interno della propria relazione amorosa. Viviamo nella consapevolezza che la violenza di genere si radica e si manifesta prima di tutto nelle nostre relazioni amorose, in quelle famigliari e nei rapporti che abbiamo con persone vicine a noi. Siamo costantemente esposte a una narrazione mediatica che cerca di ridurre la violenza che subiamo alle strade, ai locali notturni, ai mezzi pubblici, quando quello che realmente viviamo quotidianamente è la paura che le persone con cui condividiamo una relazione possa esercitare una qualsiasi forma di violenza su di noi», dichiara la direttrice editoriale di Scomodo Cecilia Pellizzari «La pretesa di una forma di educazione sessuo-affettiva laica nelle scuole non può passare in secondo piano. Facciamo formazione e autoformazione negli spazi intermedi da sempre. Ora serve che la scuola e le istituzioni si prendano la responsabilità di garantire questa formazione, in dialogo con le realtà femministe che si occupano di questo da decenni, in modo che tutte le persone che frequentano le scuole pubbliche siano esposte allo stesso modo a una formazione in grado di mettere dei tasselli fondamentali per il contrasto alla violenza di genere».